Il governo macedone ha proclamato due giorni di lutto nazionale per gli agenti uccisi mentre il presidente Gjorge Ivanov ha convocato un consiglio di sicurezza nazionale e invitato i capi dell'opposizione e il principale partito di etnia albanese a unirsi alle autorità contro la sfida terrorista. Al termine del consiglio, Ivanov ha dichiarato che "le forze di sicurezza macedoni hanno sventato una serie di attacchi terroristici coordinati in diverse località del paese che miravano a causare destabilizzazione, caos e paura". Per il primo ministro Nikola Gruevski si tratta di uno dei "gruppi terroristi più pericolosi nei Balcani".
Gli incidenti sembrebbero inserirsi in un contesto più ampio di tensioni politiche che stanno interessando la Macedonia ormai da giorni. Da martedì scorso nel paese, e soprattutto a Skopje, sono in corso manifestazioni contro il governo guidato da Nikola Gruevski, leader del partito nazionalista VMRO, al centro di fortissime polemiche e accusato dall'opposizione di corruzione.
Inoltre, tre settimane fa si è svolta un'incursione di un gruppo armato di albanesi arrivati dal Kosovo, che hanno preso rapidamente il controllo di un commissariato alla frontiera nord macedone, nella località di Go?ince, reclamando la creazione di uno stato albanese sul territorio della Macedonia. L'attacco, secondo quanto riporta East Journal online, era stato attribuito dalle autorità a "paramilitari kosovari appartenenti all'Uçk", formazione militare albanese-macedone imparentata con il più noto Uçk kosovaro.
In un documento diffuso dai media, nella capitale macedone, gruppi estremisti dell'indipendentismo albanese, fra le quali l'Uck (Esercito di liberazione del Kosovo), che combatté contro le forze serbe alla fine degli anni Novanta, affermano che ha preso il via il processo di instaurazione della "Repubblica di Iliria". Quello di Kumanovo, dove il 9 giugno 1999 veniva siglato l'accordo che concludeva la guerra del Kosovo, sarebbe solo l'inizio, e una vera propria "guerra" alla Macedonia comincerà il 12 maggio prossimo. "Se le autorità macedoni non accetteranno la nuova Repubblica, il paese sarà distrutto insieme al resto dei Balcani", si legge nel documento.
L'Unione europea ha già espresso la propria preoccupazione per una crescente instabilità politica nella ex repubblica di Yugoslavia, abitata da circa due milioni di persone, di cui il 25% è di etnia albanese.
Che succede in Macedonia?
di Giulietto ChiesaGli incidenti di Kumanovo (cinque morti tra le guardie di frontiera macedoni) e quelli, precedenti, dell'attacco alla stazione di polizia di Goshince, dodici giorni fa, indicano una seria svolta nella inquieta situazione politica macedone.
Il confine della tensione è quello con il Kosovo. E non sembra esserci dubbio che l'offensiva è condotta dalle forze kosovare dell'UCK. Il che - tenuto conto che il Kosovo è, di fatto, una colonia americana - indica che i servizi segreti statunitensi sono implicati.
Ma l'offensiva è anche interna. Il partito di opposizione SDSM, guidato da Zoran Zaev, ha organizzato quasi simultaneamente una protesta di piazza, che ha condotto a scontri violenti a Skopje. Mentre è già annunciata una grande manifestazione nella capitale, il prossimo 17 maggio che, con ogni evidenza, appare il preludio di una nuova "rivoluzione colorata" in Macedonia. Perché là e perché ora?
Per cercare di capire è utile tenere conto che sia il presidente macedone, Gjorge Ivanov, che il primo ministro Nikola Gruevski, erano il 9 maggio sulla Piazza Rossa. Gesto più che simbolico di differenziazione rispetto alla posizione europea e occidentale. La Macedonia non è entrata nella Nato, nonostante molteplici e micidiali pressioni esercitate nei confronti del precedente presidente macedone Kiro Gligorov.
L'ambasciata americana a Skopje è piuttosto simile, per dimensioni, a un gigantesco ministero. E, infatti, è da quell'avamposto - collocato proprio sulla linea di faglia che divide l'ovest dall'est - che viene diretta tutta la politica statunitense dell'area balcanica. Non senza l'aiuto attivo e potente della "Open Society" di George Soros che, dal lontano 1993, mise gli occhi sulla Macedonia, reclutando con successo non pochi quadri della ex Gioventù Comunista macedone per farne i suoi propagandisti.
Naturalmente si cominciò con le televisioni e i giornali, che vennero comprati velocemente. L'uomo di punta dell'operazione conquista della Macedonia fu, ed è tuttora, il regista cinematografico Vladimir Milcin (anche lui brillante ex comunista), che è dietro la nascita di diversi complessi musicali e artistici - lautamente sovvenzionati da Soros, appunto - come l'"Archi Brigade", "Singing Skopjans", and "Square Freedom". Tutti sintomi di preparazione della rivoluzione colorata, direttamente rivolti verso la gioventù occidentalizzante, da tempo preparata dai media occupati in precedenza. Nel frattempo la stazione Radio/Tv B92 invita alla rivolta contro il governo "filo russo" di Nikola Gruevski.
Ma Soros e Milcin hanno lavorato anche sulla minoranza musulmana (albanese), circa il 25% dei due milioni circa di macedoni. Per loro sono state create "organizzazioni non governative" come "Razbudi se" (Svegliati) e "Civil"; portali web, stazioni radio e televisive.
Così ben si comprende la "dualità" dell'offensiva in atto: una interna, l'altra etnica. Manifestazioni del tipo "rivoluzione colorata" e, simultaneamente, attacchi alla frontiera. Del resto il tutto è a carte scoperte. Il presidente albanese Edi Rama ha recentemente dichiarato che, se la Macedonia non intende diventare membro della Nato, allora non resta che costruire una nuova entità statale pan-albanese, cioè musulmana, pronta a divenire membro dell'Alleanza Atlantica.
Del resto i macedoni, slavi e ortodossi, hanno rifiutato fino ad ora l'avvertimento non amichevole che, nel 1998 l'ambasciatore americano del tempo, Christopher Hill, inviò loro alla vigilia delle elezioni di quell'anno: "Il Popolo macedone - disse pubblicamente - è messo alla prova e ora potremo vedere se è divenuto sufficientemente maturo, o se dovrà tornare indietro all'asilo nido". A quanto pare è quello che Washington, Tirana e Bruxelles vogliono fargli fare. Tanto più che la Macedonia potrebbe diventare ora il transito del segmento di gasdotto cosiddetto "Turkish Stream" (quello che si appresta a sostituire il defunto Southstream). Con la successione di passaggi di frontiera Turchia-Grecia-Macedonia-Serbia.
Washington mostra che non intende permetterlo.
(11 maggio 2015)
INFOGRAFICA © AP PHOTO/ VANGEL TANUROVSKI
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fonte: http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=119460&typeb=0
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