lunedì 5 settembre 2016

Dissonanza cognitiva

 Leon Festinger (New York, 8 maggio 1919 - 11 febbraio 1989), psicologo e sociologo statunitense autore della teoria della dissonanza cognitiva

Due o più cognizioni che sono in contraddizione fra loro danno luogo a uno stato di disagio interno alla persona conosciuto come d.c. Ad esempio: "Non sopporto le persone disoneste" e "A volte mi comporto in maniera disonesta" sono due elementi psicologicamente incompatibili (‘dissonanti’) che creano uno stato interiore negativo.

La d.c., essendo all’origine di un cambiamento di atteggiamento per diminuirne o eliminarne l’incompatibilità, sembra includere una componente motivazionale, una condizione fisiologica di tensione o attivazione (simile a quella che si prova nello stress) e una sensazione di spiacevolezza soggettiva della situazione.

La dissonanza può coinvolgere aspetti molto o poco rilevanti. Una persona che esprime un posizione morale in forte contrasto con l’aborto proverà un disagio psicologico molto maggiore se deve fare scelte in questa area, rispetto a quello che proverà se, essendo a favore della dieta vegetariana, sceglie di mangiare a una cena tra amici un po’ di carne. A provocare il disagio può essere un solo aspetto oppure più di un aspetto. Una persona che si dichiara a favore del rispetto della natura sentirà un disagio maggiore o minore a seconda del numero di volte in cui viola questa sua scelta. Per questo si dice che la ‘grandezza’ del disagio dipende dall’importanza e dal numero degli elementi che si trovano in contraddizione.

La ricerca psicologica si è dedicata soprattutto agli effetti o alle conseguenze di questa condizione. Festinger (1957) è riconosciuto come il pioniere degli studi sull’argomento.

1. Gli effetti della d.c.

Festinger ha individuato tre modalità che le persone mettono in atto per ridurre la condizione di incongruità psicologica:
a) cambiare uno degli elementi per renderlo più coerente con l’altro: ad esempio, se una persona scopre una dissonanza tra il suo attaccamento alla vita e un uso troppo disinvolto di alcolici o di sostanze potenzialmente cancerogene, assumerà un comportamento più coerente con il suo desiderio di vivere;
b) accrescere le ragioni che rendono il comportamento accettabile nonostante qualche incoerenza: ad esempio, di fronte alle ragioni che l’eccesso di alcool o di fumo danneggia parti dell’organismo, l’interessato sottolineerà che molti che sono inclini a tali abitudini non solo non vanno incontro a disagi fisici, ma hanno anche un vita longeva;
c) ridurre il livello di dissonanza: ad esempio, il diabetico a cui piacciono molto i cibi dolci potrebbe nutrirsi di questi cibi pensando a quanto sarebbe insopportabile la sua vita se dovesse rinunciare a questo piacere: "meglio una vita breve e piacevole che una vita lunga piena di rinunce".
Festinger ha avuto anche il grande merito di aver promosso ulteriori indagini al fine di determinare le situazioni ordinarie entro le quali si sviluppano i processi che riducono la condizione di incongruità cognitiva.
– Situazione 1: soggetti forzati a compiere azioni incompatibili con i loro atteggiamenti con l’uso di ricompense (compiacenza indotta o forzata). In un esperimento, Festinger e Carlsmith (1959), dopo aver fatto eseguire ai soggetti un compito molto noioso, chiedevano loro di dire ad altri, che stavano per eseguire lo stesso compito, che esso era piacevole, interessante e divertente (d.c.). Per dare l’informazione falsa, a un gruppo veniva data una somma di denaro irrisoria, a un altro una somma consistente. I risultati furono che il primo gruppo fornì valutazioni più elevate del piacere provato a eseguire il compito, rispetto al secondo. Apparve evidente che il cambiamento di atteggiamento dei soggetti era stato inversamente proporzionale alla consistenza della ricompensa ricevuta. Ulteriori studi hanno fornito indicazioni più precise sulle condizioni entro le quali può verificarsi il cambiamento di un atteggiamento: se il comportamento contrario da effettuare è percepito come libero, se si ritiene che l’atteggiamento precedente porterà a conseguenze negative, se si pensa che il comportamento non produrrà conseguenze negative, se il soggetto percepisce che il comportamento diverso non è contrario al concetto di sé.
– Situazione 2: livello di sofferenza dei soggetti per un particolare comportamento che è contrario ai propri atteggiamenti (giustificazione dello sforzo). Quando a dei soggetti è richiesto di svolgere un compito, la grandezza del cambiamento del loro atteggiamento dipende dallo sforzo e dall’impegno che il compito richiede. Più un cambiamento costa, minore è la probabilità che si realizzi.
– Situazione 3: soggetti ai quali è impedito di compiere un’attività desiderata (giustificazione insufficiente). Prendiamo il caso in cui a dei giovani viene proibito da parte dei genitori di partecipare a un concerto di musica rock. Evidentemente i genitori non si comportano tutti nello stesso modo: alcuni minacciano seriamente i figli, altri invece si limitano a sottolineare il pericolo della situazione. I giovani si trovano quindi in uno stato di d.c., poiché manifestano un grande desiderio di partecipare ma il comportamento che potrebbe soddisfarlo è ostacolato, e, per di più, i motivi addotti non sembrano sufficienti a giustificare la scelta imposta loro. Aronson e Carlsmith (1963) hanno evidenziato che i soggetti sottoposti a una grave minaccia tendono a ridurre la valutazione di quanto essi desiderano in misura minore rispetto a coloro che ricevono solo una leggera ammonizione.
– Situazione 4: soggetti in d.c. con decisioni prese (dissonanza post-decisionale). Nel momento in cui una persona prende una decisione, quasi mai fornisce ragioni totalmente favorevoli alla scelta fatta e ragioni del tutto sfavorevoli all’alternativa rifiutata. La dissonanza cresce nella misura in cui le due alternative si presentano come importanti, ugualmente attraenti e plausibili, anche se con caratteristiche diverse, e quando la scelta comporta anche l’accettazione delle conseguenze negative che sono a essa associate. Studi nei quali è stato chiesto ai soggetti di scegliere tra oggetti ugualmente desiderabili rivelano la tendenza a un atteggiamento più favorevole verso la decisione presa, meno favorevole verso l’altra possibilità (ad esempio, la scelta tra due modelli di macchine da acquistare, o tra due luoghi in cui stabilire la propria abitazione).
– Situazione 5: soggetti che subiscono una disconferma di qualche credenza per loro molto importante e significativa (dissonanza derivata dalla disconferma di una credenza importante). Le persone o i gruppi tendono a razionalizzare o a rafforzare le loro credenze quando ricevono di esse disconferme. Questo però si verifica solo a certe condizioni, e cioè se: a) la credenza è molto forte, b) su di essa vi è stata un’esposizione pubblica, c) la credenza può avere o ha la disconferma di un fatto inequivocabile e d) non vi è un sostegno sociale a favore del suo cambiamento.

2. Condizioni dell’efficacia della d.c.

Molte ricerche (Atteggiamento;Persuasione) hanno utilizzato la teoria della d.c. per lo studio dei cambiamenti di opinione o di atteggiamento. L’ipotesi da verificare è che, cambiando le informazioni o le componenti cognitive, si pongono le condizioni per il cambiamento delle opinioni o che, inducendo un disagio interno nell’equilibrio di valutazioni, la situazione di incongruità si risolverà in una modificazione dell’atteggiamento. Le ricerche sulla dissonanza hanno dimostrato che il risultato non è tuttavia sempre certo. Una dissonanza sul ‘fumare’ può risolversi in modo diverso: "Non fumo perché il fumare provoca il cancro", "Continuo a fumare perché una correlazione tra fumo e cancro non dimostra che il cancro è provocato dal fumo", "Fumo la pipa, perché fumare la pipa è meno pericoloso".

Lo stato di d.c. sembra diventare efficace nel cambiamento di un atteggiamento a queste condizioni:
a) se la persona è indotta a eseguire un atto che non è contrario al proprio atteggiamento personale; 
b) se un’azione indotta da una ricompensa o punizione è percepita come insufficiente a giustificare il cambiamento, e quindi il cambiamento stesso è percepito come una libera scelta; 
c) se si dimostra il riconoscimento sociale che sarà ottenuto dal cambiamento di atteggiamento; 
d) se si inducono informazioni incongruenti con le credenze e comportamenti che contrastano gli atteggiamenti preesistenti, si accresce di molto il disagio prodotto dalla d.c.; 
e) se la dissonanza che intende promuovere un cambiamento dell’atteggiamento si dirige sia alla componente cognitiva (informazioni) che a quelle affettiva (emozione) e comportamentale (azione); 
f) se il cambiamento indotto si produce attraverso progressive approssimazioni.

3. Teorie interpretative in competizione con la d.c.

Bem (1967) ha sottolineato che la teoria della d.c. non è una vera teoria. Il comportamento che essa descrive (il suo punto di vista è comportamentista) è definibile da variabili contestuali come ricompensa, costrizione/libera scelta (Comportamentismo). Cooper e Fazio (1984) hanno proposto che nella d.c. si dovrebbero distinguere due elementi: attivazione della dissonanza e motivazione della dissonanza. La prima è uno stato di attivazione generale e indifferenziato, che, se vissuto positivamente, non induce i processi di cambiamento. La seconda, invece, corrisponde alla prima vissuta in termini negativi, con la libera scelta di impegnarsi in un’azione contraria all’atteggiamento. Solo in questo caso la d.c. sarebbe anche una motivazione al cambiamento.

4. D.c. e fruizione dei media

A partire dalle osservazioni e dei dati che precedono, diventa interessante osservare il comportamento del ‘ricevente’ nei confronti dei media. Piuttosto che soggetto passivo appare soggetto particolarmente attivo; non target ma ‘ricercatore’ di messaggi. Egli cerca di evitare quanto induce d.c. e sceglie quanto lo aiuta a ridurre i costi di una dissonanza già esistente. Ad esempio chi ha una fede religiosa sofferta cercherà programmi che lo sostengono nella sua ricerca; chi invece il problema religioso non se lo pone, eviterà con cura gli stessi programmi. Sono riflessioni analoghe a quelle proposte da E. Katz e P. Lazarsfeld (Personal Influence 1955) quando parlano della capacità selettiva del soggetto (a livello di esposizione, di comprensione, di memorizzazione).

La scoperta che il media-utente è un ‘cercatore di informazioni’ a partire da un suo bisogno di equilibrio e di integrità personale non è tranquillizzante, come se questo lo salvasse dall’alluvione di messaggi inappropriati. Pone con maggior forza il problema della qualità della proposta dei media.

La capacità di scegliere è un valore se il contesto mette nelle condizioni di esercitare questa scelta. In altri termini: è inutile lamentarsi delle scelte dell’audience, bisogna far arrivare sul mercato prodotti migliori.


Autori: Franco Lever, Pasquale Finizio

fonte: http://www.lacomunicazione.it/voce/dissonanza-cognitiva/ 

Come citare questa voce

Lever Franco , Finizio Pasquale , Dissonanza cognitiva, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (05/09/2016).

CC-BY-NC-SA Il testo è disponibile secondo la licenza CC-BY-NC-SA
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Dissonanza cognitiva: mentire a noi stessi
   dissonanza cognitiva 

Dissonanza cognitiva: l’esperimento che svela come funzionano le nostre motivazioni interiori.

L’esperimento di psicologia sociale di Festinger e Carlsmith (1959) che ci dimostra l’incredibile potere della dissonanza cognitiva. Questo esperimento di psicologia  ci spiega perché raccontiamo a noi stessi delle storie, perché pensiamo e ci comportiamo in un determinato modo. Questo esperimento psicologico è zeppo di inganni, quindi il modo migliore per capirlo è immaginare di parteciparvi.

Siediti, rilassati e immagina di tornare indietro nel tempo. Corre l’anno 1959, tu sei uno studente universitario presso la Stanford University, i capelli ben pettinati, con una riga da una parte, indossi un completo grigio, sul taschino sinistro della giacca è stampato a caratteri rossi, lo stemma dell’università …


Oggi salterai le prime due ore di lezione, perché hai accettato di prendere parte a un esperimento che misura le perfomance cerebrali.

Ignori che l’esperimento che stai per affrontare, diventerà un classico della psicologia sociale. Ignori anche che gli sperimentatori fanno tutti parte di un inganno attentamente controllato. Entri in laboratorio con la tua innocenza ancora intonsa….

Che l’esperimento sulla dissonanza cognitiva abbia inizio…

Una volta entrato in laboratorio ti dicono che l’esperimento serve a conoscere come le tue aspettative influenzano l’esperienza reale di un compito. Vieni assegnato ad un gruppo. Per infondere una sottile aspettativa , i partecipanti dell’altro gruppo vengono “informalmente” informati del compito da fare, da uno studente che ha già eseguito l’esercizio. Tu, però, fai parte del gruppo a cui non è data nessuna aspettativa.

Ti chiedi perché ti ho detto tutto questo, ma comunque  fa sembrare l’esperimento un po ‘più eccitante, e ora sai alcuni meccanismi alla base dell’esperimento.

Inizia il tuo primo compito: sei seduto e ti viene chiesto di spostare cilindri per mezz’ora dentro una scatola! Ben presto ti rendi conto di quanto sia noioso questo esercizio. Per la prossima mezz’ora sposti dei pioli attorno a una tavola. Onestamente, guardare una parete vuota sarebbe stato di sicuro più divertente!

Al termine del compito, lo sperimentatore ti ringrazia per aver preso parte all’esperimento. Prima di farti uscire dalla stanza,  ti dice che molte altre persone hanno trovato il compito piuttosto interessante. Ecco il primo stato di confusione e pensi: “ma che dice? questo esercizio è stato un rompimento di palle colossale!”.

La cantonata


Lo sperimentatore non ha ancora finito, sembra un po ‘imbarazzato e inizia a spiegarti esitante che c’è stato un problema. Ti dice che ha bisogno del tuo aiuto. Il partecipante che arriverà dopo di te fa parte dell’altro gruppo, ti ricordi? quello a cui son state date delle aspettative sull’esecuzione dell’esercizio. Ecco, le aspettative sono che il compito in realtà, è davvero interessante. La persona che solitamente imposta l’aspettativa non si è presentata.

Quindi, lo sperimentatore ti chiede: “non ti dispiace darmi una mano e prendere tu il posto di quello che non si è presentato? Ti offro un dollaro, inoltre è possibile che ti richiami per una collaborazione futura!”
E’ il 1959 e tu sei uno studente, un dollaro per pochi minuti di lavoro fanno comodo! E poi, metti che ti richiamano per qualche altro lavoretto!?
Accetti di partecipare! Grandioso, ciò che era iniziato come un semplice adempimento, si è trasformato in una piccole fonte di guadagno.
Ora, ti trovi di fronte il prossimo partecipante che è in procinto di fare l’esercizio che hai appena svolto. Come da istruzioni gli dici che il compito che sta per fare è davvero interessante. Lui sorride, ti ringrazia e va verso il laboratorio.
Ti senti una fitta di rimpianto per aver mentito e avergli dato false speranze. Poi lo sperimentatore torna da te, e ti ringrazia ancora una volta, ribadendoti che molte persone hanno trovato il compito interessante e che spera che anche a te sia piaciuto.
L’esperimento non è finito. Ti fanno accomodare in un’altra stanza e ti intervistano sull’esercizio appena svolto: “l’esercizio che ha eseguito è stato interessante?”
Un minuto per pensarci….e rispondi:
ora sembra che il compito che prima pensavi fosse un rompimento di palle colossale non lo sia più così tanto! Inizi a vedere l’esercizio dei cilindri e dei pioli come un esercizio di una certa bellezza simmetrica e che dopo tutto, in nome della scienza, il compito abbia avuto una finalità interessante.
Non classifichi il compito come molto divertente, ma forse non era poi così male. Insomma, inizi a valutarlo moderatamente interessante.
Dopo l’intervista  ritrovi il tipo a cui avevi dato false speranze, che ha appena finito l’esercizio. Scopri che nonostante abbia fatto gli stessi identici esercizi tuoi, anche a lui hanno offerto dei soldi per mentire al prossimo, ma non 1 dollaro bensì 20! Uhm a sto giro scopri che c’è qualcosa che non ti torna.
Gli chiedi come è stato il compito dei cilindri e dei pioli:
“Oh,” risponde lui. “E ‘stato tremendamente noioso, ho dato il punteggio più basso possibile. ”
“Ma no”, insisti. «Non è stato poi così male. In realtà se ci pensi è stato piuttosto interessante.”
Lui ti guarda incredulo aggrottando la fronte.
Ma che cavolo sta succedendo?

Dissonanza cognitiva


Quello che hai appena sperimentato è il potere della dissonanza cognitiva. Gli psicologi sociali che studiano la dissonanza cognitiva sono interessati al modo in cui abbiamo a che fare con due pensieri che si contraddicono l’uno con l’altro. Ancora di più è interessante  il modo in cui affrontiamo questa contraddizione e come la dissonanza cognitiva porti a errori sistematici.

In questo caso: pensavi che il compito fosse noiosissimo, poi sei stato pagato per dire a qualcun altro che il compito era interessante. Tu però, non sei il tipo di persona che va in giro a mentire alla gente con disinvoltura. Quindi come  risolviamo la visualizzazione di noi stessi come persone oneste e allo stesso modo, come un mentitore nei confronti del prossimo? Percepire dei soldi fa sentire la tua coscienza più leggera ma non del tutto, in fondo era solo un dollaro.

Cosicché la tua mente risolve la dissonanza cognitiva facendoti ritenere che in realtà il lavoro noioso svolto, dopo tutto sia interessante. Inoltre sei arrivato a questa conclusione perché lo stesso sperimentatore ti ha suggerito che anche per altri l’esercizio è stato interessante.

Il tipo a cui avevi mentito invece, non ha avuto bisogno di queste macchinazioni mentali. Ha semplicemente pensato a se stesso: “Sono stato pagato 20 dollari per mentire, che è una fortuna per uno studente come me, quindi le mie menzogne sono più che giustificate. Il compito era noioso prima, mentre lo svolgevo, e continua ad esserlo ora!”

Una bella teoria alla base della dissonanza cognitiva


Questo esperimento come altri numerosi studi psicologici sulla dissonanza cognitiva effettuati, spiegano in maniera consolidata questa teoria. Quindi molti dei nostri comportamenti nella vita quotidiana possono essere spiegati così:
  • La gente sa interpretare le stesse informazioni in modi radicalmente diversi per sostenere le proprie visioni del mondo. Quando dobbiamo decidere la nostra visione su di un punto controverso entra in gioco la dissonanza cognitiva, dimentichiamo come stanno le cose realmente e le sostituiamo con delle nostre teorie e i ricordi che più si adattano ad esse.
  • Le persone regolano rapidamente i loro valori per adattare il loro comportamento, anche quando è palesemente immorale. Per esempio coloro che timbrano il cartellino negli enti pubblici e poi vanno a fare shopping invece di lavorare, sosterranno che “lo fanno tutti”! Dai una sbirciata anche all’articolo Conformismo: così fan tutti (come pecore).
L’elenco delle situazioni in cui le persone cercano di risolvere la dissonanza cognitiva attraverso diverse razionalizzazioni, risulta essere infinito. Se sei onesto con te stesso, sono sicuro che ricorderai molti momenti in cui anche tu sei rimasto vittima della dissonanza cognitiva. E son sicuro che tu sia una persona onesta.

Essere consapevoli di dove può portarci la dissonanza cognitiva, ci aiuta a evitare alcune conseguenze disastrose. Credere alle nostre bugie in alcuni casi può essere molto pericoloso!

Ti lascio con la scena finale di Trainspotting, il protagonista Mark Renton, in un certo senso spiega a suo modo la dissonanza cognitiva:


fonte: http://www.psicosocial.it/dissonanza-cognitiva/

Credit image: Brian Talbot

 
 

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