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lunedì 7 marzo 2016

Gli Stati Uniti scaricano Erdogan?

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Per quanto improbabile sembrasse meno di un anno fa, la situazione geostrategica è notevolmente cambiata, a tal punto che sembra concepibile che gli Stati Uniti siano pronti a liberarsi di Erdogan. 
La decisione di Erdogan di abbattere il jet anti-terrorismo russo sulla Siria può essere considerato il punto di svolta in cui gli Stati Uniti cominciano a prendere le distanze dal capo turco. Mentre la maggior parte dei commentatori era in crisi isterica, al momento, per una possibile terza guerra mondiale, l’autore analizzava tranquillamente nell’articolo “Perché gli USA mollano la Turchia?” che non solo gli Stati Uniti non sostenevano la Turchia in alcuna possibile guerra con la Russia, ma Washington effettivamente avrebbe intensificato le operazioni per destabilizzare Ankara aumentando il supporto ai curdi siriani. 

Da allora, altri analisti, come il collaboratore di CounterPunch Mike Whitney, recentemente condividono questa conclusione, segnalando che tale teoria va affermandosi e che gli Stati Uniti potrebbero pensare di togliere il loro solido supporto al capo turco. Mentre Washington ha certamente mostrato segnali contrastanti negli ultimi due mesi, potrebbe semplicemente impegnarsi a sostenere implicitamente un cambio di regime contro Erdogan per salvaguardare i vantaggi strategici ottenuti finora con la crisi degli immigrati.


Costruire il caso
Tre recenti avvenimenti, in particolare, indicano che gli Stati Uniti non danno più un sostegno incondizionato e costante ad Erdogan:

Curdi siriani:
Gli Stati Uniti non riconoscono alcuna delle milizie curde anti-SIIL in Siria come gruppi terroristici che addestrano, armano e sostengono con attacchi aerei; gli Stati Uniti inviano un chiaro messaggio alla Turchia di non preoccuparsi della sua sensibilità geopolitica e che continuerà a perseguire la propria grande strategia in Siria indipendentemente dalle obiezioni dell’alleata.

Accordo di cessazione delle ostilità:
La proposta congiunta russo-statunitense di fermare i combattimenti in Siria è stato un colpo da maestro diplomatico che ha semplificato la situazione sul campo e reso molto più facile identificare i “buoni moderati” dai “terroristi cattivi”, secondo una intervista esclusiva per Sputnik di Ekaterina Blinova con Saker, pseudonimo di un ex-analista militare e popolare blogger di questioni russe. I suoi commenti su una “sistemazione binaria” per cui “chi cessa i combattimenti viene integrato nel processo politico (e) tutti gli altri sono destinati all’annientamento”, fa dedurre che Russia e Stati Uniti di fatto riconoscono gli ascari locali della Turchia come organizzazioni terroristiche, una completa inversione della politica statunitense.

Missione NATO nell’Egeo:
Erdogan è irritato da Stati Uniti e una manciata di alleati della NATO che pattugliano il Mar Egeo per intercettare le navi cariche di immigrati che incessantemente raggiungono le coste della Grecia. Ci sono state anche segnalazioni precedenti secondo cui la Turchia aveva nettamente rifiutato di cooperare alla missione, anche se i rappresentanti militari turchi in seguito ufficialmente smentivano tali affermazioni. Il pomo della discordia è ovvio, e riposa in parte nel pantano latente e irrisolto delle dispute territoriali della Turchia con la Grecia, e che un articolo di Sputnik in precedenza indicava come la “Battaglia sul Mar Egeo”. 

Erdogan teme che Stati Uniti ed alleati prendano parte a questo battibecco e utilizzino la missione anti-immigrati come copertura per stabilire il ‘fatto militare di Atene sull’acqua’ a vantaggio della Grecia. La peggiore paura del capo turco, tuttavia, è che la missione abbia successo oltre le più rosee aspettative facendo rientrare centinaia di migliaia di indigenti e immigrati insoddisfatti sulle coste del suo Paese e di conseguenza destabilizzare la società turca già politicamente fragile.

Segnali contrastanti
Nonostante le prove che indicano gli Stati Uniti prepararsi a scaricare Erdogan, Washington come al solito invia segnali contrastanti sulla questione, al fine di evitare che il “partner” vada nel panico e resti nell’incertezza strategica:

Bombe anti-curde:
Il Pentagono ha appena dato l’approvazione all’accordo con cui gli Stati Uniti accettano di vendere “bombe intelligenti” anti-bunker per 680 milioni di dollari agli omologhi turchi, che l’International Business Times descrive come da impiegare contro i curdi. Ciò indica che gli Stati Uniti tracciano una differenziazione tra il sostegno ai curdi siriani e quelli anatolici da attaccare con la designazione del PKK ad “organizzazione terroristica”, sostenendo la brutale guerra di Ankara contro di essa.

Il privilegio di Israele:
Anche l’aiuto degli Stati Uniti ai curdi siriani ha i suoi limiti, a quanto pare, con Mike Whitney che sottolinea nell’articolo citato che gli Stati Uniti 
riconoscono alla Turchia il “diritto di difendersi”, espressione che gli Stati Uniti riservano ad Israele, quando è in piena furia omicida in Cisgiordania o Striscia di Gaza“. 
 Conferendo alla Turchia il privilegio d’Israele, Washington tacitamente da ad Ankara il via libera per effettuare bombardamenti limitati ed a bassa intensità sui curdi siriani per impedirne l’invasione convenzionale.

Supporto all’adesione all’UE:
Gli Stati Uniti sostenono l’ammissione della Turchia nell’UE avendo interesse a avere il suo partner in Medio Oriente quale cavallo di Troia per sabotare il blocco dall’interno. Accettare la Turchia nell’Unione Europea o anche dare ai suoi cittadini accesso senza visto nella zona di Schengen (che con la stipula dell’accordo da 3 miliardi sugli immigrati dell’anno scorso, alla fine accadrà) essenzialmente istituzionalizzerà e legalizzerà l’attuale destabilizzazione della crisi dell’immigrazione aprendo “la porta ad ulteriore immigrazione e (flusso di rifugiati in Germania)”, secondo il vicepresidente del Bundestag Johannes Singhammer. In sostanza, l’obiettivo di ciò è danneggiare l’UE attraverso crisi socio-politiche a catena che la rendano incapace di una cooperazione bilaterale pragmatica con le potenze multipolari Russia e Cina, una strategia che l’autore ha descritto in dettaglio nell’articolo precedente su Sputnik.

Architettare la caduta di Erdogan
Il problema:
Gli eventi dello scorso anno hanno dimostrato che il neo-ottomanismo di Erodgan è un colossale fallimento in Medio Oriente, spingendolo ad accettare il suggerimento degli Stati Uniti di volgere l’attenzione strategica in Europa, nella regione del sud-est, in passato colonizzata dai turchi per circa mezzo millennio, che viene visto come ‘utile’ per l’ideologia espansionista del sultano. La Turchia era al culmine di questo processo con la corrispondente istituzionalizzazione della crisi degli immigrati permettendo ai suoi cittadini eventuali esenzioni dal visto per l’UE, ma Ankara e Stati Uniti si scontravano con un problema serio, lo stesso Erdogan. 

Il capo turco è così vituperato in Europa per aver istigato la crisi degli immigrati e il pubblico sostegno allo SIIL che le élite europee hanno ragione di temere la firma dello storico accordo sul visto con una persona che i loro cittadini ritengono notoriamente così pericoloso, doppiogiochista ed inaffidabile da suscitare una grande rivolta contraria. Per gli Stati Uniti, ciò potrebbe portare leader e partiti anti-atlantici/pro-euroasiatici al potere in Paesi chiave del blocco, minando rapidamente l’egemonia di Washington su questo spazio.

La soluzione:
Il pubblico potrebbe in gran parte essere addolcito, tuttavia, se Erdogan viene rimosso dal potere e se un volto amichevole firmasse l’accordo, mitigando così le possibilità di subire una rivolta e consentire gradualmente agli Stati Uniti la strategia a lungo termine (l’approccio della “rana bollita”). 

Il modo più realistico che gli Stati Uniti potrebbero seguire, se così fosse, sarebbe attraverso una rivoluzione colorata o colpo di Stato militare contro il presidente turco, reciprocamente compatibili con la loro finalità strategica. Le contromisure economiche della Russia per l’aggressione turca hanno già avuto un impatto sostanziale su tutti gli strati sociali, e il Paese ha un’opposizione preesistente e popolare che sembra pronta a capitalizzare ciò. Inoltre, il sud-est del Paese è già in fiamme per la guerra civile e i terroristi dello SIIL che ripetutamente s’infiltrano in Turchia compiendovi diversi attacchi. 

In una situazione così precaria, la cannuccia che spezza la schiena del cammello potrebbe facilmente essere la crisi degli immigrati e la guerra contro i curdi, che gli Stati Uniti potrebbero facilmente aggravare. Nel primo caso, gli Stati Uniti potrebbero fare in modo che la missione NATO nell’Egeo sia un successo e che centinaia di migliaia di potenziali immigrati vengano rispediti in Turchia per far pendere la delicata bilancia sociale verso le violenze, proprio come fanno attualmente in Europa. In parallelo, potrebbero fornire armi avanzate ai curdi siriani, già accusati d’inviarle al PKK per usarle contro l’esercito turco. 

Mescolando contemporaneamente deteriorarsi e aggravarsi delle condizioni sociali assieme a una guerra civile che si allarga in maniera incontrollata, si combinerebbero rivoluzione colorata e guerra non convenzionale (Guerra ibrida (http://orientalreview.org/press-release/)), che basterebbero probabilmente a portare l’opposizione al potere o a stimolare un colpo di Stato militare, traducendo una nuova leadership filo-statunitense che firmi l’accordo di esenzione dal visto, anche se questa volta senza alcuna notevole opposizione dall’elettorato europeo.

 Andrew Korybko Sputnik, 03/03/ 2016

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Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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