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lunedì 2 febbraio 2015
Nizza – Se la Francia ha paura di un bambino
Nizza – Vi turba che un bambino di 8 anni sia stato interrogato in
commissariato per il reato di apologia del terrorismo? A questa domanda
il 73 per cento dei lettori del sito di Nice-Matin risponde “no”.
Magari sono gli stessi che dopo le stragi jihadiste avevano indossato
la maglietta “Je suis Charlie” inneggiando all’illuminismo e alla
libertà di espressione. Come la ministra dell’Educazione Najat
Vallaud-Belkacem (marocchina di nascita), che ringrazia la scuola per la
sua «opera pedagogica», vale a dire denunciare alle autorità il piccolo
Ahmed, che a scuola si era rifiutato di fare il minuto di silenzio per i
morti di Charlie Hebdo e aveva detto: «Io non sono Charlie Hebdo, io
sto con i terroristi» (frase confermata). E avrebbe aggiunto: «I
musulmani hanno fatto bene a uccidere i giornalisti» (frase che il
bambino nega).
Più che giusto allarmarsi e indagare, ma torchiare la piccola peste
(con il padre) in commissariato sembra troppo, fa pensare che la
barbarie sia contagiosa. Vediamola dalla sua prospettiva: ora Ahmed sa
che qualcuno può dire e disegnare quello che vuole e qualcun altro no.
Alla fine la lezione corretta l’ha data suo padre: «Gli ho chiesto,
“figlio, sai cos’è il terrorismo?” Mi ha detto “no”. Desideri la morte
di esseri umani? Mi ha detto “no”».
Una Repubblica fondata sul panico: un professore francese rischia 5 anni di prigione
Due giorni fa la notizia di un ragazzino di 8 anni interrogato per "apologia di terrorismo". Ora è la volta del corpo docente: un insegnante di filosofia di Potiers è stato sospeso per 4 settimane e rischia 5 anni di carcere per aver organizzato un dibattito sulle cause della violenza in Francia. Nel frattempo, il Ministero segnala che più di 200 casi sono stati segnalati alle autorità. La Francia è nel panico
Il panico regna sovrano, in Francia. Non è
solo la paura che l'incendio del prima e del dopo-Charlie dilaghi tra
scuole e periferie a spaventare. Qualcosa si muove sotto la cenere. Cosa
sia, è ancora presto per dirlo.
Sta di fatto che il Ministero
dell'Educazione, da parte sua, segnala che sono più di 200 gli incidenti
che, dopo l'attentato del 7 gennaio scorso alla redazione parigina del
periodico satirico Charlie Hebdo, sono avvenuti all'interno di edifici
scolastici. Molti di questi "incidenti", in gran parte sfociati in vere e
proprie denunce per apologia di terrorismo, si sono verificati dopo il
minuto di silenzio in memoria delle vittime.
A molti ragazzi, francesi (ricordiamo che in Francia vige la regola dello jus soli) di origine maghrebina o nordafricana, anche quel
"silenzio" è bastato per avere conferma del fatto che nel Paese vige
oramai, in forma esplicita e conclamata, un principio dei "due pesi, due
misure".
Se
non si affronta questo nodo, parlare di "diritti" e "uguaglianza"
diventerà - in Francia e in Europa, ammesso che già non lo sia - un mero
esercizio di stile.
Fin qui la paura. Poi viene il panico.
Presidi, direttori e rettori hanno infatti chiesto a tutto il corpo
docente di tenere lezioni per comprendere e spiegare che cosa è successo
il 7 gennaio. Anche qui, però, non tutto corre liscio. Non solo un
bambino di 8 anni (lo abbiamo raccontato alcuni giorni fa) si è
ritrovato in una caserma di polizia accusato di "apologia di reato"
(ricordiamo che, se riconosciuto capace di discernimento il bambino è
imputabile!), ma le voci critiche sono state debitamente zittite, spesso
su richiesta dei genitori.
Così è accaduto a un professore
del liceo Victor-Hugo di Potiers, sospeso per quattro mesi. anche per
lui si profila l'accusa di apologia di terrorismo. Rischia un'ammenda di
75mila euro e fino a 5 anni di prigione.
Jean-François Chazerans, questo il
nome del professore, è stato descritto dalla stampa locale come un
militante di estrema sinistra. "Sono arrivato a scuola alle 8
del mattino e mi hanno fatto firmare il provvedimento di sospensione",
spiega il professore a Libération. Motivo?
"Avrei tenuto un
atteggiamento e espresso giudizi poco appropriati. Sinceramente non so
che cosa dire, insegno in sei classi e non mi pare di aver detto cose
sconvenienti o fuori luogo. Ho solo riunito i miei studenti e
abbiamo cominciato a ragionare sulle cause del terrorismo. Si fa così,
di solito, si cerca di capire, di andare a fondo. L'emozione non porta
da nessuna parte. Non mi si può accusare di alcuna simpatia con
terroristi o jihadisti!".
Chazerans è un professore molto noto e
amato nella sua scuola, anima da anni un caffé filosofico, organizza
dibattiti e incontri di approfondimento. Ma forse questo a qualcuno non
piace. Se così fosse, l'emozione avrebbe la meglio sulla ragione. E
questo nella patria di Voltaire.
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