Purtroppo, alcuni scienziati si
comportano come predicatori e fanno sermoni alle persone…Sicuramente il
più grande errore dei ricercatori del clima è stato di dare
l’impressione che si stesse annunciando la verità definitiva. Non è
grave fare errori se poi si correggono, ma si è agito come se fossimo
infallibili. In questo modo, abbiamo perso la risorsa più importante che
abbiamo come scienziati: la fiducia del pubblico. Siamo passati
attraverso qualcosa di simile con la deforestazione.
Hans Von Storch, Istituto Meteorologico dell’Università di Amburgo, giugno 2013
Il governo dovrebbe cominciare a
considerare la possibilità che siamo agli inizi di una piccola era
glaciale dovuta al calo di attività solare…evento che avrà grandi
implicazioni per l’agricoltura, il turismo, i trasporti, la gestione del
traffico aereo e l’economia nel suo complesso.
Boris Johnson, sindaco di Londra, gennaio 2013
A
luglio si è registrata una temperatura media globale inferiore a quella
del 1996 (e 1988) – sebbene le emissioni di CO2 siano in costante
crescita
Mentre noi soffochiamo di caldo, i ghiacci
artici scoppiano di salute: il ghiaccio dell’oceano artico quest’anno
ha conservato una superficie di circa 5,2 milioni di kmq. L’anno scorso
era sceso a circa 3,5 milioni di kmq. Un aumento di quasi il 50%.
E per fortuna che nel 2007 ci avevano avvertito che l’Artico sarebbe stato libero dai ghiacci entro il 2013:
http://news.bbc.co.uk/2/hi/7139797.stm
http://news.bbc.co.uk/2/hi/7139797.stm
Adesso hanno cambiato idea e deciso che ci vorranno altri due anni perché ciò avvenga:
http://www.theguardian.com/environment/earth-insight/2013/jul/24/arctic-ice-free-methane-economy-catastrophe
http://www.theguardian.com/environment/earth-insight/2013/jul/24/arctic-ice-free-methane-economy-catastrophe
sempre meno scienza, sempre più terrorismo psicologico completamente infondato.
Guardatevi dai falsi profeti del glacialismo i quali vengono a voi in vesti da pecore, ma dentro son lupi rapaci. Voi li riconoscerete dai loro frutti (Matteo 7,15-16).
Ecco i loro frutti: “Possiamo ormai dire che l’Artico ha vissuto la sua estate più breve degli ultimi decenni. Normalmente, infatti, l’Artico conta almeno 90 giorni con temperature superiori agli 0°C. Quest’anno ce ne sono stati meno della metà. L’estensione del ghiaccio artico sta mostrando una straordinaria ripresa rispetto al grande tracollo del 2012 e confrontate con quelle degli anni precedenti, le temperature medie estive di questa stagione così particolare sono simili a quelle del 2004.
Solitamente tra 24 e 31 luglio nell’Artico scompare un’area di ghiaccio
grande quanto il Texas.
Le ultime immagini e analisi dimostrano che
quest’anno una simile perdita non c’è stata”.
Intanto, nell’Antartico
Ma lo Spirito dice espressamente che nei tempi a venire alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demonî come il glacialismo.
1 Timoteo 4: 1
Mantenete salda la fede nel serrismo o i demoni carpiranno la vostra anima dannata e neanche Al Gore potrà farci nulla!
1 Timoteo 4: 1
Mantenete salda la fede nel serrismo o i demoni carpiranno la vostra anima dannata e neanche Al Gore potrà farci nulla!
Perché verrà il tempo che non sopporteranno la sana dottrina serrista;
ma per prurito d’udire si accumuleranno dottori secondo le loro proprie
voglie e distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno alle favole glacialiste.
2 Timoteo 4: 3-4
Sentite il lancinante
fuoco del riscaldamento globale causato da voi stessi! E’ dentro di
voi! E’ il fuoco della colpa e del peccato! Pentitevi e inchinatevi al
Verbo.
La condizione standard della
Terra negli ultimi 2 milioni e mezzo di anni è stata glaciale per l’85%
del tempo. Il periodo interglaciale in cui viviamo è l’eccezione e non
la regola. Il futuro è verosimilmente un ritorno allo stato
glaciale e il magro contributo dell’uomo all’effetto serra (che è una
benedizione per la vita su questo pianeta) non cambierà nulla. In questo
campo, siamo delle pulci che si credono giganti, perché continuiamo ad
ignorare le lezioni della storia, a sottovalutare la potenza della
natura e a sopravvalutare la nostra tecnologia.
Come si può pensare di rispettare la terra e la vita se prevale questo paradigma antropocentrico?
Il rapporto “An Abrupt Climate Change
Scenario and Its Implications for United States National Security”,
curato da Peter Schwartz e Doug Randall, risultato di una serie di
interviste di scienziati, di analisi e di nuovi riscontri e pubblicato
dal Pentagono nell’ottobre del 2003, prendeva in esame l’eventualità che
il futuro ci riservasse una glaciazione di medio-grave intensità, come
quella verificatasi 8200 anni fa, che fu preceduta da un forte
riscaldamento globale e durò circa un secolo.
L’analisi partiva dalla premessa che il
riscaldamento globale avrebbe causato il rallentamento della Corrente
del Golfo, il rafforzamento della ventosità, climi più secchi laddove
ora sono più umidi e vice versa, con pesanti effetti sulla produzione
agricola, la stabilità sociale e la pace.
La dinamica sarebbe la seguente: il
ghiaccio si scioglie, inonda gli oceani settentrionali con acqua fresca.
Ciò causa un aumento più rapido della temperatura dell’acqua in estate.
La differenza di temperatura tra l’Artico e gli oceani meridionali
diventa troppo ridotta. Le correnti si bloccano e improvvisamente
abbiamo un rimbalzo glaciale.
Lo scenario prediceva il raggiungimento
del picco di scioglimento dei ghiacci estivi intorno al 2010 (è avvenuto
nel 2012), con la Corrente del Golfo che non ha più la forza di
trasportare acqua calda e salata verso l’Europa settentrionale. Poi, nel
corso di un decennio, tra il 2010 ed il 2020, le temperature sarebbero
scese di diversi gradi in Europa e leggermente meno nel Nord America e
nell’Asia settentrionale, la neve si sarebbe accumulata e la
circolazione atmosferica ne sarebbe risulta drammaticamente alterata
(cf. correnti a getto. Dopo il 2015 il freddo si sarebbe fatto sentire
anche nell’Europa meridionale e nel Messico, danneggiando l’agricoltura.
Intorno al 2020 il clima nord-europeo
rassomiglia quello siberiano. L’Europa meridionale ha subito un
cambiamento minore ma sarà comunque colpita da violenti e intermittenti
raffreddamenti e da rapidi sbalzi di temperatura. L’Europa
dovrà affrontare l’emigrazione dalle nazioni scandinave e dall’Europea
settentrionale di popoli in cerca di temperature più miti. Entro
il 2030 circa il 10% della popolazione europea si sarà trasferito in un
paese diverso da quello di residenza, per ragioni climatiche.
Gli Stati Uniti e la Cina vedranno un deterioramento della produzioni agricola.
In sintesi: a
partire dal prossimo inverno sempre più climatologi e scienziati
nordici contesteranno l’interpretazione ufficiale del cambiamento
climatico. Dal 2015-2016 in poi sarà dura vivere in Scandinavia.
La precedente piccola glaciazione – 1560 e il 1680 – provocò guerre,
rivolte popolari, inflazione, malnutrizione e carestie, calo
demografico e sensibile diminuzione della statura media (circa 2 cm), e
inferse il colpo di grazia al feudalesimo, spianando la strada al
capitalismo. Esercitò un drammatico impatto in tutto il mondo, inclusa l’Africa sub-sahariana e il Giappone.
Ora siamo molto meglio organizzati, ma siamo anche molto più numerosi e la rete della nostra interdipendenza è vulnerabile.
Una
delle più pesanti conseguenze di questi eventi sarà la diaspora
climatica. Intere popolazioni cercheranno disperatamente di spostarsi
verso sud e dovranno essere accolte.
Con il passare del tempo il Sahara si
potrebbe rinverdire. A quel punto sarà l’Africa a ricevere ondate di
immigrati. Speriamo che siano più tolleranti con i profughi climatici di
quanto lo siamo stati noi con le vittime del capitalismo finanziario
globalizzato.
Penso
che l’umanità reagirà costruttivamente alla minaccia comune. Il
cambiamento climatico e le conseguenti diaspore costringeranno la
popolazione umana a fondersi, mescolarsi, unirsi, capirsi e sostenersi a
vicenda. Ci sarà violenza e prevaricazione, ma comprensione e
solidarietà saranno prevalenti.
“Catastrofe” viene dal greco kata streiphen, la sovversione delle consuetudini. Krisis
è il culmine, la separazione, il cambiamento imminente. Ogni crisi è
anche un’opportunità, per chi è animato da buone intenzioni ed anche per
chi intende approfittare della situazione.
Sembra incredibile ma Primo Levi
considerava i suoi anni di deportazione, prigionia e ritorno da
Auschwitz come l’unico periodo in technicolor in un’esistenza non
particolarmente sgargiante. Abbiamo appreso in questi anni da studi
accademici, dai commenti sui social network e dalle interviste dei
soccorritori che, durante i cataclismi, è il meglio dell’umanità che
prevale di gran lunga sul peggio.
L’uragano Katrina è stata anche
l’occasione in cui migliaia di volontari provenienti da tutti gli Stati
Uniti hanno preso le loro barche e sono andati a soccorrere gli
abitanti di New Orleans, molti dei quali stavano morendo sui tetti delle
case e sulle sopraelevate, mentre vigilantes, mercenari e poliziotti
impedivano loro di abbandonare la città, ritenendoli troppo pericolosi
per l’ordine pubblico.
Il comportamento durante una catastrofe
dipende da come uno percepisce la realtà che lo circonda. Sarai spietato
se penserai che i sopravvissuti siano una minaccia peggiore della
catastrofe e che le loro vite valgono meno dei beni materiali. Mentre
nella vita normale l’atteggiamento dominante è quello del farsi gli
affari propri, le
catastrofi tirano fuori il peggio in una minoranza e il meglio in una
maggioranza di persone. È successo dopo lo tsunami giapponese, è
successo in occasione dei sismi neozelandesi e prima ancora a Città del
Messico ed in mille altri luoghi di ogni tempo e ad ogni latitudine.
Accade regolarmente, con l’eccezione di Haiti, che invece è stata quasi
immediatamente occupata militarmente.
Un numero sorprendente di sopravvissuti si ricorda quei momenti come i più pieni e belli della sua vita.
Perfino in mezzo ai ruderi, ai cadaveri, alla distruzione, queste
persone scoprono un aspetto della natura umana che avevano solo
intravisto a sprazzi. Mentre molti si aspetterebbero che la legge della
giungla prenda il sopravvento, questa credenza è contraddetta dalle
testimonianze che descrivono una realtà che per molti è quella di una
redenzione in mezzo alla distruzione, di gregariato e fratellanza umana,
di autonomia, auto-organizzazione, con persone che si improvvisano
vigili per regolare il traffico, che organizzano alla bell’e meglio
cucine da campo nei parchi, riparano le cose in officine d’emergenza. I
testimoni parlano di un senso di fusione interpersonale che non è
rovinato dalla dispersione dell’individualità che c’è nella folla.
Parlano di comunità umana al suo meglio, non di folle in preda a traumi e
psicosi, parlano di arricchimento, non di impoverimento emotivo.
L’inessenziale svanisce e ciò che davvero conta viene a galla.
Emerge il desiderio di
partecipare alla vita pubblica, di costruire una società civile davvero
civile, di diffondere l’inclusione, di trovare finalmente un senso alla
propria esistenza, degli obiettivi significativi, di spendersi al
servizio del prossimo senza sfruttarlo per gratificare il proprio ego o
per un tornaconto personale di qualche altro genere, ma per autentica
benevolenza, spontaneamente. Scaturisce l’amore. L’amore che
coopera consapevolmente, si pone al servizio del prossimo
volontariamente, non si sottomette mai ciecamente ad un potere
superiore. Ne “Il Paradiso Perduto” miltoniano, l’arcangelo Raffaele
spiega: “serviamo liberamente, perché amiamo liberamente”. L’amore cerca
la comprensione, anzi amore è comprensione che rende superflua
l’obbedienza e il comando.
Le catastrofi non sono ovviamente mai
benvenute, ma le loro conseguenze non devono essere unicamente
mostruose. Le persone sprigionano energie, talenti, virtù, capacità e
sentimenti che nella vita di ogni giorno rimangono in sordina o,
addirittura, vengono soppressi dal sistema, troppo impegnato a gestire
gli ingranaggi per ricordarsi che sono esseri umani, troppo mistificante
per essere trasparente, troppo gerarchico per essere equanime, troppo
congenitamente violento, aggressivo, competitivo, prevaricatore per
tollerare la pace, l’empatia e la cooperazione altruistica.
Le emergenze possono far emergere le
persone, elevarle, oppure possono sommergerle. Dipende dalla loro forma
mentis. Nella maggior parte dei casi, però, sorgono società
fondate sul baratto e sulla circolazione dei doni, dove le persone si
soccorrono a vicenda, fanno comunità, dove gli estranei diventano
compagni di sventura ma anche di viaggio, dove il potere è ridistribuito
più equamente, dove le differenze di censo, somatiche, religiose, di
genere vengono meno o sono comunque molto attenuate, dove le persone si
sentono utili, importanti, significative, ecc. Sono solo
parentesi e certamente nessuno vorrebbe vivere costantemente in uno
stato emergenziale. Eppure è un bagliore fortissimo nell’oscurità, una
supernova dell’umano, l’evidenza della possibilità di un Mondo Nuovo, di
un’umanità possibile, una rivoluzione che, pur non ottenendo gli
obiettivi che si prefigge, realizza comunque qualcosa, avvicina agli
ideali di libertà, giustizia, speranza e serenità.
Viktor Frankl, Primo Levi
e molti altri superstiti ci insegnano che, persino nelle situazioni più
estreme come Auschwitz, aveva più chance di sopravvivere chi si
prendeva cura del prossimo, mentre chi pensava solo alla sua
sopravvivenza era tra i primi a lasciarci la pelle. Non per una qualche
manifestazione di giustizia divina, ma perché i primi “facevano
comunità” e trovavano una ragione per continuare a lottare, i secondi
restavano soli, circondati dalla sfiducia, dal sospetto o
dall’indifferenza.
Lo psicologo statunitense Charles E. Fritz
(1961) ha osservato che gli abitanti delle aree metropolitane tedesche
più pesantemente bombardate erano i più solidali, vigorosi, ottimisti ed
erano sorprendentemente resistenti ai traumi. Fritz è giunto alla
conclusione, paradossale, che la vita quotidiana è disastrosa e i
disastri ci liberano da questa condizione di degrado, proiettando i
marginali ed emarginati al centro della comunità e svelando a tutti che,
quando si esce dalla sfera delle astrazioni e si arriva al dunque,
esistono dei principi universali che quasi tutti danno per scontati.
Nelle catastrofi i minuti
problemi di ogni giorno svaniscono, perché ci sono esigenze e finalità
di ordine molto superiore che prendono il sopravvento. Depressione,
stress, ansie, anomia, nichilismo, istinti autodistruttivi, patologie
psichiche, rancori, risentimenti, pregiudizi, preconcetti, egoismi,
possessività: tutto passa in secondo piano.
Perciò,
anche in caso di glaciazione, io credo che le popolazioni locali non
ostracizzeranno o attaccheranno i profughi, perché avranno capito che le
trasformazioni sono globali e che siamo tutti sulla stessa barca.
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