“Succede di rado che gli incontri dei ministri delle
finanze abbiano tanta importanza”, osservava alla vigilia della riunione
il settimanale tedesco Der Spiegel rilevando poi che se nei giorni a
seguire non sarà ragiunto il consenso, “ci troveremo al di fuori del
solito scenario”. Ancora più pessimista è stato il ministro tedesco
Wolfgang Schäuble: “Dopo quello che ho sentito sono profondamente
scettico”.
Gli scettici avevano ragione. Raggiungere
consenso a Bruxelles è risultato impossibile. I rappresentanti del nuovo
governo greco e del partito “Syriza”, che ha vinto le elezioni del 25
gennaio, hanno definito la proposta dell’Eurogruppo “assurda” e
“inaccettabile”. Prorogare l’esistente programma dei prestiti per la
Grecia avrebbe significato confermare gli obblighi della Grecia verso i
creditori. D’altra parte, se non verrà prorogato il programma, Grecia
non potrà avere la parte restante delle risorse erogate dal Fondo
europeo di stabilità.
Ricordiamo che alla vigilia delle
elezioni parlamentari in Grecia Alexis Tsipras, leader di “Syriza” e
oggi primo ministro del paese, aveva promesso di rinunciare subito dopo
la vittoria alla politica di austerity, di aumentare la paga minima fino
a 750 euro e di impegnarsi per la cancellazione del debito da lui
definito “insostenibile” nei confronti della Troika, e cioè UE, FMI e
BCE. Anche in vista della riunione di Bruxelles Tsipras ha dichiarato in
un’intervista al tedesco Stern che il suo governo non sta chiedendo
altri soldi. “Ci serve tempo, non denaro, per realizzare le riforme”, -
egli ha detto. In tal caso, ha dichiarato Tsipras, tra 6 mesi Grecia
sarà un “paese diverso”.
Lo stesso ha dichiarato dalle
pagine di New York Times anche il ministro delle Finanze di Atene Yanis
Varoufakis. Per la Grecia, ha scritto il ministro nel suo articolo, la
via alla crescita sostenibile è più importante dei nuovi prestiti. Per
dare al paese la giusta velocità il governo non si fermerà di fronte
all’opposizione da parte di “potenti gruppi di interessi”. Siamo
intenzionati a impedire di essere trattati come una “colonia dei
debiti”.
Mentre in Grecia procedeva la campagna
elettorale, in Europa si è cominciato a parlare di eventuale uscita di
Atene dall’eurozona. Germania assicurava che “Grexit”, come è stata
battezzata questa ipotesi dai giornalisti, non avrebbe portato l’UE alla
catastrofe. Ciò nonostante i dubbi ci sono. Il professor John Ryan
dell’Università di Cambridge ha scritto sulle pagine di “Policy Review”
che se l’UE continua a premere sulla Grecia, Atene potrebbe seguire la
strada del default, rifiutandosi di pagare il suo debito di 245 miliardi
di euro e uscendo dalla moneta unica. Quello che è da considerare,
riassume Ryan, è il pericolo di effetto domino, perché ci sono vari
altri paesi che non sono in grado di ripagare il loro debito. Tuttavia
Ivan Rodionov della Scuola superiore di economia non è così pessimista.
Il nuovo governo greco è stato eletto all’insegna della promessa di non piegarsi al diktat dell’UE. Adesso cercherà un modo per salvare la faccia di fronte sia degli elettori che dell’UE. La Grecia riconoscerà probabilmente il suo debito, ma il debito sarà ristrutturato. L’Europa vuole comunque restar unita su questioni della politica economica e finanziaria e cercherà di mantenere almeno una parvenza di questa unità.
Una
vignetta pubblicata giorni fa dal quotidiano belga “Echo” titolava:
“Perché i ministri del nuovo governo greco non portano cravatta?” Nella
vignetta Tsipras e Varoufakis, entrambi senza cravatta, puntavano un
dito all’indietro dove una gigantesca Angela Merkel sollevava dalla
terra l’ex premier greco Antonis Samaras tenendolo per la cravatta.
“Ecco perché”, era la risposta. Si tratta certamente di uno scherzo, ma
politici seri dicono ormai che Grecia sarà decisiva per il futuro
dell’UE. E ciò non è più uno scherzo.
Oleg Severghin
fonte: http://italian.ruvr.ru/2015_02_17/Eurozona-a-rischio-4121/