Filosofo e poeta letterato (Nola presso Napoli 1548 – Roma 17.2.1600). É considerato il pensatore in cui il naturalismo rinascimentale trova l’espressione più compiuta.
Proveniente
da una famiglia agiata, venne avviato dal padre, gentiluomo e maestro
d’armi, agli studi umanistici di logica e dialettica, inserendolo a
quindici anni nel monastero di San Domenico a Napoli, dove prese i voti
vestendo l’abito religioso, ed intraprendendo gli studi filosofici
rivolti alle opere di Aristotele, ai neoplatonici italiani, a Cusano ed a
Copernico.
Assetato di
sapere e portato alla ricerca della verità, appassionato degli studi
filosofici, intollerante di ogni freno, intemperante sia nella parola
che nel comportamento, dotato di tempra aggressiva, ben presto rifiutò
le restrizioni culturali dell’ambiente religioso nel quale era costretto
a vivere e studiare, per cui depose l’abito domenicano. Una notevole
influenza su di lui la ebbero Bernardino Telesio e Raimondo Lullo, del quale fece sue le tecniche mnemoniche.
Presto
divorato dal dubbio, allergico nei confronti dei dogmatismi dilaganti
che gli venivano drasticamente imposti, sospinto dalla sua vastissima
cultura e dal suo temperamento spregiudicato, si avventurò verso un
ampliamento dei propri orizzonti iniziando ampie peregrinazioni
attraverso ogni parte dell’Europa. Predicò in Germania, in Inghilterrra
ed in Francia, legato alla società rosacrociana da un impercettibile e
mai palesemente espresso filo sottile.
Dopo essersi
avvicinato dapprima alla chiesa protestante calvinista di Ginevra, e poi
a quella luterana, si sentì deluso da entrambe le dottrine. Si stabilì
quindi a Parigi dove, nel 1582, scrisse il De umbris idearum. Qui si
trovano i fondamenti del suo naturalismo di ispirazione neoplatonica,
nell’affermazione della struttura unitaria dell’universo, che
corrisponde al processo di unificazione che si attua nella mente, per
cui la mente stessa può cogliere, al di là delle ombre della realtà
sensibile, le idee della realtà ideale, ovvero l’ordine e la connessione
delle cose.
Umiliò
pesantemente i presunti saggi dell’epoca, venendone a sua volta
umiliato, accusato tra l’altro d’aver spacciato per suoi interi brani
tratti dalle opere del Ficino.
Nel 1582 scrisse e pubblicò anche la commedia Il Candelaio.
All’inizio dell’anno successivo Giordano Bruno si trasferì a Londra, al
servizio dell’ambasciatore francese, e vi rimase per quasi tre anni,
pubblicando tutte le sue opere più importanti.
Del 1584 sono i cinque dialoghi che compongono la Cena delle Ceneri,
opera scritta come le successive in lingua italiana, ed in cui il
motivo centrale è la difesa della dottrina copernicana ed il suo
sviluppo in una filosofia della natura complessiva: Giordano Bruno
corregge Copernico, soprattutto nell’assunzione che non vi può essere un
centro dell’universo, poiché esso, in quanto infinito, ha infiniti
centri, e quindi nessun centro.
Sempre al 1584 risalgono i cinque dialoghi De la causa principio e uno,
in cui Giordano Bruno espone i principi generali della filosofia
naturale, individuandoli nell’intelletto universale, come prima facoltà
dell’anima del mondo, e come principio formale dell’universo, e nella
materia come principio fisico da cui viene fatta e formata ogni cosa:
principio formale e principio materiale non sono però che due aspetti
della stessa unità per cui, dal punto di vista della sostanza, il tutto è
uno, infinito ed immobile.
Ancora nel 1584 pubblica De l’infinito universo e mondi,
pure in cinque dialoghi, insistendo sull’infinità dell’universo e
sull’esistenza di infiniti mondi simili al nostro, come testimonianza
dell’infinita potenza di Dio, e criticando la concezione aristotelica
dell’ordine gerarchico del mondo come visione cara a coloro che
preferiscono affidarsi all’autorità dei testi piuttosto che esercitare
il loro potere intellettuale.
Durante il soggiorno londinese, Giordano Bruno scrisse anche due opere di argomento morale: lo Spaccio della bestia trionfante,
dove narra della cacciata dal cielo delle vecchie costellazioni,
simbolo dei vizi pagani, per sostituirle con le autentiche virtù da
rintracciare nella verità, nella provvidenza (e nella prudenza che ne è
il riflesso), nel sapere e nella legge che disciplina la società umana;
infine gli Eroici furori,
del 1585, in cui, rifacendosi a Platone, sviluppa una teoria dinamica
della morale sulla base dei furori che muovono le azioni umane, di cui
il furore eroico è la spinta alla piena conoscenza dell’universo, ed
insieme una radicale trasformazione della vita.
Dal 1585 in
poi l’esistenza di Giordano Bruno è una continua peregrinazione,
attraverso un secondo soggiorno parigino occupato da un’intensa polemica
contro le dottrine aristoteliche, ed il soggiorno in varie città della
Germania: nel 1591 giunse a Francoforte, dove pubblicò tre poemi in
latino, De minimo, De monade e De immenso,
che trattano rispettivamente dei principi sostanziali semplici
dell’universo, dell’importanza dei principi numerici e geometrici e,
nuovamente, dell’infinità dell’universo.
Ormai
incapace di affrontare ulteriori viaggi, deluso dalle critiche
accademiche seguite alle illusioni mai lesinate dalle diverse corti
europee, cominciò ad accarezzare l’ipotesi di ritornare in Italia. Fu in
Francoforte che lo raggiunse l’invito del nobile veneziano Giovanni
Mocenigo, che era stato affascinato dalle sue straordinarie capacità
mnemoniche ormai conosciute ovunque, ma che sperava soprattutto di
trarre dall’insegnamento di tale eccezionale maestro importanti utili
mondani. Nell’invitarlo non mancava una diretta allusione alla
possibilità di un suo riavvicinamento alla Chiesa di Roma.
Giordano
Bruno accolse quell’invito e si trasferì a Venezia, dove il Mocenigo,
personaggio ottuso incapace di capire i suoi insegnamenti, meschinamente
volle vendicarsi, consegnandolo al tribunale dell’Inquisizione di
Venezia, il quale intendeva processarlo costringendolo a rispondere alla
formale accusa di eresia. Il suo processo venne però presto spostato a
Roma.
Qui egli
tentava ripetutamente di difendersi attraverso l’edizione di vari
memoriali, nei quali abbozzava spiegazioni, addirittura ritrattando,
inizialmente, le proprie idee. La sua difesa era essenzialmente
impostata sul fatto che egli aveva sempre e soltanto profferito semplici
affermazioni filosofiche, e mai enunciazioni teologiche. Il tutto
doveva rivelarsi inutile di fronte alla ferma e determinata ottusità
dell’imperante dogmatismo.
Giordano
Bruno dovette arrendersi e, dopo aver rifiutato una nuova e definitiva
ritrattazione, cui era stato indotto anche da pesanti torture, dopo
lunghi sette anni di frustrazioni, di sofferenze materiali e morali,
veniva condannato a morte per eresia.
L’8 febbraio
del 1600 venne trascinato al cospetto dei suoi giudici per ascoltare la
sentenza di condanna alla pena capitale ed alla totale distruzione di
tutte le sue opere. Ai magistrati che pronunciavano il verdetto trovò la
forza per dire: “Forse avete più timori voi nel pronunciare l’orrida sentenza che io a riceverla“.
Il 17
febbraio 1600, con la lingua crudelmente racchiusa in una morsa di
ferro, venne legato nudo ad un palo ed arso vivo in Campo dei Fiori.
Opportuno a
questo punto accennare all’emergente ipotesi che la Libera Muratoria
rappresenti qualcosa di ben diverso da un semplice fenomeno culturale
importato dall’Inghilterra e dalla Francia. Essa sarebbe invece la
concretizzazione degli orientamenti filosofici e morali diffusi in
Europa da Giordano Bruno e dai suoi seguaci, piuttosto che conseguenza
dell’applicazione di dottrine alchemiche, ermetiche e cabalistiche, come
pure della filosofia dell’amore rosacro0ciana.
Su tale
argomento è infatti possibile evidenziare varie osservazioni, che
dimostrano come la Massoneria speculativa ricalchi con incredibile
attualità molte delle tesi sostenute da Giordano Bruno, quali:
- La lotta da lui sostenuta contro i pedanti aristotelici, poiché avevano voluto imporre, dopo averle acriticamente accettate, le maggiori dottrine del filosofo greco, un atteggiamento del tutto simile al plurisecolare dogmatismo della Chiesa.
- La ricerca della verità esaltata negli Eroici furori, in cui il furioso, ovvero il vero ricercatore, obbedisce al solo impulso razionale.
- Ne Lo Spaccio vengono esaltati i principi di eguaglianza e fratellanza, particolarmente laddove Giordano Bruno sostiene: “La legge, dinanzi a cui tutti sono eguali ed a cui i potenti non credano di poter fuggire, è stata ordinata ai fini di quel principio della comunione degli uomini. Gli potenti siano sostenuti dagli impotenti, gli deboli non siano oppressi dai più forti, la violenza non conculchi la ragione, i poveri siano aiutati dai ricchi, le virtù e gli studi utili al commune siano promossi ed esaltati, e gli desiosi ed avari e proprietari siano spregiati e tenuti a vile“.
- Ancora ne Lo Spaccio viene: “elogiato il lavoro che vince l’ozio, fortemente condannata l’età dell’oro e del paradiso terrestre, esaltata l’operatività (per questo ha determinato la provvidenza, che venga occupato ne l’azione delle mani), incoraggiata la costruzione della civiltà, che si libera gradualmente dall’essere bestiale, allorché per l’emulazione d’atti divini ed adattazione di spiritosi affetti sono acuiti gli ingegni, inventate le industrie, scoperte le arti; e sempre, di giorno in giorno, dalle profondità dell’intelletto umano, si eccitano nove e maravigliose invenzioni“.
- Le opere, l’intera esistenza e la tremenda fine parlano da sole, evidenziando come Giordano Bruno abbia vissuto ed operato sempre all’insegna della libertà e della massima tolleranza, anticipando di oltre due secoli la grande impronta lasciata da Voltaire all’intera umanità.
Occorre
sottolineare che, fin dalla sua costituzione nel 1805, la Massoneria
italiana ha eletto Giordano Bruno a suo Patrono, ed il Grande Oriente
d’Italia ha dedicato al suo nome la sua più alta onorificenza al merito.
Nel 1885 un
comitato universitario appoggiato da famosi Fratelli all’obbedienza del
Grande Oriente d’Italia, tra i quali Adriano Lemmi, Agostino Bertani,
Giovanni Bovio, Giosuè Carducci, Ettore Ferrari, Aurelio Saffi, Giuseppe
Zanardelli e molti altri, promuoveva una sottoscrizione internazionale
allo scopo di erigere un monumento a Giordano Bruno.
Raccolti i
fondi necessari, il monumento venne realizzato gratuitamente dal
fratello scultore Ettore Ferrari, e fu infine eretto in Campo dei Fiori
il 9 giugno 1889, esattamente dove arse il rogo che doveva fare di
Giordano Bruno un martire, ennesima vittima della Santa Inquisizione e
del braccio secolare pontificio.
Ad
esaltazione del libero pensiero, della ragione e del progresso, adornano
la base del monumento i significativi medaglioni di Giulio Cesare
Vanini, Michele Serveto, Giovanni Huss, Paolo Sarpi, Tommaso Campanella,
Erasmo da Rotterdam ed altri.
L’onorificenza
di Giordano Bruno emessa al merito muratorio dal Grande Oriente
d’Italia è tuttora ripartita in due classi, di bronzo e d’oro; fino a
pochi anni fa era l’unica esistente nell’obbedienza italiana, ed è stata
fino ad oggi assegnata dai Gran Maestri in carica a soli 850 Fratelli
circa.
Dal 1995
invece è dedicata a Galileo Galilei la dichiarata più alta onorificenza
massonica: subito dopo la sua istituzione essa è stata offerta,
inspiegabilmente, per molti Massoni assurdamente, e soprattutto in
aperta contraddizione con gli eventi storici di un passato affatto
remoto, al pontefice Giovanni Paolo II (il quale l’ha ovviamente
rifiutata), che ha forse parzialmente attenuato le gravi colpe commesse
dalla Chiesa di Roma attraverso l’incompleto e troppo diplomatico “Mea
culpa” (vd.), formalmente pronunciato dallo stesso papa in San Pietro
nella prima domenica di Quaresima (12 marzo) dell’anno 2000.
RC/210500
(Questa
Tavola è in parte ispirata all’articolo del Fr. Roberto Paolillo della
R.L. Adriano Lemmi N°400 all’Or. di Milano – Dal periodico “Il
Laboratorio” N°46 datato marzo-aprile 2000)
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