La
campagna militare appare ponderata e calibrata nel raggiungere
l’obiettivo politico della Russia di uno Stato siriano unito e laico
La
campagna militare russa in Siria è in corso da diverse settimane,
fornendo una buona occasione per una panoramica. Non vi è stato alcun
incremento delle forze russe dispiegate in Siria dall’inizio della
campagna. Non ci sono stati altri attacchi con missili da crociera sulle
posizioni jihadiste in Siria dal Mar Caspio. I russi hanno
pubblicamente escluso l’ampliamento delle forze, dicendo che non
s’impegneranno in operazioni terrestri. Non ci sono piani per lanciare
attacchi con velivoli a lungo raggio come i bombardieri Tu-22 in volo
dalla Russia.
I russi dicono che la forza attuale basat a raggiungere
gli obiettivi, fornendo un indizio importante su tali obiettivi. I russi
hanno anche detto che non hanno avuto colloqui con gli iracheni per
schierare aerei russi in Iraq e bombardare lo Stato islamico. Ciò
dimostra che gli obiettivi dei russi riguardano solo la Siria. I russi
hanno fornito impressionanti relazioni dettagliate sugli obiettivi. Non
c’è motivo di dubitarne della veridicità.
Le relazioni mostrano che
obiettivo primario dei russi è l’infrastruttura dei jihadisti costruita
per sostenerne lo sforzo bellico: centri di comando, depositi di armi,
centri di addestramento e di comunicazione, oleodotti, officine e
fabbriche. I russi hanno a volte distrutto convogli di veicoli jihadisti
(vi sono rapporti affidabili su un convoglio di 16 autoveicoli dello
Stato islamico così distrutto) e riferito regolarmente la distruzione di
importante materiale militare dei jihadisti come carri armati e
artiglieria. Tuttavia, questi obiettivi sembrano secondari. V’è anche un
paio di casi in cui l’Aeronautica russa ha fornito supporto aereo
diretto alle truppe siriane impegnate nelle operazioni offensive, anche
se ciò appare per il momento limitato. Quali conclusioni possiamo trarre
da tutto questo?
In primo luogo, è chiaro che lo scopo del dispiegamento non è sconfiggere l’insurrezione jihadista in Siria o lo Stato Islamico con la potenza aerea. La forza d’attacco a Lataqia, che i russi insistono a non voler ampliare, è ovviamente inadeguata a tale compito. I russi hanno escluso di espandere la forza d’urto suggerendo che non pensano sia possibile sconfiggere la ribellione jihadista in Siria con la sola potenza aerea.
Ciò è coerente con la filosofia militare russa. I russi
non hanno mai seguito l’idea degli Stati Uniti della “vittoria mediante
la forza aerea”. La dottrina militare operativa russa si basa sul
principio delle “armi combinate” in cui viene utilizzata ogni arma in
modo congiunto per raggiungere la vittoria. Il modello operativo russo
in Siria, infatti, deriva da ciò che indicammo quale scopo del
dispiegamento: evitare che gli Stati Uniti dichiarassero una “no-fly
zone” sulla Siria. Se la dimensione della forza d’attacco è ovviamente
insufficiente per vincere la guerra civile siriana e distruggere lo
Stato Islamico, è pienamente idonea ad impedire agli Stati Uniti di
dichiarare una “no-fly zone”. Sappiamo che gli Stati Uniti programmavano
la “no-fly zone”, e l’hanno ammesso.
Sappiamo che gli Stati Uniti
discutevano attivamente con gli alleati per imporre tale “no-fly zone”
in estate. Il dispiegamento della forza d’attacco russa in Siria ha
costretto gli Stati Uniti ad abbandonare l’idea. Vi erano certe
preoccupazioni, aggravate dagli sproloqui di falchi perenni come
Zbigniew Brzezinski, secondo cui gli Stati Uniti potevano attaccare la
forza d’attacco russo per umiliare la Russia e imporre la “no-fly zone”,
nonostante l’opposizione russa. Come abbiamo detto, il lancio di
missili da crociera russi dal Mar Caspio, dimostrando che tutte le basi
statunitensi nella regione sono a portata di tiro di un potenzialmente
devastante contrattacco russo, ha fatto abbandonare tale idea.
La
ragione per cui non ci sono stati ulteriori attacchi russi con missili
da crociera non è perché la Flottiglia del Caspio russa è a corto di
missili da crociera lungo raggio, come qualcuno ha suggerito, ma perché
l’attacco dei missili da crociera ha raggiunto lo scopo, dimostrare la
capacità della Russia di attaccare gli USA se la forza d’attacco in
Siria venisse aggredita. Il successo dei russi nel costringere gli Stati
Uniti ad abbandonare il piano per la “no-fly zone” ha avuto un effetto
drammatico sui loro calcoli strategici. Nel linguaggio contemporaneo
“no-fly zone”, qualunque sia il significato originale, è ora
semplicemente abbreviazione di “bombardamenti degli USA”. Se gli USA
avessero dichiarato la “no fly zone”, sarebbero rapidamente passati ai
bombardamenti a tappeto contro governo e militari siriani.
Questo è ciò
che è successo in Jugoslavia e in Iraq negli anni ’90 e in Libia nel
2011, e lo stesso sarebbe accaduto in Siria. La “no fly zone” sarebbe
stata accompagnata dalla dichiarazione di “zone franche” in Siria.
Sappiamo che questo era il piano, e incredibilmente ci sono alcuni che
ancora l’invocano (vedasi qui e qui).
Tali “santuari” sarebbero stati presentati come aree per civili in fuga
dagli attacchi (“bombe barili”) di Esercito e Aeronautica siriana. In
base a ciò che è successo in Jugoslavia e Iraq negli anni ’90, e in
Libia nel 2011, sarebbero rapidamente diventate basi controllate dai
ribelli. In breve, con il sostegno di una furiosa campagna mediatica, i
“santuari” sarebbero stati estesi su tutta la Siria, dove profughi e
civili sarebbero stati “in pericolo” a causa del governo siriano.
Sarebbe stata solo questione di tempo prima che includesse Damasco e
Aleppo, Homs e Hama. L’aviazione degli Stati Uniti, sostenuta da quelle
di Gran Bretagna, Francia, Turchia e probabilmente Giordania, sarebbe
entrata in azione “per proteggere” “i santuari” bombardando l’Esercito
siriano e, come è avvenuto in Jugoslavia, Iraq e Libia, le
infrastrutture civili di Stato e militari siriani. Molti altri civili
sarebbero naturalmente morti, ma come è avvenuto in Jugoslavia e Libia,
ciò non avrebbe fermato i bombardamenti. Con il balzare dell’escalation
dei bombardamenti, dell’invio di armi e forze speciali a “consigliare” i
ribelli, sarebbe stata questione di tempo prima che il governo e i
militari siriani crollassero.
Fu
per evitare tale scenario che i russi hanno agito, come hanno fatto,
fermando tale piano. L’azione russa fu in primo luogo volta a fermare
l’azione militare occidentale contro la Siria, un completo successo in
questo senso, e ciò è meglio illustrato dagli effetti sulla Gran
Bretagna. Con la costernazione dei falchi inglesi, il governo è stato
costretto ad abbandonare il piano per bombardare la Siria. Un rapporto
della Commissione per gli affari esteri dei Comuni chiarisce che
l’intervento della Russia è stato decisivo (si veda il paragrafo 28
della relazione qui).
Gli Stati Uniti furono costretti, assai contrariati, ad accomodarsi con
i russi, accettando un accordo tecnico per coordinare i sorvoli di
aerei russi e statunitensi nello spazio aereo siriano, e furono anche
costretti a intraprendere comunicazioni congiunte con i russi per
appianare i problemi. Gli Stati Uniti schierano caccia F-15C alla sua
base di Incirlik in Turchia e caccia F-22 nelle basi in Arabia Saudita,
intensificando le forniture di armi, tra cui missili anticarro TOW, ai
ribelli.
Queste non erano fasi preparatorie per un attacco della forza
russa, ma un tentativo di ristabilire l’equilibrio nella regione,
nettamente a favore dei russi. Con i velivoli russi Su-30 e Su-34
tecnologicamente superiori a tutti gli altri aerei schierati nella
regione, gli USA dovevano con urgenza rassicurare gli alleati,
specialmente Israele e Turchia, affrontando gli avanzati velivoli russi
schierati nella regione. Allo stesso modo la fornitura di armi ai
ribelli è volta a rassicurare i ribelli e loro sostenitori a Washington,
che gli Stati Uniti non li abbandonano. Gli Stati Uniti sanno che tali
armi non bastano a cambiare la situazione sul terreno, tanto più che i
russi possono rispondere con maggior forza.
Una volta chiarito che lo
scopo della presenza della forza d’attacco della Russia era evitare che
gli Stati Uniti bombardassero la Siria, e non sconfiggere l’insurrezione
jihadista con la sola forza aerea, lo schieramento russo viene
inquadrato per intero. Impedendo l’attacco degli Stati Uniti contro la
Siria, i russi hanno guadagnato tempo per la diplomazia e il
rafforzamento dell’Esercito siriano. La diplomazia delle ultime
settimane è stata ampiamente discussa da Saker e Patrick Armstrong e non
dirò altro, senza ripetere ciò che ho già detto, che il piano che i
russi avanzano è essenzialmente lo stesso piano concordato a Ginevra nel
2012, ma distrutto dai ribelli siriani e loro sostenitori occidentali
quando pretesero le dimissioni del Presidente Assad come precondizione
per i colloqui. Non vi è alcun segno che i ribelli siriani e loro
sponsor occidentali abbiano fatto marcia indietro su tale pretesa.
Al
contrario, c’è una deliberata campagna di disinformazione occidentale
sulla posizione della Russia sulla questione, suggerendo che non abbia
adottato alcun cambiamento (per una descrizione dettagliata di posizione
e ragioni della Russia vedasi il mio articolo del 2012 qui).
L’inclusione dell’Iran nei colloqui è comunque un passo avanti,
suggerendo che mentre i sostenitori della linea dura sono ancora in
ascesa, i realisti a Washington, guidati dal segretario di Stato degli
Stati Uniti Kerry, capiscono che gli obiettivi in Siria non sono più
raggiungibili. Sembra che siano in attesa, coinvolgendo Russia e Iran
nei colloqui e negoziati fin quando la situazione sul terreno cambi al
punto in cui tutti, tranne i più ottusi sostenitori della linea dura di
Washington, dovranno accettare che una soluzione diplomatica lungo le
linee concordate nel 2012 a Ginevra è inevitabile. Quali sono però le
prospettive di un cambiamento della situazione sul terreno?
Se il dispiegamento russo ha dato tempo alla diplomazia di avviarsi, ha anche dato tempo all’Esercito siriano per riprendersi. Tre anni di intensi combattimenti hanno lasciato l’Esercito siriano esausto. Le perdite in uomini e mezzi sono state molto alte. L’Esercito siriano è stato costretto a ritirarsi da molte aree del Paese, concentrandosi in quelle che può difendere. Anche se temprato dalla guerra, l’Esercito siriano sembra soffrire dei molti problemi strutturali che affliggono gli eserciti arabi). Il fatto che si dica fosse difficile avanzare contro un piccolo numero di ribelli dotati di missili anticarro (secondo alcuni rapporti, 50 missili anticarro TOW avrebbero sconfitto l’avanzata dell’esercito siriano nel 2014 per liberare Aleppo), suggerisce che la fanteria manca di aggressività e spirito offensivo, e sia mal coordinata con le unità corazzate. Può anche significare che l’invio di carri armati, tecnici e pezzi di ricambio necessari per mantenerli, si fosse esaurito, così che pochi carri armati fossero ancora operativi, venendo usati attentamente.
Questo spiegherebbe la
riluttanza a rischiarli in presenza di missili anticarro. È la
situazione militare siriana che spiega il carattere della campagna aerea
russa. Prendendo di mira le infrastrutture dei ribelli, i russi ne
spezzano la catena logistica, impedendo ai ribelli di avviare le
offensive e dando all’Esercito siriano il tempo necessario per
riprendersi. Una volta che l’esercito siriano sarà reintegrato da
forniture e assistenza tecnica russe e da effettivi, materiali e
addestramento forniti dall’Iran, i danni alle infrastrutture dei ribelli
gli renderà più difficile resistere all’offensiva dell’Esercito
siriano, quando ci sarà.
Nelle operazioni limitate, nel frattempo,
l’Esercito siriano attualmente opera alleviando i punti di pressione.
La
città settentrionale siriana di Aleppo, una volta la più grande e
capitale economica della Siria, è assediata dal 2012. Poche settimane fa
era praticamente isolata e il supporto aereo russo ha aiutato
l’esercito siriano a spezzare l’assedio e riaprire strade e linee di
rifornimento. Altrove, sotto la copertura degli aerei russi, l’Esercito
siriano sembra impegnarsi in operazioni offensive limitate su Palmira,
sito di grande importanza culturale, e presso Damasco. Le informazioni
sull’avanzata di queste offensive sono limitate e contraddittorie (si
veda ad esempio qui e qui), ma le prove suggeriscono che per la prima volta, quest’anno, l’Esercito siriano recupera terreno, piuttosto che perderlo.
La campagna aerea russa è quindi accuratamente pianificata e raggiunge gli obiettivi.
1. ha impedito a Stati Uniti e alleati di attuare il loro piano di bombardamenti che avrebbe portato alla caduta del governo siriano;
2. da tempo e spazio a un rinnovato sforzo diplomatico aprendo la via a un eventuale accordo politico ispirato dai russi, escludendo la costituzione di uno Stato islamista jihadista nel territorio siriano. Come Saker dice correttamente, gli Stati Uniti sembrano aver ceduto;
3. da tempo e spazio all’Esercito siriano per recuperare, in modo che possa finalmente passare all’offensiva, creando le condizioni per la soluzione politica che i russi vogliono imporre;
4. indebolendo le infrastrutture dei ribelli, gli s’impedisce di lanciare un’offensiva e li s’indebolisce in vista delle future offensive siriane.
Di questi quattro obiettivi il primo è il più importante perché nel caso
contrario, gli altri tre sarebbero impossibili. Data la situazione, il
primo obiettivo è stato raggiunto. L’esclusione dei bombardamenti degli
Stati Uniti è un grande successo politico russo. Gli altri tre obiettivi
continuano ad operare. Il conflitto siriano fornisce un esempio da
manuale di come i russi conducono la politica estera. Non separano
politica e militari come fanno le potenze occidentali. Né permettono ai
militari di dettare l’intero approccio. Né vedono guerra e diplomazia
escludersi a vicenda, con una che inizia quando l’altra si ferma. Al
contrario, i russi vedono guerra e diplomazia come strumenti collegati
che lo Stato russo utilizza per raggiungere i suoi obiettivi, sempre
decisi dalla leadership politica del Paese, sempre inquadrati in termini
strettamente politici focalizzati esclusivamente, e apertamente, sugli
interessi nazionali della Russia.
Nel conflitto siriano l’obiettivo è
preservare lo Stato siriano precedente al conflitto, indipendente,
unito, attivo e laico, in modo che uno Stato islamista jihadista che
minacciasse la Russia non nasca nel territorio siriano. Gli obiettivi
ideologicamente concepiti dalle grandiose vesti moralistiche del “rifare
il Medio Oriente” o diffondere la “democrazia” non sono per nulla
obiettivo della Russia. Dato che tale megalomania non fa parte
dell’operato dei russi, non hanno necessità d’impegnare grandi forze per
raggiungere vaghi e ambiziosi obiettivi, di fatto irraggiungibili.
L’intervento russo quindi è ben più modesto, giusto il necessario per
raggiungere l’obiettivo che la leadership politica s’è fissato, è ciò
che vediamo. Mentre gli occidentali spesso citano il famoso detto di
Clausewitz
“la guerra non è solo un atto politico, ma un vero e proprio strumento politico, continuazione del rapporto politico con altri mezzi. Ciò che rimane peculiare della guerra è semplicemente la natura dei suoi mezzi“,
i russi l’applicano sul serio. Il velivolo
russo schiantatosi in Sinai, distrutto da una bomba, come sembra sempre
più probabile, non cambierà in nulla la politica russa. Chi pensa che lo
farà non comprende l’approccio della politica estera russa, e
sottovaluta lucidità e coerenza dei russi nel perseguire i propri
obiettivi.
Alexander Mercouris, Russia Insider, 7 novembre
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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