L’espansione
militare degli Stati Uniti di solito è accompagnata da un appuntamento
fisso nella politica estera statunitense: la pressione delle sanzioni
contro la Russia. Gli USA ora agiscono senza riguardo per il diritto
internazionale, costruendo la propria coalizione contro la Russia e
l’Iran. Ma adesso Mosca e Teheran agiscono in comune per costringere gli
statunitensi a prendere in considerazione e rispettare gli interessi
nazionali dei nostri Stati. Esemplificativo a tal proposito, è il serio
aggiustamento della posizione della Russia sull’Iran, in particolare nei
negoziati sul programma nucleare iraniano e la situazione della Siria.
Recentemente, il segretario di Stato John Kerry ha detto che sulla
questione della crisi in Ucraina contro la Russia, Stati Uniti
considerano “tutte le opzioni”.
Dopo il ritorno della Crimea alla
Federazione russa, alcuni funzionari degli Stati Uniti hanno esortato
l’adesione nella NATO di Ucraina, Georgia e Moldova, nonché a schierare
truppe e aerei statunitensi in Polonia e nei Paesi baltici. Una
rappresaglia degli Stati Uniti contro la Russia e l’occidente
presumibilmente dovrebbe giusto adottare altre misure dannose per gli
interessi russi. Sull’Iran gli USA rimangono fedeli alle stesse
“opzioni”. Nonostante gli sforzi di Teheran, il presidente Obama afferma
che l’opzione militare è ancora in vigore, e l’Iran non ha fornito agli
statunitensi assicurazioni convincenti sul non impegno nella creazione
di armi nucleari. Come la Russia, l’Iran è circondato basi militari. Gli
Stati Uniti hanno lasciato l’Iraq per il potente gruppo del Golfo,
hanno un grande contingente in Afghanistan e minacciano l’espansione
della NATO nei Paesi del Caucaso meridionale, in realtà minacciando di
trasformare l’Azerbaigian in un trampolino di lancio per la guerra
contro la Repubblica islamica.
Il programma nucleare dell’Iran, oggetto di particolare attenzione
Il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif sottolinea che “il suo Paese e la Russia hanno interessi comuni e Teheran conta sull’aiuto di Mosca nel raggiungere un accordo definitivo“. Il Viceministro degli Esteri Sergej Rjabkov, che dirige la delegazione russa ai colloqui dei “Sei”, dice che “la Russia risponderà “alzando la posta” dei negoziati sul programma nucleare iraniano, tenendo conto degli sviluppi in Ucraina“. Teheran ha il diritto di aspettarsi che Mosca risponda ponendo severi requisiti nel far rispettare all’occidente le disposizioni per il ritiro graduale delle sanzioni all’Iran. Attualmente vi sono quattro risoluzioni per le sanzioni contro l’Iran, oltre a quelle che violano il diritto internazionale: le sanzioni unilaterali di Stati Uniti ed Unione europea, che la Russia vede come una riduzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, e ritiene che illegittimamente danneggino i negoziati. Ciò è dovuto agli Stati Uniti che seguono una politica non dettata dal diritto internazionale ma dalla legge della forza. Perché l’ONU ancora non risponde? Ad esempio, nelle ultime tre settimane, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha tenuto otto riunioni sulla crisi in Ucraina, il cui elemento chiave è il desiderio d’isolare diplomaticamente la Russia. Gli Stati Uniti non comprendono l’inutilità di tali sforzi, perché Mosca da membro permanente del Consiglio può porre il veto su qualsiasi decisione di tale organismo. Come per tutte le ultime risoluzioni anti-Iran che la Russia non ha supportato.
Il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif sottolinea che “il suo Paese e la Russia hanno interessi comuni e Teheran conta sull’aiuto di Mosca nel raggiungere un accordo definitivo“. Il Viceministro degli Esteri Sergej Rjabkov, che dirige la delegazione russa ai colloqui dei “Sei”, dice che “la Russia risponderà “alzando la posta” dei negoziati sul programma nucleare iraniano, tenendo conto degli sviluppi in Ucraina“. Teheran ha il diritto di aspettarsi che Mosca risponda ponendo severi requisiti nel far rispettare all’occidente le disposizioni per il ritiro graduale delle sanzioni all’Iran. Attualmente vi sono quattro risoluzioni per le sanzioni contro l’Iran, oltre a quelle che violano il diritto internazionale: le sanzioni unilaterali di Stati Uniti ed Unione europea, che la Russia vede come una riduzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, e ritiene che illegittimamente danneggino i negoziati. Ciò è dovuto agli Stati Uniti che seguono una politica non dettata dal diritto internazionale ma dalla legge della forza. Perché l’ONU ancora non risponde? Ad esempio, nelle ultime tre settimane, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha tenuto otto riunioni sulla crisi in Ucraina, il cui elemento chiave è il desiderio d’isolare diplomaticamente la Russia. Gli Stati Uniti non comprendono l’inutilità di tali sforzi, perché Mosca da membro permanente del Consiglio può porre il veto su qualsiasi decisione di tale organismo. Come per tutte le ultime risoluzioni anti-Iran che la Russia non ha supportato.
Ora il
Cremlino ha una reale ragione nel considerare le azioni statunitensi
mettere a repentaglio la positiva conclusione dei negoziati a “sei” con
l’Iran sul suo programma nucleare. Infatti, fino a poco tempo fa, anche
il disaccordo sulla questione siriana non ha impedito alla Russia e ai
membri occidentali dei “sei” di avere una posizione consolidata
sull’Iran. La situazione in Ucraina ha portato alla peggiore crisi da
“guerra fredda” nelle relazioni tra Russia e occidente. Washington teme
che la Russia non sarà più incline al compromesso, e Teheran potrebbe
avere la possibilità di “stare con noi”, cioè di uscirsene da tale
situazione senza concessioni importanti. Parliamo delle sanzioni che
l’occidente usa quale principale strumento di pressione su Teheran.
Recentemente, durante un viaggio negli Stati Uniti, Netanyahu ha
rilasciato una dichiarazione congiunta al Comitato dell’American Israel
Public Affairs (AIPAC) e alla Federazione ebraica del Nord America
(JFNA) sulla disponibilità ad appoggiare nuove sanzioni contro l’Iran.
Sostituendo l’Agenzia internazionale dell’energia atomica (AIEA), Tel
Aviv si è nominato ispettore capo dell’accordo con Teheran dei “sei”, e
gli statunitensi l’aiutano su ciò.
Negli Stati Uniti le sanzioni antiraniane sono diventate una follia nazionale. Il professore di psicologia statunitense Joy Gordon, nel suo recente articolo “Il costo umano delle sanzioni contro l’Iran“, ha citato un caso negli Stati Uniti di studenti iraniani cui fu negato in un negozio Apple, nello Stato della Georgia, di comprare iPad. Questa è pura discriminazione etnica, perché negli USA non esiste una legge che vieta alle aziende statunitensi di vendere ai cittadini di origine iraniana beni elettronici di consumo. I cittadini di origine iraniana non riescono a trovare una banca per inviare denaro ai genitori. Le aziende farmaceutiche con contratti legali con partner iraniani, non possono effettuare i pagamenti ed inviare medicine in Iran. Ha ragione il Presidente Ruhani quando valuta le sanzioni degli Stati Uniti come violazione inaudita dei diritti degli iraniani.
Le decisioni delle
Nazioni Unite non hanno alcun regione per tale cinismo statunitense, la
posizione dell’Iran deve essere sostenuta dalla Russia nel Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite, dove è logico discutere le decisioni
della comunità internazionale e degli obblighi previsti dagli accordi di
Ginevra sul programma nucleare iraniano. A quanto pare, è necessario
porre la questione degli accordi USA-UE sulla revoca delle sanzioni. E
gli statunitensi hanno sempre bisogno di chiedere il più spesso
possibile all’arbitro a capo della comunità internazionale, relazioni
sul “lavoro svolto”. Ciò che definiscono bianco oggi, agli occhi della
comunità mondiale ha un aspetto molto nero. Non c’è alcun dubbio sul
fatto che per il Consiglio di Sicurezza, tale pratica è svantaggiosa,
perché molte decisioni recenti degradano le azioni del Consiglio nel
mondo con la scusa delle pressioni statunitensi. Così è stato, ad
esempio, rivedendo l’invito all’Iran per la conferenza internazionale
sulla Siria di “Ginevra-2″.
Nella questione siriana, spalla a spalla con l’Iran
Ricordiamo che non c’è alcun disgelo nelle relazioni tra Washington e Teheran, alcuna concessione diplomatica iraniana nei negoziati sul programma nucleare iraniano cambierà la posizione degli Stati Uniti nel respingere la presenza dell’Iran nella riconciliazione siriana. Supportando l’invito all’Iran del segretario generale Ban Ki-moon, la Russia non ha convinto l”amministrazione statunitense sulla fattibilità della partecipazione iraniana. Il Cremlino procedeva dal fatto che il successo di “Ginevra-2″ fosse possibile solo se la rappresentanza di tutti, compreso l’Iran, avrebbe soprattutto influenzato la crisi in Siria. Tuttavia, rimanendo agli eventi principali in Siria, Teheran fu spinta dagli sforzi internazionali per risolvere il conflitto. Washington voleva provocare l’Iran e infastidire Mosca, che ha dimostrato correttezza politica, o meglio non ha mostrato sufficiente durezza. L’Iran non poteva non notarlo, molti esperti hanno ritenuto che l’indecisione del Ministero degli Esteri russo, nel contesto delle aspirazioni condivise dalla Russia, era dovuta al fatto che non volesse aggravare i rapporti con gli Stati Uniti. Secondo gli iraniani, la ricerca di una partnership paritaria con l’occidente non ha senso. Stati Uniti e NATO non hanno abbandonato l’introduzione violenta di norme contrarie a politica estera, interessi nazionali o tradizioni, religione e cultura di altre nazioni. Le azioni di Stati Uniti e occidentali in Siria, Libia, Iraq, Afghanistan sono la conferma visiva di tale posizione. Sorprendentemente, anche il capo della diplomazia dell’Unione europea Catherine Ashton che, senza il consenso di Londra non berrebbe nemmeno un sorso d’acqua, sempre sullo sfondo della crisi ucraina, ritiene assai importante il ruolo della Russia nella risoluzione del conflitto siriano.
Ricordiamo che non c’è alcun disgelo nelle relazioni tra Washington e Teheran, alcuna concessione diplomatica iraniana nei negoziati sul programma nucleare iraniano cambierà la posizione degli Stati Uniti nel respingere la presenza dell’Iran nella riconciliazione siriana. Supportando l’invito all’Iran del segretario generale Ban Ki-moon, la Russia non ha convinto l”amministrazione statunitense sulla fattibilità della partecipazione iraniana. Il Cremlino procedeva dal fatto che il successo di “Ginevra-2″ fosse possibile solo se la rappresentanza di tutti, compreso l’Iran, avrebbe soprattutto influenzato la crisi in Siria. Tuttavia, rimanendo agli eventi principali in Siria, Teheran fu spinta dagli sforzi internazionali per risolvere il conflitto. Washington voleva provocare l’Iran e infastidire Mosca, che ha dimostrato correttezza politica, o meglio non ha mostrato sufficiente durezza. L’Iran non poteva non notarlo, molti esperti hanno ritenuto che l’indecisione del Ministero degli Esteri russo, nel contesto delle aspirazioni condivise dalla Russia, era dovuta al fatto che non volesse aggravare i rapporti con gli Stati Uniti. Secondo gli iraniani, la ricerca di una partnership paritaria con l’occidente non ha senso. Stati Uniti e NATO non hanno abbandonato l’introduzione violenta di norme contrarie a politica estera, interessi nazionali o tradizioni, religione e cultura di altre nazioni. Le azioni di Stati Uniti e occidentali in Siria, Libia, Iraq, Afghanistan sono la conferma visiva di tale posizione. Sorprendentemente, anche il capo della diplomazia dell’Unione europea Catherine Ashton che, senza il consenso di Londra non berrebbe nemmeno un sorso d’acqua, sempre sullo sfondo della crisi ucraina, ritiene assai importante il ruolo della Russia nella risoluzione del conflitto siriano.
Parlando ad un forum internazionale a Bruxelles, ha
notato che quando si parla di politica estera, “la Russia ha un ruolo”.
L’UE ha bisogno di Mosca per risolvere il problema con la Siria e
l’Iran, ma la solidarietà della Russia con l’occidente è ora necessaria
su questi temi? La situazione attuale dell’Ucraina è dovuta a Stati
Uniti, Germania e Francia. Contavano sul denaro di Arabia Saudita, Qatar
e monarchie del Golfo, sul coinvolgimento attivo dei servizi speciali
d’Israele, dal 2004, quando iniziarono ad interferire grossolanamente
negli affari interni dell’Ucraina, organizzando, lanciando e sostenendo
il piano “Majdan”, inasprendo il conflitto tra Janukovich e
l’opposizione mentre la Russia chiedeva un atteggiamento sobrio e il
consolidamento del popolo ucraino. Il “ruolo” russo qui non gli era
necessario, Ashton non cercava di cambiare in qualche modo la posizione
dell’Unione europea, attivamente coinvolta nelle vicende ucraine. Sembra
che un esempio di risposta diplomatica russa possa essere un azione del
ministro degli Esteri iraniano. Una settimana fa, prima dell’inizio del
successivo round di colloqui a Vienna, era prevista una cena tra Ashton
e Zarif durante la visita a Teheran, tuttavia gli iraniani l’hanno
pubblicamente annullata in segno di protesta contro il programmato
incontro della baronessa con l’opposizione iraniana.
L’incontro con
l’opposizione iraniana fu preparata con speciale segretezza da esperti
dell’Unione Europea e si tenne presso l’ambasciata austriaca.
L’ambasciatore austriaco fu convocato urgentemente al Ministero degli
Esteri e la leadership iraniana protestò ufficialmente con l’Austria,
avendo ragione di ritenere le azioni di Ashton una provocazione.
Infatti, perché per la prima visita di uno dei capi dell’Unione europea
in Iran in sei anni, e dopo le riunioni ufficiali con esponenti politici
iraniani, tra cui il Presidente Hassan Rouhani, Ashton aveva bisogno di
tale incontro? Soprattutto il tema chiave della sua visita era
discutere il programma nucleare iraniano con una superficiale e
discutibile irrilevante opposizione iraniana. Gli iraniani hanno ragione
a reagire bruscamente agli occidentali che trascurano la loro sovranità
nazionale, quando non rispettano le loro tradizioni e abusano della
loro ospitalità. La diffidenza iraniana verso l’occidente può essere
assunta dalla Russia non solo sulla Siria, ma anche sul problema
afghano.
L’Afghanistan senza gli statunitensi, il nostro obiettivo comune
Le speranze degli Stati Uniti di concludere un accordo con l’Afghanistan sul rischio per la sicurezza non sono reali. Nonostante le intimidazioni alla leadership afgane per le implicazioni sul ritiro completo delle truppe statunitensi, il presidente Hamid Karzai sembra aver finalmente deciso di non firmare l’accordo presentatogli. L’amministrazione Obama, su tale questione, appare esplicitamente nel panico e, come sempre, ne accusa numerosi rivali geopolitici. Il sostegno dell’accordo è favorito da India, Pakistan, Turchia, in Asia Centrale l’unico Paese che si oppone è l’Iran. Teheran crede che la presenza militare di Stati Uniti e NATO avrebbe conseguenze negative per l’Afghanistan e l’intera regione. Le preoccupazioni degli iraniani sull’Afghanistan che potrebbe diventare una leva con cui gli Stati Uniti sfrutterebbero le minacce al confine con l’Afghanistan, sembrano pienamente giustificate. Riguardo la Russia, il ministero degli Esteri russo ha negato la notizia secondo cui il Presidente Vladimir Putin ha esortato l’Afghanistan a firmare l’accordo (tali messaggi provenivano dagli statunitensi). Contro l’accordo Mosca ha agito pubblicamente, anche se in questo caso la nostra diffidenza non era chiara agli iraniani. Gli statunitensi, nel calore anti-russo per il loro fallimento in Afghanistan, vi vedono la “mano del Cremlino” che cerca di ripristinare l’”occupazione sovietica”. La Casa Bianca ha detto che ora che la guerra in Afghanistan giunge al termine, la Russia “rafforza la sua posizione” in Ucraina e Medio Oriente. La posizione inaspettata del presidente afghano Hamid Karzai, con cui il suo Paese rispetta la decisione della Repubblica autonoma di Crimea di aderire alla Russia come espressione della propria libera volontà, non è accettata dagli USA. Ignorano la leadership dell’Afghanistan e il suo tentativo di abbandonare la “democrazia” statunitense. In oltre 12 anni di occupazione NATO dell’Afghanistan, sono morti più di duemila soldati statunitensi e circa un migliaio di altri Paesi della NATO.
Le speranze degli Stati Uniti di concludere un accordo con l’Afghanistan sul rischio per la sicurezza non sono reali. Nonostante le intimidazioni alla leadership afgane per le implicazioni sul ritiro completo delle truppe statunitensi, il presidente Hamid Karzai sembra aver finalmente deciso di non firmare l’accordo presentatogli. L’amministrazione Obama, su tale questione, appare esplicitamente nel panico e, come sempre, ne accusa numerosi rivali geopolitici. Il sostegno dell’accordo è favorito da India, Pakistan, Turchia, in Asia Centrale l’unico Paese che si oppone è l’Iran. Teheran crede che la presenza militare di Stati Uniti e NATO avrebbe conseguenze negative per l’Afghanistan e l’intera regione. Le preoccupazioni degli iraniani sull’Afghanistan che potrebbe diventare una leva con cui gli Stati Uniti sfrutterebbero le minacce al confine con l’Afghanistan, sembrano pienamente giustificate. Riguardo la Russia, il ministero degli Esteri russo ha negato la notizia secondo cui il Presidente Vladimir Putin ha esortato l’Afghanistan a firmare l’accordo (tali messaggi provenivano dagli statunitensi). Contro l’accordo Mosca ha agito pubblicamente, anche se in questo caso la nostra diffidenza non era chiara agli iraniani. Gli statunitensi, nel calore anti-russo per il loro fallimento in Afghanistan, vi vedono la “mano del Cremlino” che cerca di ripristinare l’”occupazione sovietica”. La Casa Bianca ha detto che ora che la guerra in Afghanistan giunge al termine, la Russia “rafforza la sua posizione” in Ucraina e Medio Oriente. La posizione inaspettata del presidente afghano Hamid Karzai, con cui il suo Paese rispetta la decisione della Repubblica autonoma di Crimea di aderire alla Russia come espressione della propria libera volontà, non è accettata dagli USA. Ignorano la leadership dell’Afghanistan e il suo tentativo di abbandonare la “democrazia” statunitense. In oltre 12 anni di occupazione NATO dell’Afghanistan, sono morti più di duemila soldati statunitensi e circa un migliaio di altri Paesi della NATO.
Il numero
esatto di vittime tra la popolazione civile dell’Afghanistan non può
essere contato. Secondo varie fonti, vanno da 18 a 23mila civili. Molte
le vittime di azioni errate o inette delle truppe NATO. Gli Stati Uniti
hanno speso più di 100 miliardi dollari in assistenza non militare, ma
gli afghani credono che il denaro stanziato da Washington sia finito ai
loro burattini. E’ triste, ma la vera crescita è evidente solo
nell’economia della droga, una conquista davvero sconcertante per gli
Stati Uniti. L’Afghanistan è diventato il maggiore produttore mondiale
di droga, il cui transito è combattuto con maggior successo proprio
dall’Iran, sulla via della morte bianca per l’Europa. Si noti che la
droga, importante, ma non principale fonte di finanziamento dei taliban,
passa principalmente dagli alleati degli Stati Uniti nel Golfo Persico.
Non c’è nulla di sorprendente nel fatto che Teheran si opponga
all’intervento dell’Arabia Saudita e delle monarchie del Golfo in
Afghanistan, e ciò non contrasta gli interessi della Russia. E in questo
senso il potenziale non usato dei nostri Paesi è elevato, abbiamo
bisogno di soluzioni innovative in Medio Oriente e di passi coraggiosi
senza riguardo per gli statunitensi, e soprattutto dei loro amici
implacabili che seminano guerra e sangue.
E’ tempo di agire senza gli statunitensi
Il presidente russo Vladimir Putin ha detto che
Il presidente russo Vladimir Putin ha detto che
“la situazione in Ucraina, come uno specchio, riflette ora ciò che è accaduto negli ultimi decenni nel mondo. Dopo la scomparsa del sistema bipolare, il pianeta non ha più stabilità. La fede degli statunitensi nella loro esclusività, li ha autorizzati a decidere il destino del mondo“,
gli Stati
Uniti elemosinano una risposta adeguata. Parliamo di un errore
grossolano degli Stati Uniti e dei suoi alleati europei. In tale
situazione, l’Ucraina ne soffre più di altri, però, con l’introduzione
di sanzioni di ritorsione verso Mosca prive di motivi umanitari.
Chiaramente gli Stati Uniti non aiuteranno il popolo ucraino, l’Ucraina
non avrà la sponsorizzazione statunitense che ha lo Stato d’Israele. La
strategia vaga e pericolosa del presidente Obama, dell’imprevedibile
generazione dei “baby boomers“, potrà divenire assai sensibile
alla “risposta iraniana” di Mosca. In primo luogo, dobbiamo ripristinare
urgentemente la piena cooperazione tecnico-militare con l’Iran, senza
badare agli Stati Uniti e alle sue limitazioni.
La recente risoluzione
del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che vieta il PTS con
Teheran può essere ignorata. La leadership iraniana s’è impegnata a
stipulare a luglio di quest’anno l’accordo finale sul suo programma
nucleare, che dovrebbe abolire le sanzioni internazionali con la
formalità del protocollo delle Nazioni Unite. Qualsiasi speculazione a
tale proposito del segretario generale Ban Ki-moon, i suoi tentativi di
guadagnare tempo con falsi pretesti, l’isteria di Stati Uniti, Francia,
Israele e altri Stati riluttanti a far uscire dalle sanzioni all’Iran,
vanno semplicemente ignorati. La riluttanza dell’UNSC nel risolvere tale
problema, inoltre, non deve fermare la Russia, l’elevata dipendenza
dell’ente e del suo segretario generale dagli Stati Uniti, lo si nota
quando si concentrano senza alcuna ragione sull’approvazione degli Stati
Uniti.
Sulla via del ritorno alla cooperazione militare con l’Iran v’è una pietra posta sul sentiero, che non è un segreto per nessuno. La causa dell’Iran con la Russia in connessione con il fallimento del contratto per la fornitura dei sistemi missilistici di difesa aerea S-300 sarà revocata nel caso Teheran abbia serie garanzie russe. La causa sarà ritirata dagli iraniani e la perdita finanziaria compensata con nuovi contratti. Nel frattempo, l’avvio di negoziati non può essere impedito. Le grandi aziende occidentali, anche degli Stati Uniti, hanno già piazzato i loro manager nei migliori alberghi di Teheran in attesa dell’avvio del mercato energetico iraniano, senza attendere la revoca delle sanzioni delle Nazioni Unite.
In secondo luogo, se l’Iran ha
interesse nella mediazione della Russia nell’esportazione del petrolio, è
possibile procedere senza esitazioni. Inoltre, anche se Teheran non
adotta ora tale richiesta, ha senso dichiarare al mondo intero che
l’embargo unilaterale sulle importazioni di petrolio iraniano di Stati
Uniti e Unione europea, in elusione delle Nazioni Unite, non viene
attuato dalla Russia. Commercia con chi vuole e l’Iran è pronto a farlo
di nuovo, ricevendo un trattamento speciale. Dopo tutto, gli
statunitensi sono sempre stati amici con qualcuno e nemici di qualcun
altro. In terzo luogo, non si può ignorare il blocco finanziario
dell’Iran. I problemi causati da ciò nell’ultimo anno, hanno ridotto il
nostro fatturato a 1,5 miliardi di dollari. A causa delle sanzioni degli
Stati Uniti e occidentali la Russia sul mercato iraniano ha perso oltre
10 miliardi, e la perdita di profitti nel corso degli anni ammonta a
decine di miliardi di dollari. Per ciò per quale regione dobbiamo
sopportare tali costi? I recenti tentativi da parte della Russia di
attuare meccanismi di compensazione con l’Iran sono lenti per via della
possibile reazione di Washington a un business bancario russo inattivo.
Iran e India, per esempio, in questo caso hanno agito in un altro modo:
hanno deciso di comprare petrolio con l’oro, rivelandosi molto più
efficiente. Tuttavia, in definitiva sarebbe più affidabile allontanarsi
del tutto dal dollaro USA.
Russia e Cina ne parlano da tempo, hanno così
accumulato enormi quantità di oro. Se Vladimir Putin dice che gli Stati
Uniti mettono in pericolo l’economia mondiale con l’abuso del monopolio
del dollaro, non solo afferma un fatto, ma senza dubbio rende
ammissibile l’adozione di misure preparatorie. In questa ricerca, l’Iran
sarà al 100 per cento un nostro aperto alleato contro il dollaro in
declino, come pochi anni fa. Il petrolio iraniano venduto in euro,
mentre il dollaro domina sul reale meccanismo direttamente dipendente da
Washington, dagli iraniani viene visto come un simbolo del
colonialismo. Infine, si segnala l’opportunità di tornare ai grandi
progetti pubblici nelle relazioni economiche con l’Iran. L’imprenditoria
privata russa ha bisogno di garanzie governative per avviare la ripresa
economica dell’Iran, dove, non senza ragione, con l’abolizione delle
sanzioni è prevista una rapida crescita economica. Iran e Russia hanno
deciso di costruire nuovi reattori nucleari, negoziano sulla
partecipazione della Russia allo sviluppo dell’industria del petrolio e
del gas del Paese, e vi è una serie di altre proposte iraniane. Ad
esempio, per lo sviluppo delle ferrovie, il governo iraniano prevede di
raccogliere 35 miliardi di investimenti. In breve, ci sono prospettive
di buon vicinato capaci di colpire l’immaginazione militante
statunitense, volta a nuove guerre e caos per rafforzare i propri
monopoli.
Si prepara la visita di Vladimir Putin in Iran, quest’anno. Tra l’altro, a causa dell’assenza degli altri membri del G-8 al vertice di giugno a Sochi, è apparsa una via e il presidente russo potrà pianificare con sicurezza la visita a Teheran nei giorni i cui il vertice si terrà a Bruxelles, senza la Russia. Entrambe le parti, oltre a un’ulteriore espansione ed approfondimento del partenariato regionale possono giungere alla firma del “Grande Trattato” sulla cooperazione nel quadro della nuova agenda bilaterale. L’Iran è interessato a una maggiore cooperazione con la Russia nell’energia nucleare, e alla svolta al massimo livello richiesta dalla preparazione della Convenzione sullo status giuridico del Mar Caspio, e vi è l’interesse reciproco ai progetti comuni su petrolio e gas, spazio, tecnologie innovative per lo sviluppo delle infrastrutture dei trasporti del’Iran. La Russia può ora abbandonare il principio della costruzione delle relazioni con gli altri Paesi badando alla reazione degli Stati Uniti. Il nostro motto deve essere altro. E qui ricordiamo il saggio proverbio persiano: “Il cane abbaia, ma la carovana passa“.
La ripubblicazione è gradita in riferimento al giornale on-line della Strategic Culture Foundation.
Nikolaj Bobkin, Strategic Culture Foundation
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
http://aurorasito.wordpress.com/2014/04/01/mosca-e-pronta-per-un-riavvicinamento-strategico-con-teheran/
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