Per molti intellettuali statunitensi le dichiarazioni provocatorie e politicamente scorrette di Donald Trump sono un altro pretesto ideologico che gli consente di esprimere “sostegno critico” all’ordine esistente, incarnato da Hillary Clinton. Il fatto che Hillary sia la candidata del capitale finanziario e che intenda attuare una politica estera estremamente aggressiva, non è un segreto per nessuno. Ma tutto questo è assai meno importante della correttezza politica.
Dopo tutto, Hillary non si permette mai d’insultare qualsiasi minoranza, o meglio, non negli ultimi due decenni, quando la correttezza politica è diventata norma a Washington. In tale contesto, le accuse di Donald Trump di “fascismo” sono un ritornello della campagna di Clinton.
Paradossalmente, tali accuse non sono rivolte a Trump, ma piuttosto contro Bernie Sanders e i suoi sostenitori. Dato che Trump è il “male assoluto”, tutti dovrebbero unirsi intorno al “male minore” rappresentato da Hillary, mentre il senatore del Vermont, che si consolida, deve lasciare la scena. È significativo che tale sentimento sia espresso non solo dal noto economista Paul Krugman, che improvvisamente ha dimenticato tutte le dure condanne alla politica neoliberista dei democratici, ma anche da Noam Chomsky, senza dubbio autorità morale della sinistra. La differenza tra Krugman e Chomsky è ovviamente enorme. Il primo chiaramente aspira a un posto nella nuova amministrazione.
Il suo attacco aggressivo alla campagna di Sanders e sostenitori ha già provocato uno scandalo e minato la reputazione dell’economista. Chomsky, al contrario, esprime continuamente rispetto e simpatia per Sanders, ma ribadisce che, in nome della lotta a Trump, sosterrà Clinton, non importa quanto disgustosa sia la sua politica, quanto orribili le conseguenze di tale scelta. In realtà, la discussione è su come mantenere e rafforzare l’attuale male dominante per impedire, certo, un ipotetico male di cui non si sa null’altro se non che noi stessi lo definiamo peggiore, ovviamente. Il punto non è solo il lato morale della questione. Gli intellettuali dotati di spirito critico in gran parte sono divenuti ostaggi del sistema esistente, e non solo istituzionalmente, dato che sono parte del sistema, in un modo o nell’altro, ma ciò che è di gran lunga peggiore, lo sono intellettualmente.
Mentre proclamano utopie e “alternative”, non sanno pensare in termini di politica pratica, senza rendersi conto che la rottura con l’ordine stabilito comporta rischi, drammi e sfide che richiedono un coraggio notevole. Il comfort intellettuale e morale è garantito dal conservatorismo pratico che costoro nascondono a se stessi, ripetendo insensati mantra “progressisti”.
Nel momento in cui l’élite intellettuale di sinistra è confusa e divisa, i gruppi settari cercano solo d’ignorare ciò che accade proclamando che non vi è alcuna differenza tra i due candidati nelle primarie democratiche. Tuttavia, non è un caso che la leadership del Partito Democratico faccia di tutto per bloccare la campagna Bernie Sanders, nonostante nei sondaggi sembri molto più attraente come candidato in lotta con Trump.
Anche la macchina repubblicana combatte attivamente Trump, anche se con meno successo: non può o non vuole applicare il “gioco sporco” a cui i loro colleghi e rivali del Partito Democratico ricorrono. E’ impossibile spiegare cosa succeda nelle esclusive macchinazioni di Hillary per compiere tutto ciò che le serve per diventare presidente degli Stati Uniti. La storia delle “misteriose” trascrizioni delle osservazioni fatte da Clinton ai capi della Goldman Sachs ci fornisce alcuni indizi che aiutano a capire cosa succede.
Nonostante che il rifiuto di pubblicare il testo del discorso infligga un duro colpo alla sua reputazione, e sia costantemente usato dagli avversari, ha sempre rifiutato di farlo. Ovviamente il contenuto delle trascrizioni è così compromettente che è meglio perdere voti col rifiuto di divulgarle, che perdere ogni possibilità di vittoria in caso di pubblicazione. Tuttavia, le informazioni sul contenuto delle trascrizioni s’insinua a poco a poco nei media. I dipendenti di Goldman Sachs presenti alla presentazione dicono che l’ex-first lady in realtà discusse coi banchieri di come spartirsi il bilancio nazionale.
Anche se Goldman Sachs da tempo riceve direttamente o indirettamente ingenti fondi pubblici (indipendentemente da chi sia al potere, democratici o repubblicani), il riconoscimento pubblico di tale collusione, soprattutto ora, può non solo rovinare la reputazione della candidata, ma anche danneggiare la banca. Sembra che Clinton ne sia preoccupata, non meno del proprio futuro politico. Le trascrizioni delle osservazioni presso la Goldman Sachs rappresentano il vero e proprio programma politico, non solo di Clinton, ma anche delle istituzioni di Washington, indipendentemente dalle differenze di partito.
Tuttavia, gli avversari di Clinton non sono legati al capitale finanziario e, in caso di vittoria, senza dubbio limiterebbero, se non fermare, la “distribuzione” dei fondi nazionali, motivo per cui le principali banche fioriscono nella crisi economica. Sanders è diventato famoso pochi anni fa, quando organizzò un audit della Federal Reserve per scoprire come quasi 13 miliardi di dollari si dispersero nei meccanismi “grigi” delle banche interessate. Trump, che esprime gli interessi edili e del capitale industriale, è interessato a costringere i banchieri a prestare alla produzione interna con bassi interessi, e perciò gli è necessario porre fine alla politica sul denaro prestato alle banche dallo Stato per i mercati speculativi.
Il significato di lotta di classe è chiaro. Se Sanders potesse, forse per la prima volta nella storia degli Stati Uniti si avrebbe un blocco social-democratico formato da dipendenti e classe operaia con una giovane classe media arrabbiata, e Trump capeggerebbe la rivolta della borghesia industriale contro il capitale finanziario, anche con il supporto di gran parte degli operai. L’unica differenza è che nel caso di Sanders si vedrebbe un movimento basato sulla solidarietà di classe (orizzontale), mentre Trump offrirebbe solidarietà aziendale (verticale).
Tale situazione è del tutto naturale per la classe operaia, che non solo ha interessi sociali comuni, ma rientra nel sistema di relazioni professionali e industriali che, in certe situazioni, le farebbe sostenere certi gruppi della borghesia legati alla classe operaia in virtù della produzione aziendale e delle logiche di mercato. Dal punto di vista dell’ideologia di sinistra, la prima opzione solidaria è progressiva, mentre la seconda è reazionaria. Ma entrambe le rivolte sono pericolose per il capitale finanziario. Si parla di blocco delle liquidità per miliardi di dollari che consente a banche e loro politici corrotti di vivere da parassiti a spese dell’economia reale.
La politica di Clinton è un classico esempio di suddivisione della società in numerosi gruppi d’interesse, impedendo l’integrazione orizzontale. Non è un caso che la crisi del movimento operaio e della politica di classe in occidente prosegue celebrando multiculturalismo e correttezza politica. E la diffusione della correttezza politica, a sua volta, storicamente coincide con la “finanziarizzazione” dell’economia, in altre parole con la massiccia redistribuzione delle risorse a favore del settore bancario.
Da un lato, il capitale trionfa sul lavoro, derubato di una parte significativa delle conquiste sociali del ventesimo secolo. Ma dall’altra parte, la classe capitalista aveva la propria redistribuzione della ricchezza, e le élite finanziarie s’è appropriata di quasi tutti i frutti di tale vittoria. Non sorprende che tale situazione avanzi non solo nella classe operaia, ma anche in parte della borghesia. E gli attacchi di Trump alla correttezza politica non sono affatto manifestazione di sentimenti, sfrenatezza e maleducazione personali; ma è una strategia consapevole per consolidarsi in quei gruppi sociali che hanno sofferto la dittatura del politicamente corretto, colpiti praticamente e finanziariamente dalla perdita di reddito, posti di lavoro e ricavi.
La propaganda di Trump è abbastanza razionale e non è efficace perché, come gli intellettuali pensano, sfrutta sentimenti e pregiudizi della gente, ma perché ne riflette i reali interessi, anche se espressi in forma distorta. Il miliardario sbeffeggia solo i gruppi che non lo voteranno comunque. Ma consolida le voci di milioni di bianchi (e in realtà non solo bianchi) della classe lavoratrice stanchi della correttezza politica. E anche con le dichiarazioni di Trump, che appaiono a molti abbastanza ridicole e aneddotiche, come ad esempio la promessa di costruire un muro per recintare il Messico, in effetti non lo sono.
Dopo tutto, se la costruzione del muro iniziasse davvero, creerebbe centinaia di migliaia di posti di lavoro non solo negli Stati Uniti ma anche dall’altra parte del confine. In realtà, questo è un altro programma keynesiano, anche se abbastanza assurdo per la logica ordinaria. Quindi la dichiarazione di Trump che il Messico finanzierà il muro non è infondata. Per l’economia degli Stati settentrionali del Messico il progetto non sarà solo vantaggioso, ma farà risparmiare. Non ferma la migrazione illegale dall’altra parte del confine, naturalmente, ma creerà incentivi per lo sviluppo della produzione regionale, il cui sostentamento attualmente dipende principalmente da traffico di droga ed immigrazione clandestina.
La storia è più complicata delle offese alle donne. Da un lato, in realtà provoca indignazione tra i bianchi istruiti statunitensi abituati ad atteggiamenti completamente diversi. Ma dall’altra parte pone la questione: queste donne lo voterebbero anche se Donald mostrasse più tatto? Allo stesso tempo, nonostante tali dichiarazioni (o forse a causa di esse), il bullo Trump si guadagna la reputazione di “vero uomo”, rude ma sincero, su cui fare affidamento e che può attrarre tra le donne meno istruite della società. Naturalmente, non c’è nulla di progressivo nell’ideologia di Trump. Ma non si tratta di ideologia, che oggi non serve da fattore di mobilitazione sociale, ma come strumento di manipolazione.
La sconfitta del capitale finanziario, a prescindere da chi lo consegua, aprirebbe una nuova era nello sviluppo della società occidentale, e creerebbe inevitabilmente le condizioni per rafforzare la posizione della classe operaia e la ripresa delle sue organizzazioni. In altre parole, Hillary incarna il progetto più reazionario nel quadro del moderno sviluppo capitalistico, e l’assenza di volontà dei sostenitori di Bernie a votarla, se il candidato socialista se ne uscisse, non è solo emotiva, ma del tutto razionale, politicamente, socialmente e moralmente. Nel contesto dell’attuale situazione politica, il tentativo di fare di Trump il “male assoluto” non è altro che un tentativo di mobilitare la gente per proteggere lo status quo solo per evitare qualsiasi cambiamento.
Ma il cambiamento c’è, non solo per logica politica e sociale, ma anche perché la possibilità di mantenere il modello neoliberista del capitalismo è oggettivamente esaurita. E se la sinistra non vuole e non può combattere, sarà il populista di destra Donald Trump negli Stati Uniti o Marine Le Pen in Francia ad infliggere un colpo fatale a tale ordine. In questo caso, sarà possibile, naturalmente, indignarsi per i “pregiudizi” e l'”irresponsabilità” della classe operaia, ma la vera responsabilità morale ricade sugli intellettuali di sinistra che, in tempi di crisi, hanno mostrato la loro posizione di classe, agendo da sostenitori delle idee e difensori degli interessi del capitale finanziario.
Boris Kagarlitskij, Global Research, 19 giugno 2016
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
https://aurorasito.wordpress.com/2016/06/22/chi-ha-paura-di-donald-trump-la-sinistra-sta-con-hillary/
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