E così l’Iran è di nuovo demonizzato dall’Occidente perché “provocatorio” e “destabilizzante”. Come mai? L’accordo sul nucleare non doveva forse riportare l’Iran all’interno del “concerto di nazioni” diretto dall’Occidente?

Al Consiglio di Sicurezza dell’Onu si discuterà di nuovo dell’Iran. La ragione: i recenti test di missili balistici che, secondo l’Occidente, “sarebbero in grado di portare armi nucleari” – in presunta violazione del Risoluzione 2231 del 2015 del Consiglio di Sicurezza Onu.

Questo è falso. Teheran ha compiuto dei test di lancio con missili balistici agli inizi di marzo. La Guida Suprema, l’ayatollah Khamenei, ha sottolineato come i missili siano vitali per la futura difesa dell’Iran. I missili balistici non hanno niente a che vedere con il programma nucleare iraniano; e ciò nonostante, Washington continua a portare il fatto sul tavolo di discussione di una artefatta crisi nucleare.

La Russia è, ovviamente, a conoscenza di ciò. Il capo del Dipartimento per la non Proliferazione e per il Controllo degli Armamenti, Mikhail Ulyanov, ha dovuto nuovamente intervenire pubblicamente nel dibattito, affermando che i test dei missili balistici non infrangono la risoluzione Unsc.

Che cos’altro c’è di nuovo? Nient’altro. Washington continuerà a fare pressione su Teheran per una fondamentale ragione; gli Usa non hanno ottenuto i diritti sul gas che si aspettavano a seguito dell’accordo nucleare. L’Iran privilegia la vendita di gas naturale ai clienti europei ed asiatici. L’obbiettivo è l’integrazione eurasiatica.

Mare americano meridionale, qualcuno se ne ricorda?
Anche la Cina sta subendo continue pressioni in merito al Mare Cinese Meridionale. Pechino decisamente non è preoccupata. Tanto più Washington e Tokyo aumentano la pressione, tanto più Pechino consolida la propria presa sulle isole Paracel e Spratly. Ad ogni modo il vero nodo della questione si trova ancora più a sud.
Per la Cina è vitale mantenere un regolare flusso di scambi commerciali e di combustibili tramite rotte marittime, a cui però capita di passare attraverso importanti stretti. Questi stretti – e specialmente lo stretto di Malacca – sono controllati dall’Indonesia, Malaysia e Singapore.
L’Indonesia non ha assolutamente niente da guadagnarci da un confronto con la Cina. E Pechino, da parte sua, considera Jakarta come uno stato pacifico. Quello che conta per Jakarta è in realtà rafforzare i legami commerciali marittimi con Pechino. Stesso discorso per Kuala Lumpur – anche se Malaysia e Cina hanno in realtà le loro, decisamente non apocalittiche, diatribe sul Mare Cinese Meridionale.

La prassi (retorica) americana vomita il suo usuale fiume di buone parole. Ma cosa pianifica di fare l’Impero del Caos? Conquistare il Mar Cinese Meridionale? Ordinare a Indonesia e Malesia di non migliorare ulteriormente i propri – mutualmente profittevoli – legami economici con Pechino?

Continuiamo a girare
Poi c’è anche la NATO. Già diversi personaggi importanti tra i vertici del potere a Washington sono stufi del turbolento Sultano Erdogan, “alleato NATO”. Ciò malgrado comincia a circolare l’idea – messa in giro dai Padroni dell’Universo, che controllano l’ormai uscente amministrazione Obama – che si ricorrerà alla Turchia per rinforzare una NATO già abbastanza anti-Russa, naturalmente con l’intero procedimento coperto dalla retorica dell’antiterrorismo. Il fatto che Ankara stia ricattando l’UE per raggiungere i propri obbiettivi pratici, è scartato come irrilevante. Questa è una classica politica di depistaggio.
Ciò nonostante non è ancora chiaro come la Turchia, “l’alleato della Nato”, possa continuare ad agire in Siria, considerando che Washington e Mosca potrebbero – e la parola chiave è “potrebbero” – aver raggiunto un importante accordo.
Questo non vuol dire che la pressione sulla Russia sarà alleviata da qui a poco. Il Pentagono ha annunciato che spenderà 3.4 miliardi di dollari per schierare nell’est Europa armamenti e centinaia di truppe “ruotanti” americane al fine di contrastare – indovinate un po’ – “l’aggressione russa”. Il Pentagono ha detto questo dopo aver annunciato che avrebbe quadruplicato i fondi per la cosiddetta Iniziativa di Rassicurazione Europea nell’anno fiscale 2017, in attesa di approvazione da parte del Congresso; approvazione che, ovviamente, è scontata.

Mosca non è davvero preoccupata. Il contingente americano sarà di circa 4.500 uomini. Poi ci saranno una manciata di veicoli da combattimento Bradley, Humvee, obici semoventi Paladin e forse, entro il 2017, una brigata di Stryker. Nessuna forza aerea. Forse giusto lo strano Warthog [A-10 Thunderbolt II, NdR]. Questa non è altro che messa in scena per calmare gli isterici vassalli baltici.

Cantiamo “Under Pressure”
Pressioni sull’Iran. Pressioni sulla Cina. Pressioni sulla Russia – includenti il (fallito) piano di distruggere l’economia russa usando la produzione petrolifera della gang del petrodollaro del Consiglio di Cooperazione del Golfo, anche se questo avrebbe significato la distruzione dell’industria petrolifera americana, contro gli interessi nazionali Usa.

La Siria ha crudelmente mostrato le potenzialità militari russe ai veri signori dell’Impero del Caos – e questo li ha lasciati confusi e storditi. Fino alla campagna siriana l’intero sforzo era concentrato sulla Cina, specialmente sui missili cinesi in grado di colpire i satelliti americani che guidano i missili intercontinentali e i missili crociera, così come in grado di abbattere qualsiasi minaccia in arrivo anche se viaggiante ad un velocità superiore a quella di un missile intercontinentale. Un sottomarino silenzioso cinese capace di emergere senza essere rilevato vicino alle portaerei americane completava poi il panico americano. 

Ora però i padroni hanno capito che il Pentagono è ancora più debole se paragonato alla Russia. Perciò la Russia, e non la Cina, è ora la prima delle “minacce esistenziali”.

Certamente se la Polonia, l’Ungheria, la Bulgaria e la Turchia, per non parlare della Francia e del Regno Unito, avessero idea di di quanto gli Usa costituiscano una minaccia ben più temibile di quella dei Russi, allora la Nato potrebbe crollare definitivamente, e l’intero “Occidente” potrebbe finalmente uscire dall’egemonia dall’Impero del Caos. E come se le cose non fossero già abbastanza drammatiche, l’intrattenitore televisivo Donald Trump lascia capire che gli Usa dovrebbero staccarsi dalla Nato – immaginate la sua dissoluzione sotto il governo Trump, proprio mentre la UE implode/si disintegra.

Potrebbe essere illuminante tornare indietro a quel che successe 9 anni fa, all’incontro di sicurezza di Monaco. Vladimir Putin avrebbe potuto aspettarselo, se non nel dettaglio almeno a grandi linee. L’inevitabile espansione geo-economica della Cina tramite la One Belt, One Road (OBOR), la denominazione ufficiale della Nuova Via della Seta – destinata ad unificare l’Eurasia. Il continuo progresso dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), passata da una comunità economico-commerciale asiatica ad una sorta di comunità Nato-asiatica. Il successo della coalizione “4+1” in Siria dovrebbe essere letto come un precursore del sempre maggiore ruolo internazionale della SCO.

L’unica cosa che rimane da fare all’Impero del Caos nel fronte eurasiatico è l’illusorio tentativo di circondare sia la Russia che la Cina, mentre entrambi continuano in realtà ad espandersi attraverso il cuore dell’Eurasia, smaltendo dollari e comprando oro, firmando una cascata di contratti in Yuan e vendendo gas e petrolio a destra e a manca. Sotto pressione? Bé, con le parole della canzone dei Queen e di David Bowie: it’s the terror of knowing/What this world is about/Watching some good friends/Screaming, “Let me out!” (È il terrore di sapere cos’è davvero questo mondo/ Guardi qualche buon amico che grida “fatemi uscire”!)

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Articolo di Pepe Escobar pubblicato da Sputniknews il 31 Marzo 2016
Traduzione in Italiano a cura di Gregorio Ventura per Sakeritalia.it

http://sakeritalia.it/medio-oriente/iran/niente-di-nuovo-sul-fronte-eurasiatico/