“Quello che non esprime niente, a volte rivela tutto.”
(Oscar Wilde)
“Pensa
a qualche momento in cui ti sei sentito rifiutato, trascurato e
umiliato. Cerca di comprendere la situazione con realismo, guardandola
con sincerità e in profondità; se, per esempio, tu non avessi fatto
l’offeso, non credi che non ci sarebbe stato nessun rifiuto e nessuna
umiliazione? Potresti renderti conto che non c’è stato un atteggiamento
di rifiuto o di disapprovazione, ma che cosa ha a che vedere
l’atteggiamento altrui con il tuo essere?
Tu
non sei quello che sei indipendentemente da ciò che dicono o pensano
gli altri. I modi fare, i comportamenti, i pensieri e i sentimenti
mutano e tu continui a essere te stesso. Similmente cambiano i pensieri,
i comportamenti e i sentimenti delle altre persone, ma queste ultime
continuano a essere ciò che sono. Allora, che cosa c’è che ti offende,
la persona o il suo modo di fare?
Il
modo di fare non può offenderti perché è mutevole e privo di una sua
esistenza. I giudizi che le persone danno di te, esprimono molte più
cose circa il loro modo di fare e la loro programmazione che non
riguardo a te. Non ha senso che tu ti offenda e, in ogni caso, ricordati
per esempio il Buddha che, pur essendo ingiuriato, rimase inalterato.
Anzi, disse che non poteva essere influenzato dalle offese e spiegò con
una domanda: “Quando qualcuno ci porta un regalo e noi non l’accettiamo,
di chi è il regalo?”
Della
persona che l’ha portato, giusto? Quindi se non vuoi andare in collera,
non accettare né l’insulto, né il regalo. Cosa suscita la mia collera?
Il fatto che tu non sia conforme alle esigenze della mia programmazione e
che non ti vada il mio modo di agire, cosa che trovo priva di logica.
Può darsi che io sia animato da buone intenzioni, ma non posso modellare
l’altro in base alla mia volontà. Se guardiamo con chiarezza ciò che
avviene, ne coglieremo l’assurdità: se qualcuno si comporta male, è
all’altro che sale la pressione. Capire bene questo meccanismo è una
liberazione. […]
Siamo
soliti reagire davanti alle immagini che ci riflettono gli altri.
vediamo nell’altro ciò che desideriamo vedere (lo idealizziamo) o
proiettiamo su di lui la nostra paura (lo rifiutiamo) e così non
riusciamo a conoscerlo nella sua realtà. Che cos’è il peccato? Maggiore è
il libero arbitrio di cui disponi, minore è la possibilità di peccare.
Il
peccato è una malattia della schiavitù; pecchi se sei schiavo della
legge; ma se sei cosciente che Cristo ti ha liberato, sei libero e la
libertà di cui parla Gesù Cristo è quella che consiste nello stare
svegli: essere responsabili dei propri atti. Prima di cambiare gli
altri, cambia te stesso. Pulisci la tua finestra per vedere meglio.
Concentra la tua attenzione sulla causa negativa che ti ha fatto
soffrire, non su colui che ti ha offeso.
La
causa è la programmazione; questa programmazione ti è stata imposta sin
dall’infanzia e tu non ne hai colpa e nemmeno l’altro. Quando
raggiungerai questo stato, vedrai che tutto quello che accade è
positivo, come l’agricoltore che ha dei pozzi d’acqua ed è tranquillo
perché non dipende dal fatto che piova o no. Vedrai tutto bene e con
tranquillità quando farai conto su te stesso rifiutando la
programmazione.
Se
non conosci l’origine della tua malattia, non la curi, ma la reprimi e
soffrirai sempre per causa sua. Se, invece, ne conosci l’origine, hai
già la cura in mano. Qualsiasi vero cambiamento si verifica senza alcun
sforzo. La persona umana ha delle favolose energie di riserva per i
momenti in cui ha bisogno di attivarle. L’importante è scoprire quanto
sta avvenendo in te e intorno a te.
(Anthony De Mello)
fonte: http://lacompagniadeglierranti.blogspot.it/2016/05/liberarsi-dalla-programmazione.html
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