Siamo
sull’orlo di una crisi di nervi? Pare proprio di si: il neo presidente
del Consiglio Europeo Donald Tusk evoca la “grande guerra con la
Russia”, invitando implicitamente l’Europa a prepararsi a menare le
mani, David Cameron gli va dietro, Hollande assume pose da dittatore
romano davanti al Rubicone, il premio Nobel per la Pace Obama va a
corrente alternata: un giorno minaccia apocalissi ed il giorno dopo si
ritira. E sui giornali si leggono cose impensabili sino a qualche
settimana fa. Ezio Mauro legge le crisi contemporanee di Ucraina ed Iraq come un attacco congiunto all’Occidente
ed ai suoi valori di libertà, di stato di diritto, al suo stile di
vita, anzi, (diciamolo!) alla sua civiltà. Anni cinquanta: il Mondo
Libero contro l’Urss. Bello l’accenno al carattere ontologicamente
imperialista della Russia che “ha preceduto, accompagnato ed è
sopravvissuto al comunismo”: sembra di leggere il “lungo telegramma” di
George Kennan.
Nessun dubbio sulle guerre del Golfo e
sui 400.000 morti costati agli iraqueni, o sulla gestione demenziale
dell’occupazione dell’Iraq, sulle bestialità fatte dall’intelligence
americana, sugli effetti politici di quello che fa Israele ai
palestinesi: tutti spiacevoli equivoci. E nessun dubbio neppure sul
fatto che anche i russi possano avere le loro ragioni. Putin è un
dittatore? Si, ma perché a Kiev sono allievi di John Locke e
Tocqueville? Oppure a Wall street c’è il club Voltaire? La strage di
Odessa? Perché c’è stata una strage ad Odessa? “Quando? Nel 1942?
L’apoteosi arriva con Giuliano Ferrara che invoca la “guerra di religione”
con l’Islam: “L’unica risposta è in una violenza incomparabilmente
superiore”. Sic! Il che suona semplicemente come un invito ad usare armi
nucleari (beninteso: tattiche, piccole, mica roba pesante!). Poi è
travolta ogni distinzione fra jhiadismo, fondamentalismo ed islam in
quanto tale: tutto un mucchio.
Che sta succedendo? E’ l’effetto delle
macchie solari? Oltre che quello di ebola c’è in giro il virus della
demenza? Niente di tutto questo: per la prima volta si sta manifestando
una crisi di panico delle classi dirigenti occidentali, di fronte
all’evoluzione imprevista della globalizzazione, che si era immaginata
come la marcia trionfale dei valori dell’Occidente nel Mondo e si sta
trasformando in un incubo. “Perché ci sparano addosso quei popoli che
dovrebbero ringraziarci, visto che gli portiamo la libertà, il
benessere, la democrazia, la cultura? E’ chiaro: è colpa dei Putin,
degli Osama, dei despoti che hanno paura della nostra libertà ed aizzano
i loro popoli per mantenersi al potere”.
L’Occidente (cioè gli Usa con il solito
codazzo di lacchè europei, australiani e giapponesi) ama consolarsi
della sua sconfitta politica raccontandosi la favoletta della congiura
dei tiranni contro di sé. Si sente assediato da una Cina che cresce (e
si arma) troppo in fretta, da una Russia che è l’orso imperialista di
sempre, all’Islam che è la solita armata di pidocchiosi sanguinari, dai
sudamericani che sono ingrati, incapaci e non vogliono pagare i loro
debiti ed anche da quei sornioni degli Indiani che non si sa mai da che
parte stiano.
Il Mondo odia l’Occidente: e non vi dà
nessun sospetto? Il fatto è che l’Occidente ha innescato la sua
decadenza con le delocalizzazioni, per non pagare tre centesimi in più i
suoi operai, con la totale deregolamentazione finanziaria, che ha
sottratto i capitali al fisco producendo la voragine dei debiti
pubblici, con il ritorno di spaventose diseguaglianze sociali interne,
che compromettono la stessa efficienza del sistema, con una selezione
demenziale delle classi dirigenti, sempre meno capaci di gestire
l’enorme potere affidatogli, con la corruzione, che fa crollare la
legittimazione del sistema. Ora raccoglie i risultati di questa semina
disastrosa, si accorge che la sua egemonia traballa sempre più e, invece
di avviare un serio esame dei propri errori, mette mano alla fondina
della pistola.
Questo non vuol dire che gli altri non
abbiano i loro torti, che l’Isis faccia bene a decapitare i suoi
prigionieri e Putin a cercare di risolvere la crisi Ucraina a schiaffoni
o i cinesi a tenere forzatamente basso lo yuan renminbi; ma le
responsabilità preminenti sono certamente degli Usa e dei loro
scagnozzi, che rifiutano ostinatamente di prendere in considerazione
l’ipotesi di un diverso ordine mondiale. Non sono tanto utopista da
pensare ad un ordine mondiale idillico e senza egemonie, né tanto
ingenuo da pensare ad un potere che si spoglia da sé. Ma il momento
storico che stiamo attraversando richiederebbe maggiore saggezza:
l’egemonia costa, ha dei costi. L’“Occidente” se li può ancora
permettere?
La situazione mondiale dei debiti
sovrani è tale che i debiti degli stati occidentali (Usa in testa, poi
Giappone, Italia, Inghilterra, Francia, ed anche la virtuosissima
Germania) hanno superato la soglia del 90% del Pil e, pertanto non sono
più restituibili, tanto più a ritmi di crescita che, quando va di lusso,
arrancano fra il 2 ed il 3% ed in diversi casi hanno il segno meno
davanti. Dunque, diciamocelo una buona volta, i nostri stati sono quasi
tutti tecnicamente falliti, perché il momento in cui non si riuscirà a
pagare gli interessi non è lontano, se è vero, come è vero, che gli
interessi sul debito ormai eguagliano ed in diversi casi superano
l’incremento del Pil.
In una situazione del genere, non
sarebbe il caso di discutere una ristrutturazione mondiale del debito,
compensandone una parte con i reciproci crediti ed un’altra con lo
scambio fra moratoria e quote di potere mondiale? Può l’Occidente, nelle
condizioni attuali, pretendere il monopolio delle posizioni apicali nel
Fmi, nella Bm, nel Wto?
Un ordine mondiale, sia monetario che
politico, fondato sull’egemonia di un gruppo di 7-8 grandi potenze (Usa,
Giappone, Cina, Brasile, India, Russia, Sud Africa e, se riesce ad
esistere, Ue), sarebbe sicuramente più equilibrato e, attraverso un
efficiente sistema di regolazione dei conflitti internazionali,
consentirebbe una riduzione bilanciata della spesa militare. Sarebbe il
declino dell’egemonia occidentale, ma non per il passaggio ad un’altra
egemonia monopolare, bensì ad una egemonia bilanciata e condivisa.
Tutto questo non è ritenuto degno di
considerazione da parte delle nostre classi dirigenti che, piuttosto che
cedere il loro vacillante monopolio di potere, pensano di passare alle
armi. Non è il “mondo dei tiranni” ad avere paura delle libertà
occidentali. E’ l’Occidente ad avere paura della propria decadenza, che
legge nello specchio della crisi.
Aldo Giannuli
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