L’Unione Europea è un progetto
reazionario e al tempo stesso progressista che si fonda su un pensiero
prettamente anti-nazionale. Una strategia perversa che mira ad
un’amministrazione di tipo feudale del continente che porterà
inevitabilmente al dominio di Bruxelles a discapito delle patrie europee
sorte alla fine del diciannovesimo secolo, trasformate con il tempo in
regioni vassallesche di un potere centralizzato e verticale, che non
lascia vie d’uscita.
Distruggere il “sentimento nazionale” prima di smantellare gli Stati Nazione
Il progetto regionalista disegnato dagli
eurocrati ha come primo scopo quello di smantellare gli Stati-nazione
partendo dallo sfaldamento della cultura locale di un qualunque popolo
europeo o del cosiddetto “sentimento nazionale”.?Non è un proposito
infondato, ma una realtà: Bruxelles veicola questa volontà attraverso
una simbolica eurocentrica: l’Euro, la bandiera Ue, il programma
universitario “Erasmus”, l’inno europeo (“Inno alla gioia” di
Beethoven), il passaporto (europeo), il parlamento e le elezioni
europee, sono solo alcuni degli strumenti che rendono la paneuropa una
struttura concreta.
Abolizione dello “Stato” nello schema “Ue-Stato-regione”: l’esempio dei Fondi strutturali
Ed è dopo lo sfaldamento del sentimento
nazionale, che si professa il neo-feudalesimo del terzo millennio. Le
regioni all’interno di uno Stato-nazione sono sempre esistite, pertanto
quando uno Stato è sovrano della sua politica in tutte le sue
competenze, queste ultime sono sempre state dipendenti dall’autorità
statale. Con la creazione di un potere europeo centralizzato a Bruxelles
(Bce, Parlamento Europeo, Commissione, Consiglio dell’Ue, ecc.), la
sovranità di uno Stato è stata radicalmente limitata per non dire
usurpata. Per via di questa centralizzazione dei poteri trans-nazionale,
le regioni delle nazioni europee non collaborando più con le
istituzioni nazionali, dialogano direttamente con Bruxelles.? La prova
esiste: i Fondi Strutturali ad esempio (fondi per le regioni dei Paesi
membri), garantiti dall’Ue non passano più nelle mani dei governi
nazionali per poi esser ridistribuiti, ma si protraggano direttamente
verso le regioni che li gestiscono a loro uso e consumo.
Gli Stati artificiali: l’esempio del Kosovo
Un altro fatto storico rilevante e che
delinea questa volontà di promuovere il regionalismo è la questione che
riguarda il Kosovo: la creazione di questo “Stato fantoccio”, sorto dal
nulla, per interessi terzi, composto da una popolazione interamente
musulmana (rappresenta il primo Paese islamico d’Europa) potrebbe essere
il primo di una lunga serie di Stati, o staterelli artificiali. Se l’Ue
ha detto sì all’illegittimo Kosovo (molti Paesi della comunità
internazionale non lo riconoscono), altri gruppi etnici già presenti in
Europa o in arrivo, potranno di fatto proclamare l’indipendenza.
Le strutture europee al servizio del neo-feudalesimo
E’ ora di capire quanto e come il
regionalismo è in azione all’interno del nostro continente. Esistono
Istituzioni riconosciute dall’Ue, misconosciute per la maggior parte
delle persone, che hanno come obiettivo (inconsciamente o consciamente)
quello di mutare le frontiere attraverso una cooperazione
transfrontaliera:
- Alpen Adria: quest’organizzazione lavora nella zona alpina europea. Tra i suoi obiettivi essa dichiara: “Facendo
valere i principi dell’eguaglianza e del partenariato tra i membri,
(Alpen Adria) tende a promuovere un’integrazione che smantelli i muri
reali o virtuali esistenti tra i membri”.
- AER (Assembly European Region):
questa commissione animata da grandi autonomisti, promuove il
regionalismo all’ennesima potenza. Nella dichiarazione dell’AER sul
regionalismo, uno dei punti fondamentali è questo: “Gli Stati
europei devono impegnarsi a sviluppare quanto più possibile il
trasferimento delle competenze a favore delle Regioni così come quello
dei mezzi finanziari destinati ad assumerle, introducendo le modifiche
necessarie all’interno della legislazione internazionale”. Il sito internet è ancora più ricco d’informazioni…
- CCRE (Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa):
quest’altro istituto ha come scopo finale quello di rinforzare
l’autonomia delle regioni europee, attraverso il principio della “tabula
rasa” degli Stati-nazione. La carta europea dell’autonomia locale,
conforme al trattato di Lisbona sprona questo progetto.
L’ascesa dei partiti autonomisti
E non è un caso che queste euro-regioni
siano sempre più rappresentate al livello politico da partiti
autonomisti e pro-europeisti. La deframmentazione dell’Europa è vicina e
l’ascesa dei partiti autonomisti ne è la prova.?Questo processo
secessionistico è iniziato con la disintegrazione della Yugoslavia nel
1991…infatti prossimamente, in maniera violenta o non violenta, la
situazione sarà più o meno identica:
- La Germania:
è lo Stato precursore per eccellenza dell’euro-regionalismo.
Nell’articolo 31 della Costituzione tedesca si legge: “il diritto
federale prevale sul diritto del Land”. Di fatto i Land tedeschi hanno
già da diversi anni margine di manovra esecutiva e legislativa. Sono già
delle euro-regioni.
- Il Belgio: il
conflitto intestino che dura dal 1831 e che vede Fiamminghi e Valloni
si potrebbe concludere con la secessione dell’una o dell’altra forza in
gioco.
- La Spagna:
è il territorio con più rivendicazioni autonomiste nonostante l’unità
garantita dal Re. La Costituzione post-franchista sancisce l’autonomia
delle comunità spagnole, ogni regione spagnola ha un governo o un potere
esecutivo oltre che a un parlamento. Inoltre le varie pressioni
autonomiste come quelle dei Baschi o dei Catalani fanno sì che il potere
di Madrid sia sempre meno legittimo ad essere motore amministrativo e
giuridico del Paese.
- La Francia:
nonostante sia lo Stato con il potere più centralizzato d’Europa,
anch’essa è costretta a scendere compromessi con alcuni territori che si
vogliono indipendenti. Il partito Corso autonomista vuole la secessione
(da poco ha “ripreso le armi”) mentre l’Alsazia è già uscita dal
circuito governativo francese, tanto che dialoga direttamente con
Bruxelles.
- L’Italia: possiede
già delle regioni ad autonomia speciale (Friuli Venezia Giulia,
Sardegna, Sicilia, Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta), mentre le
regioni ordinarie sono relativamente autonome poiché il Paese non è
centralista ma converge più su un sistema federalista.
fonte: L’Intellettuale Dissidente
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