«Strage in Iraq, uccisi
500 yazidi. Donne e bambini sepolti vivi». Sui media, i titoli sono riprodotti
con lo stampino. «300 donne ridotte schiave sessuali» dal Califfo, decine di
migliaia di yazidi e cristiani un fuga, i bravi peshmerga (tanto amati da
Israele) che aprono un corridoio umanitario. Tutto vero e terribile (così ci
assicurano gli inviati speciali). Tanta tragedia ha almeno un vantaggio: ha
fatto sparire le atrocità israeliane su Gaza, le immagini di morte e distruzione
ebraiche.
Si metteva male, stavolta,
per Sion. Troppi goym s’erano indignati del genocidio, in tutto il mondo. Per
tornare a fare le vittime, stavolta, non basta nemmeno ricorrere alla vecchia
misura propagandistica: scritte anti-ebraiche sui muri a Roma e Parigi,
occasione di articolo frementi di civiltà sul rinascente antisemitismo europeo.
S’è dovuto organizzare una campagna contro un mostro sacro del «diritto
umanitario», Amnesty International, accusandola di antisemitismo, perché
minaccia di documentare le atrocità commesse a Gaza in un futuro processo presso
il Tribunale Internazionale.
Si è arrivati a questo:
che il Times di Londra aveva persino rifiutato un articolo di Elie Wiesel (o
dell’uomo che sotto questo nome ha riscosso il Nobel come sopravvissuto-tipo dei
Lager di sterminio nazisti), dove Wiesel diceva che a Gaza era Hamas ad
ammazzare i bambini palestinesi, non le bombe e le cannonate ebraiche. Eppure
gli accenti del grande sopravvissuto non potevano essere più alti e vibranti:
«Gli ebrei hanno rifiutato la pratica di sacrificare bambini 35000 anni fa;
adesso è la volta di Hamas». «Nella mia vita ho visto bambini ebrei gettati nel
fuoco», ha scritto Wiesel senza spiegare dove e come (la sua memoria dei Lager
si arricchisce di sempre nuovi, tremendi dettagli via via che passano i
decenni), «e adesso, vedo bambini musulmani utilizzati come scudi umani – in
entrambi i casi da adoratori del culto della morte che non li differenzia dagli
adoratori di Molok».
Niente, il Times non ha
voluto il pezzo. A questo punto, che fare?
Per fortuna è apparso il
Califfo. Un musulmano più cattivo degli israeliani, che compie più atrocità di
Sion e del glorioso Tsahal. Seppellisce vivi bambini yazidi, uccide cristiani.
Anzi, peggio: «Abu Bakr al-Baghdadi ha dato ordine di infibulare tutte le
ragazze e le bambine presenti sul suolo iracheno». Mette in pericolo la
Cristianità (di cui i media scoprono improvvisamente l’esistenza minacciata) e
le «conquiste delle donne», stringe nella reazione alla minaccia la Bonino ed il
buon Socci, unifica la Boldrini non meno dell’ateo devoto neocon Giuliano
Ferarra – nello stesso raccapriccio. Tutto l’occidente unito.
Obama ordina il
bombardamento delle posizioni dell’ISI: due bombe (due). Con delicatezza, quei
ribelli e quegli armamenti sono costati un occhio al contribuente USA. Applausi,
la guerra continua. Mandiamo armi pesanti ai peshmerga tanto amati da Sion (come
abbiamo già fatto ai ribelli siriani che poi si sono rivelati essere l’ISIS):
loro ci difenderanno, i valori giudeo-cristiani sono affidati alle loro mani
civilissime, sicuramente Hollywood sta già producendo il film: Peshmerga, con
Angelina Jolie e Jonny Depp.
I grandi giornali USA possono finalmente postare vignette come quella di cui sopra, con un bell’amalgama fra terroristi veri, terroristi falsi e patrioti che difendono il proprio suolo (Hezbollah, Hamas). Gli attivisti di Sion, incaricati dell’Hasbara, possono postare equivalenze un po’ azzardate come questa: «Chi è con Hamas contro Israele, sostiene il califfato».
Hillary Clinton può dichiarare quanto segue: «Cosa succede in Europa? Ci sono enormemente più manifestazioni contro Israele che contro la Russia, eppure questa s’è impadronita di un pezzo di Ucraina ed ha abbattuto un aereo civile».
La Russia ha abbattuto un
aereo civile!?: un po’ forte, un po’ azzardato, tanto che rischia di scoprire il
gioco. Il gioco che si chiama «disinformazione», ed è in pieno corso a proposito
dell’atroce Califfo. I giornalisti nostrani ci vanno a nozze.
Favoriti da provvidenziali vuoti di memoria o santa ignoranza. Hanno dimenticato che la truppa dello IS è finanziata ed armata dai sauditi ed è stata addestrata da istruttori americani per distruggere il regime di Assad in Siria, e che ha recuperato Humvee, carri armati e artiglieria mobile Made in USA con il suo assalto di sorpresa alle truppe irachene: e sùbito la Casa Bianca, invece di prendersela con i tagliagole, ha messo sotto accusa il premier iracheno Al Maliki – di cui chiaramente cerca di provocare la caduta.
I giornalisti non hanno visto gli articoli dove Edward Snowden, l’ex analista della National Security Agency, lo spifferatore dei loschi segreti americani, ha spiegato che per creare lo ISIS ci si sono messi in tre, « the British and American intelligence and the Mossad worked together to create the Islamic State of Iraq and Syria (ISIS)». Lo scopo, «creare un’organizzazione capace di attrarre tutti gli estremisti del mondo in un posto solo». Siccome oggi lo Stato ebraico manca di un nemico reale, grosso e minaccioso abbastanza da giustificare lo slogan «Israele si sta solo difendendo», la creazione dell’ISIS serve anche a questo: «La sola soluzione per la protezione dello Stato ebraico è creare un nemico presso i suoi confini». Mica un nemico vero: un islamismo che «semini discordia e violenza settaria» fra i musulmani, en passant rendendo odioso l’Islam, allarmando gli occidentali sul pericolo verde, e coalizzandoli a difesa della civiltà giudaico-cristiana.
Appunto la funzione che
svolge Abu Bakr Al Baghadli, il califfo. Ammesso che questo sia il suo nome,
anzi non concesso: «Abu Bakr» fu il nome del primo califfo dopo Maometto, ed è
chiaramente un nome inventato per suggestionare. Secondo Snowden, e
l’intelligence iraniana, il suo vero nome è Elliot Shimon, figlio di padre e
madre ebrea, addestrato in guerra psicologica contro le società arabo-islamiche,
oltreché in arte militare, teologia islamica ed oratoria-retorica islamista dal
Mossad. In altri periodi della sua vita l’hanno chiamato «Emir Daash» (dalla
sigla dell’ISIS in arabo), in altri, ha avuto il nome di Ibrahim ibn Awad ibn
Ibrahim Al Al Badri Arradoui Hoseini. Gli americani gli hanno fornito un passato
giusto, detenendolo per qualche tempo (le date sono incerte) a Camp Bucca, la
più vasta prigione che le forze occupanti USA hanno gestito in Iraq (l’hanno
chiusa nel 2009), presso la frontiera col Kuwait.
La Croce Rossa, in un suo
rapporto riservato del 2004, ha scritto che il 90% degli iracheni che gli
americani detenevano a Camp Bucca erano stati arrestati «per caso», ossia senza
motivo. Alcuni ex detenuti di Camp Bucca hanno detto ad Al Jazeera che quello
era «una scuola di Al Qaeda», dove gli americani lasciavano che gli elementi più
estremisti radicalizzassero gli arrestati «per caso». Un carceriere, l’ex
ufficiale della US Air Force James Skylar Gerrond, l’ha definita «una pentola a
pressione dell’estremismo».
Riapparso come Califfo,
l’ex prigioniero (o addestrato) fa il diavolo a quattro proprio mentre Israele
rade al suolo Gaza con tutti i suoi abitanti. Israele ammazza duemila
palestinesi, fra cui 470 bambini? E il Califfo «seppellisce vivi 500 yazidi», e
in più «ordina l’infibulazione di tutte le donne».
Andare a combattere contro Israele? Il Califfo sancisce: «Combattere gli apostati vicini è più importante che combattere gli infedeli lontani», aggiungendo: «Il Profeta aveva combattuto Quraysh prima di passare a combattere gli ebrei di Banu Qurayza» (è davvero ben istruito).
Come si vede, Israele e il
Califfo coi suoi takfiri hanno lo stesso nemico: gli sciiti, Iran, Assad,
Hezbollah. È una sorprendente coincidenza? Basta aver dimenticato, come fanno i
giornalisti, quelle foto del maggio 2013 in cui il senatore McCain posava con i
bravi ribelli anti-siriani, molti dei quali – oh sorpresa – oggi militano
nell’ISI e stanno col Califfo Al-Mossad. Era andato a trovarli nelle retrovie, e
s’era felicitato con loro. Anche loro si erano felicitati con lui (oggi, McCain
accusa Obama di mollezza perché bombarda poco i suoi amici di ieri).
Ma i giornalisti non
ricordano.
Nessuno sparga più lacrime
su Gaza, adesso i Lorenzo Cremonesi, i Maurizio Molinari eccetera vi fanno
spargere lacrime sui poveri cristiani in Iraq costretti a lasciare le loro case
(che sotto Saddam abitavano sicuri): non c’è ateo occidentalista cui non si
inumidiscano le ciglia al racconto delle loro disgrazie. E degli yazidi, poi,
poveretti! nessuno ne sapeva niente, fino all’altro ieri. Adesso l’Occidente si
mobilita per loro, per loro bombarda e a loro lancia cibo ed acqua. Anche loro,
sotto Saddam, avevano cibo, acqua ed abitazioni. Sono state le invasioni
americane a devastare le loro vite, come quelle di tutti gli iracheni.
Non che non siano vere
queste sciagure, e quelle altre che il Califfo procurerà. Sono stati riuniti da
ogni parte del mondo dei fanatici sgozzatori, che filmano i loro assassinii e li
postano sui social network. Cercate di vedere che – come Israele – stanno
ammazzano dei musulmani. Non solo sciiti, ma sunniti dell’Iraq vengono
terrorizzati; e questi, se scappano nelle zone kurde, sono dai curdi trattati
come nemici: come fanno gli israeliani.
Ma cercate – sotto la tempesta informativa, che contrasta così tanto con il buco informativo di altre tragedie –, imparate a sentire il puzzo della disinformazione, della propaganda, del «due pesi due misure»: i media plaudono all’intervento umanitario di Obama in Iraq, mentre nel Donbass, dove il regime di Kiev compie una strage nel silenzio dei media ed è in corso una catastrofe umanitaria voluta e favorita dagli americani, un intervento umanitario russo è vietato: Obama e la NATO hanno avvertito che lo considererebbero «una invasione dell’Ucraina».
Dovreste ormai sapere come
sono bravi, i soliti noti, nella «narrativa». Come sono bravi a ficcare le mani
nel sangue, e piangere come vittime. Uno l’abbiamo nominato, è Elie Wiesel. Un
altro è Bernard Henry Lévy, il philosophe che ha incitato all’intervento
francese in Libia, l’uomo che ha detto «La primavera araba è buona per Israele»,
l’uomo di cui il Corriere (al contrario del Times) ha pubblicato una difesa dei
massacri israeliani a Gaza che unisce minacce a menzogne rivoltanti, una vera
vergogna per il «grande» giornale:
«A Parigi, col pretesto di difendere la Palestina, migliaia di uomini e donne se
la sono presa di nuovo con gli ebrei. A questi imbecilli oltre che mascalzoni, o
viceversa, ricordiamo, ad ogni buon conto, che mescolare ebrei e israeliani in
una stessa riprovazione è il principio stesso di un antisemitismo che, in
Francia, viene punito dalla legge – (...) Non c’è aggressione, ma contrattacco
di Israele di fronte alla pioggia di missili che, ancora una volta, si abbattono
sulle sue città e che nessuno Stato al mondo avrebbe tollerato così a lungo; che
Gaza è, in effetti, una sorta di prigione ma, avendola gli israeliani evacuata
ormai da quasi dieci anni, non si capisce come potrebbero esserne i carcerieri.
Cosa pensare, invece, di Hamas che mantiene l’enclave sotto il giogo, che tratta
i propri abitanti come ostaggi». (Leggete il resto qui, se avete lo stomaco).
Lacrime per i poveri
cristiani iracheni, è giusto. Ma le lacrime sono mancate per le decine di guerre
che gli Stati Uniti hanno sferrato contro l’Iraq perché altrimenti Israele non
si sentiva tranquillo, portando il Paese all’età della pietra e alla guerra
civile permanente, un milione di morti dopo: da Bush padre a Clinton, da Bush
figlio ad Obama Operation Desert Shield; Operation Desert Storm; Operation
Provide Comfort I and II; Operation Southern Watch; Operation Desert Strike;
Operation Northern Watch; Operation Desert Fox; Operation Southern Focus;
Operation Iraqi Freedom; Operation New Dawn, fino alla attuale Operation
«Humanitarian» di Obama.
Come siamo umani, noi
occidentali. Come siamo teneri.
Maurizio Blondet - 06.09.2014
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