mercoledì 8 giugno 2016

I terroristi ad Aktobe: tentativo di far esplodere l’Eurasia dal Kazakhstan

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Domenica scorsa, uomini armati hanno attaccato un negozio di armi e una base militare nella città kazaka di Aktobe, cercando di prenderne le armi. Gli aggressori sono stati neutralizzati, e le autorità hanno imposto il livello “giallo” sul pericolo terrorista nel Paese.

Perché i terroristi hanno scelto Aktobe
 
In Aktobe, the unknown took hostages and staged a gunfight with the policeNon ci sono cause chiare, sembra. Il presidente del Paese Nursultan Nazarbaev è riuscito a creare uno Stato efficace con una relativamente forte base economica. Negli ultimi dieci anni, nonostante difficoltà e problemi, il Paese è riuscito a mantenere pace etnica e stabilità politica generale. Ma nel mondo moderno, i problemi non si presentano in quegli Stati che hanno condizioni interne reali, ma quelli che hanno la sfortuna di essere sull’intersezione di interessi geopolitici di vari attori. Ad esempio, il regime di Muammar Gheddafi in Libia era stabile ed economicamente efficace.

 Tuttavia, un giorno fatidico certi “ribelli” (successivamente riconosciuti dalla comunità mondiale come islamisti sostenuti dall’estero) assaltarono una base militare a Bengasi e la guerra civile si concluse con la distruzione completa dello Stato libico. La rivolta armata di Aktobe era una ripetizione letterale dell’inizio della guerra libica, solo che non ha avuto successo. Gli islamisti attaccarono le armerie e cercarono di arraffare l’equipaggiamento militare. Se ci fossero riusciti, non c’è dubbio che utilizzando l’arsenale catturato avrebbero armato un piccolo esercito e cercato di creare un “governo ribelle”. Il formato della guerra civile libica va bene per Aktobe. Questa è una città abbastanza grande da diventare la capitale dei ribelli. Allo stesso tempo, è lontana dai grandi centri del Kazakhstan. 

C’è distanza tra essa e il principale gruppo delle Forze Armate del Kazakistan, impegnate principalmente verso le difficoltà ai confini meridionali. Tuttavia, l’esercito kazako è molto piccolo rispetto alle enormi dimensioni del territorio. Sarebbe difficile trasferire rapidamente truppe e creare un gruppo sufficiente per la repressione della rivolta (se riusciva ad espandersi). Aktobe è in un incrocio stradale che permette ai ribelli di recarsi a Sud, Ovest, Est e Nord del Kazakhstan, ad appena un centinaio di chilometri dal confine con la Russia. 

100 chilometri a sud, mezz’ora di macchina per i tradizionali “carri” dei jihadisti (camioncini con mitragliatrici) per cui la steppa kazaka è accessibile quanto il deserto libico, dal nodo ferroviario Kandyagash. Una linea ferroviaria che attraversa Aktobe porta al confine con la Russia. In treno o autostrada da Aktobe a Orenburg vi sono 300 chilometri, attraversando la steppa per la metà del tempo. Il confine tra Kazakhstan e Russia, in quanto partner dell’Unione economica eurasiatica (UEE) è aperto. Sì, e coprire le migliaia di chilometri di confini della steppa non è un compito banale. Per questo è necessario un esercito.

Prendere di mira Russia e Cina
Il Kazakhstan non è solo uno dei pilastri dell’Unione. Il percorso più breve delle merci cinesi verso la Russia e l’Europa occidentale l’attraversa; uno dei più promettenti nuovi rami della Via della Seta che dovrebbe collegare i mercati asiatici ed europei. Il Kazakhstan è uno dei principali garanti della stabilità in Asia centrale insieme alla Russia. Inoltre, è attraverso il territorio del Kazakistan che la Russia accede alle repubbliche ex-sovietiche dell’Asia centrale, anche per la base nel Tagikistan. Gli Stati dell’Asia centrale del Sud subiscono la pressione dei jihadisti provenienti dall’Afghanistan, nel caso della destabilizzazione del Kazakistan, sarebbero intrappolati. Il loro confine perde stabilità su quasi tutta la lunghezza (fatta eccezione del confine turkmeno-iraniano) e potrebbero ricevere aiuto solo col supporto aereo. 

Così, nel caso in cui la rivolta di Aktobe avesse successo con risorse minime, a scapito delle opportunità locali, avrebbe risolto diversi compiti strategici. In primo luogo, il conflitto interno verrebbe associato all’esercito del Kazakistan, che non sarebbe più in grado di svolgere un ruolo stabilizzante nel Sud dell’Asia centrale. In secondo luogo, avrebbe messo a rischio, e nel peggiore dei casi, fatto saltare in aria le vie sino-russa e sino-europea. In terzo luogo, il confine continuo e aperto russo-kazako darebbe opportunità illimitate alla penetrazione di bande jihadiste nel territorio della Russia. A sua volta, ciò spingerebbe Mosca ad adottare misure urgenti per la protezione militare del confine. 

La Russia sarebbe costretta a indebolire la forza occidentale e concentrare un gran numero di truppe per impedire l’infiltrazione dei jihadisti sul proprio territorio. Data la mobilità dei jihadisti e l’economicità del loro sostegno (la maggior parte vive a scapito delle risorse locali) a Mosca ci sarebbe voluto molto tempo per collegare ridondanti forze militari e risorse materiali contro il piccolo ma sfuggente avversario. In quarto luogo, nel caso di un minimo successo della ribellione, la destabilizzazione avrebbe minacciato tutta l’Asia centrale. 

Un enorme buco nero si sarebbe aperto ai confini meridionali della Russia (da Orenburg all’oceano Indiano), divorandone le già scarse risorse. Qui, ogni chiusura rapida sarebbe impossibile e sarebbe un problema per decenni. Infine, i programmi d’integrazione UEE, SCO e CSTO sarebbero in pericolo. Immaginate lo sforzo congiunto di Russia e Kazakhstan nel quadro degli obblighi derivanti dalla CSTO, per sopprimere la rivolta in tempi relativamente brevi, evitando la destabilizzazione su larga scala della regione. Ma la cooperazione militare tra Mosca e Astana nel Kazakhstan settentrionale, dove vi è un’alta percentuale di popolazione russa, permetterebbe ancora una volta ai nostri “amici e partner” occidentali di parlare d’ingerenza negli affari interni degli Stati vicini e di etichettarla come tentativo di ricreare l’Unione Sovietica. Avrebbero tentato di seminare diffidenza, se non tra Mosca e Astana, tra la popolazione russa e kazaka del Kazakhstan, oltre a rafforzare l’isteria russofobica dei Paesi dell’Europa orientale.

La rivolta in Siria ha destabilizzato l’intero Medio Oriente. La rivolta in Libia ha fatto lo stesso in Nord Africa. Ribellione e colpo di Stato in Ucraina hanno creato seri problemi tra Russia e Unione europea. In questo contesto, la rivolta in Kazakhstan avrebbe integrato il quadro gettando nel caos l’intero centro dell’Eurasia e recidendo completamente i legami economici e commerciali tra Europa e Asia. In tale contesto, i piani statunitensi su zone di libero scambio transatlantico e transpacifico non avrebbero avuto alternative. 

Quindi sono sicuro che ad Aktobe abbiamo avuto a che fare con il primo, ma non ultimo, tentativo di scatenare la guerra civile in un Paese chiave dell’Asia centrale. Le strutture del potere in Kazakhstan sono abbastanza efficaci, e ciò va bene. Ma significa anche che il prossimo tentativo sarà meglio preparato. Quindi è impossibile rilassarsi.


Rostislav Ishenko, Fort Russ, 6 giugno 2016

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Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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