Ora noi siamo arrivati a quota 29 vaccini analizzati, qualcuno in un solo esemplare, altri in più campioni, altri ancora, in particolare quelli antinfluenzali, seguìti saltuariamente negli anni. In tutto fa un bel po’ di campioni.
L’ho già detto fino all’esaurimento: l’unico vaccino a dimostrarsi senza inquinanti sotto forma di particelle è stato il Feligen,
un trivalente per gatti, il solo esemplare per uso veterinario che ci è
capitato di controllare. Perché proprio quello fosse pulito non saprei
dire.
Che cosa sono queste particelle è presto detto:
sono pezzi solidi di materia inorganica, quasi sempre combinazioni di
vari elementi chimici con una certa prevalenza, almeno da quanto vediamo
in laboratorio, di ferro, cromo e nichel, vale a dire acciaio. La loro dimensione varia da qualche decina di micron (un micron è un millesimo di millimetro) giù fino a poche centinaia di nanometri
(un nanometro è un milionesimo di millimetro). La loro forma, un
parametro di grande importanza, è davvero la più varia, compresa quella
sferica tipica delle produzioni ad alta temperatura.
Che questa roba non possa stare nei vaccini è un fatto indiscutibile. Che non sia gradita all’organismo è altrettanto indiscutibile. Del resto, chi sarebbe d’accordo se gli proponessero un’iniezione di pezzi di piombo o di tungsteno o di leghe
della natura più strana e disparata? Nella migliore delle ipotesi
queste particelle se ne vanno a distribuirsi per tutto l’organismo e ad
aumentare la concentrazione di quelle che già ci sono, perché di polveri
ce ne respiriamo e ce ne mangiamo quotidianamente grazie a tutti
gl’inquinanti che scarichiamo nell’ambiente nella più completa
indifferenza, quando non con la complicità, di legislatori e di enti di
controllo.
Una delle obiezioni in forma di domanda retorica che mi sento rivolgere spesso è “ma che vuoi che faccia qualche granello di polvere nel vaccino a confronto con tutte quelle che ci entrano nell’organismo?”
La risposta è che i processi d’introduzione e la loro efficienza
nell’originare patologie sono ben diversi. Se io inspiro aria contenente
particelle e ho i polmoni e le vie respiratorie in generale in buone
condizioni, espirando espellerò la stragrande maggioranza di quanto è
entrato.
Se io ingerisco cibo inquinato da polveri, saranno solo quelle
che resteranno in qualche modo in contatto con le pareti dell’apparato
digerente ad avere probabilità di entrare stabilmente nell’organismo.
Tutto il resto, anche in questo caso la stragrande maggioranza, sarà
eliminato con le feci. Spero non mi si voglia strumentalmente
fraintendere: il poco che resta è indubbiamente patogeno e va pure
considerata la continuità con cui questi inquinanti ci entrano nel
corpo.
La
differenza principale con quanto viene iniettato è che, in quella
circostanza, tutte le particelle restano nell’organismo senza alcuna
possibilità di eliminazione e, per di più, si ritrovano concentrate in
un volume piccolissimo. Il dramma avviene quando, per
puro caso o, comunque, per motivi e secondo meccanismi che di fatto non
conosciamo, quelle polveri, trasportate dal sangue, finiscono a livello
del sistema nervoso centrale e, segnatamente, nel cervello. Teniamo
conto che, per funzionare, un vaccino deve esercitare un’azione
infiammatoria nei riguardi dei tessuti e il tessuto del cervello, dal
punto di vista dell’essere prono ad infiammarsi, non differisce in modo
significativo da qualunque altro tessuto. Ecco, allora, che all’azione
di agente infiammatorio prevista del vaccino va ad aggiungersi,
possibilmente con effetti sinergici, quella infiammatoria delle
particelle in quanto corpo estraneo.
Va anche tenuto conto di come
l’aggressività delle particelle sia inversamente proporzionale alle loro
dimensioni. Quelle sufficientemente piccole sono comprensibilmente più
capaci di penetrare nei tessuti, tanto da potersi insinuare fino al
nucleo delle cellule. Si consideri, inoltre, che, mentre l’infiammazione
del vaccino si conclude nel giro di qualche giorno, quella esercitata
dalle particelle che continuiamo a trovare nei vaccini dura per sempre a
causa della non biodegradabilità di quei corpi estranei. Insomma, dove
finiscono la loro corsa restano. Volere cocciutamente ignorare queste
ovvietà, peraltro dimostrate da anni inconfutabilmente e in modo diretto
fotografando il fenomeno, è a dir poco sospetto.
A questo punto credo sia del tutto legittimo chiedersi come facciano quei granelli a finire nei vaccini.
La mia risposta è che non lo so. Non lo so per prima cosa perché il
fenomeno è del tutto in contrasto con quella che è la cosiddetta Good Manufacturing Practice,
in italiano le norme di buona fabbricazione, cioè le regole da seguire
per produrre farmaci ineccepibili. Tutte le soluzioni iniettabili vanno
obbligatoriamente preparate in ambienti in cui di polveri non ci
dovrebbe essere nemmeno vaga traccia e, comunque, quei farmaci
dovrebbero sottostare a controlli del tutto stringenti già a livello di
fabbrica. Ammettendo pure che, a mio parere incredibilmente, dalla ditta
esca qualcosa che non ci dovrebbe essere, ecco che gli enti di
controllo che, detto a margine, ci costano un patrimonio ed esistono
ufficialmente al solo scopo di proteggere la nostra salute, dovrebbero
immediatamente intervenire bloccando quanto meno e senza por tempo in
mezzo il lotto di produzione. E, invece, nulla di tutto ciò accade e i
vaccini in distribuzione pare continuino allegramente a contenere
porcherie. E non lo so perché nessuna ditta farmaceutica mi fa entrare a
vedere come lavora e, soprattutto, come controlla. Inutile dire che
altrettanto gelosi della loro privacy sono gli enti di controllo.
Naturalmente, quando, seppure a
fatica, si riesce a toccare l’argomento, chi dovrebbe controllare e non
controlla, chi dovrebbe vigilare sulla salute e non vigila, chi ci
dovrebbe curare e fa tutt’altro, chi ci dovrebbe informare e mente
reagisce: Quello che trovate non esiste. Quello che dite di
trovare non è pubblicato nelle riviste. Se anche c’è, quella roba è
innocua. Magari gl’inquinanti che trovate sono solo nelle fiale che
avete analizzato.
Mi dispiace non solo perdere tempo ma
farlo perdere a chi ha la pazienza di leggermi, ma ripeterò per
l’ennesima volta quanto ho già detto e scritto innumerevoli volte,
tutte, evidentemente, senza esito come è costume nelle
barzellette-tormentone e, soprattutto, come avviene quando ci si rivolge
a chi reputa la parola onestà un residuo di un passato di cui ridere
ormai relegato alle pagine di un vocabolario polveroso.
Dire che quello che troviamo non esiste è a dir poco bizzarro. Le
fotografie al microscopio elettronico sono indiscutibili e così le
analisi mediante spettroscopia a dispersione di energia, tutte metodiche
senza possibilità di errore. Dopotutto anche Roberto Biasio, ora ex-direttore medico della Sanofi Pasteur, una volta che, ancora in carica, si trovò di fronte ai risultati delle analisi sul suo Gardasil e dopo che ci venne a trovare in laboratorio ammise pubblicamente che le nostre analisi sono ineccepibili. Dunque, quella roba c’è e basta.
Giusto per aggiungere informazione, le analisi sono state effettuate
nel tempo da noi in quattro laboratori diversi e gl’inquinanti trovati
sono sempre stati piuttosto differenti, ricordando la presenza
relativamente frequente dell’acciaio in particelle, però, contenenti quasi in ogni caso anche altri elementi variabili oltre al ferro, al cromo e al nichel, e con forme anche molto diverse.
Sulle riviste ci sarebbe moltissimo da dire. In breve e lasciando da parte il fatto che, come scrive il redattore capo di The Lancet,
almeno metà di ciò che diffondono è falso, sono tutte pesantemente
sponsorizzate dalle ditte farmaceutiche e nessuna oserebbe mai
pubblicare qualcosa che metterebbe a rischio l’arrivo dei quattrini di
cui non potrebbero fare a meno, pena la chiusura. Diversi risultati,
comunque, sono stati pubblicati sul libro A.M Gatti e S. Montanari – Case Studies in Nanotoxicology and Particle Toxicology – edito da Elsevier Academic Press
(il maggiore editore medico del mondo) con un testo passato attraverso
il setaccio severissimo di scienziati anonimi. A livello divulgativo i
risultati si trovano in S. Montanari, A.M. Gatti – Vaccini: Sì o No? – Macroedizioni.
Resta il fatto ovvio che un veleno è tale sia che il suo nome sia
pubblicato su una rivista medica sia che sia pubblicato sul compianto Corriere dei Piccoli sia che non sia pubblicato affatto. Ma poi, se io racconto fandonie, perché non arrivano i Carabinieri con i pennacchi e con le armi a portarmi via, magari in manicomio?
Proseguendo con le risposte, dire che le particelle sono o potrebbero essere innocue significa semplicemente ignorare almeno gli ultimi 15 anni di Medicina,
cosa che, ahimè, è tristemente diffusa tra i medici la cui cultura è
quella che viene fatta loro arrivare dalle ditte farmaceutiche, ormai da
anni le detentrici assolute della cultura sanitaria, troppo spesso
distorta a fini di lucro, che viene fatta passare diventando una sorta
di verità rivelata senza necessità di supporto obiettivo. Anzi, chi
osasse chiedere dimostrazioni reali sarebbe condannato per eresia. I
medici che fanno eccezione e che vorrebbero il diritto di usare il
proprio discernimento rischiano il posto e, magari, addirittura sanzioni
penali.
Pretendere che gl’inquinanti sarebbero solo nei campioni analizzati (che sono ormai davvero tanti) equivale a credere che si possa vincere alla lotteria tutte le settimane per mesi di seguito senza sbagliare un colpo.
È chiaro che, quando sono coinvolti nel tema personaggi la cui carriera
e la cui prosperità dipendono dalla “generosità” di un più o meno
corposo elenco di case farmaceutiche e quando chi fa informazione tiene
famiglia, i risultati non possono altro che essere le mortificanti
stravaganze che ci troviamo abitualmente servite in tavola nella più
totale indifferenza quando non tra gli applausi. Dal canto mio, io ho
tutto da perdere analizzando i vaccini ma, per me da sempre, la
coscienza ha il sopravvento e a ficcare il naso continuo.
Da ultimo, chiarisco la mia posizione per
chi ancora non l’avesse colta. Se vogliamo salvare i vaccini per quello
che, eventualmente, ci possono dare, dobbiamo liberarli dalle porcherie
che contengono (che non sono solo le particelle) e da tutta la
sottocultura, le squallide menzogne e gli ancora più squallidi interessi
che li soffocano. Fare pulizia in ogni senso è ormai improrogabile. Che vogliamo fare?
Stefano Montanari
Laboratorio Nanodiagnostics
Modena
Riproduzione riservata ©
fonte: http://autismovaccini.org/2016/03/02/vaccini-che-vogliamo-fare/
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