Perchè sono utili anche le esperienze “negative?” purtroppo…. e bisogna dire purtroppo…
Tutto
quel che viviamo è in funzione… o meglio, “diventa” in funzione del completamento delle nostre esperienze infantili incomplete.
Cosa sono le esperienze infantili incomplete?
Sono
tutte quelle cose che da bambini non abbiamo capito, tutte quelle
situazioni che da bambini non ne abbiamo compreso il senso,
semplicemente perchè eravamo bambini e non avevamo ancora tutte le
conoscenze e “cognizioni” di oggi, ma molto spesso anche perchè volevamo
capire le cose dei grandi.
L’universo
dei “piccoli” funziona in un modo completamente diverso da quello degli
“adulti”, tant’è vero che nessun adulto comprende davvero quel che si
dicono i bambini tra di loro, il senso di quel che i bambini si
raccontano tra di loro quando giocano, quando vivono quotidianamente…
e viceversa, i bambini non capiscono quel che si raccontano gli adulti.
Cose negative…
Cosa sono le cose negative?
Per chi sono negative!!?
Noi
siamo sostanzialmente memorie su memorie, siamo un sistema di memorie
che si affinano e completano ed elaborano e strutturano continuamente su
se stesse… memorie su memorie su memorie su memorie…
Quel
che viviamo quotidianamente, per comprenderlo, tutti noi lo vediamo e
lo “intendiamo” in base alle nostre cognizioni, cioè in base a quel che
già sappiamo, cioè in base alle nostre memorie…
ma spieghiamolo meglio…
Se sei un ingegnere, hai studiato anche matematica… in un certo modo, ma per studiare la matematica universitaria hai avuto bisogno di aver studiato matematica alle scuole superiori, per studiarla alle superiori, hai avuto bisogno delle basi delle scuole medie
per studiarla bene alle scuole medie, hai avuto bisogno di una base studiata alle scuole elementari…
Ma
anche per studiarla alle elementari hai attinto a qualcosa di
precedente, ad un modo di fare i conti molto più elementare e magari
anche infantile e… “scalando scalando” nell’età e nei collegamenti a
ritroso, si scoprirà che le prime basi matematiche di un ingegnere
stanno nella sua infanzia, forse la prima infanzia.
Così
funzioniamo sostanzialmente su tutto, non solo per la matematica
dell’ingegnere, una cascata di ricordi a ritroso fino all’infanzia,
ricordi che anno dopo anno… esperienza dopo esperienza… studio dopo
studio si è evoluta fino a diventare quel che siamo oggi.
Questo
vale per tutto, anche per le cose apparentemente più banali della vita
quotidiana, ogni cosa è il frutto di una continua rielaborazione di quel
che abbiamo capito e memorizzato da bambini fino a quel che siamo oggi.
Lo stesso però vale per le lacune che abbiamo lasciato indietro nell’infanzia.
Ogni
cosa che nell’infanzia NON abbiamo capito a sufficienza o in modo
soddisfacente, è come un piccolo BAG nel nostro sistema informatico
profondo, cioè nel nostro inconscio.
Come
era da bambino, così in qualche modo è stato rielaborato sempre con
quella mancanza, sempre con quella “fallanza”, sempre con quel
particolare che NON abbiamo capito nella nostra infanzia.
Alcuni hanno imparato ad evitare l’argomento (generando sempre comportamenti evasivi e cose simili) altri
hanno continuamente cercato di capire portando questa ricerca di
comprensione nella vita quotidiana fino all’età adulta (magari
diventando gente che è sempre alla ricerca di quel particolare
importante che non troverà mai all’esterno di se stesso anche in aree
apparentemente lontane dall’argomento in questione) altri
ancora hanno imparato a mascherare quella loro mancanza di informazioni
(diventando quegli adulti che creano continuamente maschere di se
stessi e delle proprie situazioni di vita)…
Ognuno
ha reagito a modo suo a quella mancanza di informazioni dell’infanzia
generando poi un comportamento che in qualche modo è lo specchio di
qualcosa di molto profondo ma non ancora compreso.
Quindi…
quando qualcuno di questi ricordi incompleti si ripresenta, è in
sostanza quella memoria d’infanzia che si è ripresentata e… problema nel
problema, è una “memoria memorizzata” quando eravamo bambini e quindi
quando ragionavamo da bambini e quindi… memorizzata in modalità
infantile.
Queste
memorie, quando diventano pressanti, cioè quando inconsciamente diventa
importante capire quelle cose rimaste in sospeso, incominciano a
comportarsi proprio come una coscienza a parte, come una coscienza a sé,
come una entità pensante “quasi aliena” dentro di noi che ci fa fare
qualcosa per “rimettere in scena” quel ricordo d’infanzia.
Le
prime volte in realtà, essendo memorie infantili, di solito il problema
si presenta in modo giocoso, non sempre ma di solito è così… però poi,
se non abbiamo compreso quel che c’era da comprendere con quelle prime
manifestazioni, questa coscienza infantile nostra (che lo ricordo, è
memoria di noi stessi), essendo proprio infantile IN NOI, prende sempre
più coscienza di se e del suo dilemma da risolvere… manifestandosi
sempre più frequentemente e come un bambino che non viene capito ad un
certo punto comincia a fare i capricci…
A
questo punto in noi diventano abbastanza evidenti due coscienze in
conflitto, la coscienza mentale (quella parte di noi che riteniamo
matura) dell’adulto di oggi e la coscienza infantile che si sta
manifestando in modo sottinteso, a volte subdolo (subdolo secondo la
visione dell’adulto che siamo oggi), ma sempre più insistente…
Il
bambino interiore comincia a fare i capricci, Lui in qualche modo
determina il nostro modo di comportarci, cioè guida le nostre scelte
quotidiane silenziosamente fino a portarci continuamente e sempre più
frequentemente in qualcosa che ci fa rivivere nel quotidiano quel
particolare che nell’infanzia NON abbiamo capito.
Questo
particolare d’infanzia ovviamente si manifesta prevalentemente nella
modalità infantile cioè nell’aspetto emotivo, le cose possono essere di
qualunque natura ma l’aspetto che emergerà sempre di più è quello
emotivo perchè per il bambino che eravamo, l’aspetto materiale NON aveva
(e non ha) molta importanza, per Lui, quel che contava (e conta
tutt’ora) era l’emotività e la comprensione, quindi non si curerà della
materialità di oggi che sta magari anche devastando (facendoci fare
anche errori gravi o banali o proprio in modo diretto e chiaro) pur di
manifestarci quell’aspetto emotivo e mnemonico di cui sente
l’incompletezza.
Ma chi è l’inconscio?
L’inconscio
è noi stessi, è la base di quel che siamo oggi, è le nostre fondamenta
cognitive, è quel che siamo in profondità, è l’insieme dei ricordi della
nostra infanzia, è l’inizio della nostra comprensione del mondo, è
l’ABC dell’adulto (anche dell’ingegnere aerospaziale) che siamo oggi, è
qualcosa che NON riusciamo più a comprendere perchè è tutto quel che
abbiamo memorizzato nell’infanzia ed è “inconscio”, CIOE’ NON CONSCIO,
proprio perchè l’abbiamo memorizzato in una età in cui vivevamo,
memorizzavamo, interpretavamo, ragionavamo, emozionavamo in un modo
diverso da quel che facciamo oggi da adulti.
Se
non capiamo il linguaggio dei bambini, non capiremo nemmeno il nostro
inconscio perchè sono le “memorie memorizzate” QUANDO NOI ERAVAMO
BAMBINI, è il nostro bambino interiore.
Tutto
quel che possiamo fare adesso è, accogliere le cose che ci fanno
soffrire con la consapevolezza che sono manifestazioni della nostra
parte bambina che sta ancora chiedendo comprensione.
Non
possiamo capire con la mente dell’adulto che siamo oggi quel che vuole
la nostra parte bambina, dobbiamo imparare a spogliarci da tutte le
sovrastrutture mentali di cui ci siamo vestiti fino ad oggi, da tutte le
nostre “grandezze”, da tutta la nostra boria, da tutta la nostra
presunzione, in un certo senso dobbiamo ritornare bambini, ma questo è
sostanzialmente impossibile quindi… cosa fare?
L’unica
cosa sensata da fare è “STARE NELLA SCENA” di vita di oggi che ci sta
generando la sofferenza che ha richiamato la nostra attenzione, stare
nella sofferenza che stiamo vivendo oggi senza più “scappare”, senza più
evitarla, senza più nasconderla.
“Stare
nella scena” però non significa prendere botte di proposito, non
significa andare a cercarcele volutamente perchè anche in questo modo
non si ottiene granché, sarebbe la nostra mente che sta creando qualcosa
e non il nostro inconscio, quindi la scena nella quale andiamo a
ficcarci volutamente e mentalmente non avrebbe i “connotati emotivi” di
base che ci servono per comprendere il ricordo d’infanzia che si
vorrebbe richiamare.
Stare
nella scena significa osservare, significa ridare alla mente il suo
giusto ruolo prezioso ed unico che è quello dell’osservatore.
Osservare cosa?
Osservare se stessi durante le manifestazioni quotidiane, durante la vita quotidiana, durante il fluire delle cose quotidiane.
Le
cose da vedere e da capire, si manifestano proprio mentre si vive,
mentre cadiamo, mentre inciampiamo “casualmente” (e si sa che il caso
NON esiste) mentre sbucciamo un’arancia, mentre tagliamo una cipolla,
mentre camminiamo per strada, mentre ci vestiamo la mattina, mentre ci
laviamo il viso, mentre stiamo parlando con le persone, mentre viviamo
la nostra quotidianità di sempre, senza andare a cercare situazioni
particolari che come già detto, “esulerebbero” da quel che l’inconscio
ci sta chiedendo di capire.
Non dobbiamo mai farlo apposta, dobbiamo solo stare attenti a quel che succede mentre succede, ed osservarlo.
Castaneda
parlava dell’arte dell’agguato, cioè dobbiamo imparare a tendere un
agguato al nostro inconscio in modo da “vederlo” proprio mentre viviamo,
mentre si manifesta nella semplice vita quotidiana.
Stiamo
tranquilli che NON si offenderà, anzi, ne sarà finalmente contento,
cioè questa nostra coscienza interiore di cui siamo ancora inconsapevoli
si rallegrerà della nostra decisione di imparare ad osservarla e a
coglierla di sorpresa.
il mio sassolino dell’agguato
Personalmente
ho utilizzato un sassolino messo in tasca insieme alle chiavi, mi sono
proposto di chiedermi cosa stavo pensando 5 secondi fa, cosa stavo
immaginando 5 secondi prima di toccare quel sassolino ogni volta che
mettevo le mani in tasca indipendentemente da quel che stavo facendo.
Non
si trattava di voler per forza capire cosa stavo pensando per
interpretarlo ma proprio di un vero ed autentico allenamento ad
osservare la mia mente ed il mio inconscio nella vita parallela che si
svolge nella mia testa durante la vita quotidiana e materiale, si tratta
solo di capire e prendere coscienza del fatto che in ognuno di noi c’è
una autentica altra coscienza che ragiona, che fa discorsi, che pensa al
di là di quel che ci serve fare, pensare ed elaborare per il vivere
quotidiano, al di là di quel che mi serve pensare per fare quel che sto
facendo adesso, in questo momento.
Questo
all’inizio potrebbe apparentemente portare ad aumentare i problemi e le
manifestazioni inconsce ma NON è così, la realtà è solo che a questo
punto ci accorgeremo più frequentemente di tutte le manifestazioni
dell’inconscio e noteremo molte cose di cui ancora non eravamo diventati
consapevoli… ma che presto avrebbero invaso la nostra vita rendendola
molto peggiore di quella che è oggi.
Ma ritornando alla domanda iniziale… perchè le cose negative possono essere utili?
In realtà non sono realmente utili in sè però sono il segnale chiaro che abbiamo qualcosa da capire di noi stessi IN NOI STESSI.
È
il segnale chiaro che il nostro inconscio è da molto tempo che ci sta
chiedendo di capire qualcosa e noi da troppo tempo non gli stiamo dando
ascolto, è il segnale chiaro che adesso il nostro bambino interiore sta
cominciando a sbattere i piedi per essere compreso e lo fa insistendo
sempre di più in qualcosa che a lungo andare è diventato fastidioso o
addirittura doloroso… o peggio…
Ma peggio di così, cosa c’è?
C’è
la malattia, ogni malattia è il risultato di una esigenza emotiva
inconscia non capita per troppo tempo, una esigenza emotiva che alla
fine si è somatizzata nel corpo dapprima in forma di sedimentazione
energetica generando disturbi, poi in vera e propria malattia, qualunque
essa sia.
Le
esperienze negative, fino a quando accadono, se riusciamo a
comprenderne il senso profondo, se impariamo a stare nella scena con la
consapevolezza che si tratta di una manifestazione del nostro inconscio,
è l’opportunità (forse) ultima (prima della somatizzazione in malattia)
per capire qualcosa che ci riguarda in profondità, nel nostro
inconscio.
Stare nella scena… in che modo dobbiamo quindi stare nella scena?
L’idea che mi son fatto io è la seguente, è solo un esempio e qualunque variante può essere valida ma il senso è questo.
Immaginiamo
di aver capito la scena iniziale, cioè di aver capito qual’è il ricordo
d’infanzia incompleto che stiamo richiamando con la sofferenza di oggi,
non possiamo spiegarla mentalmente alla nostra parte infantile perchè
NON capirebbe così come non capirebbe un bambino, per esempio nostro
figlio di 3 anni, questa è una memoria che va integrata, va completata
nella stessa modalità con la quale è stata memorizzata quindi, non
servirà a nulla ragionarci come gli adulti strutturati che siamo oggi,
non avverrebbe nessuna guarigione.
La
memoria dovremmo completarla nella modalità infantile che avevamo a
quell’età del ricordo ma anche questo è “quasi” impossibile… c’è però
un’altro modo che rende possibile la guarigione di quel ricordo.
Stare
nel ricordo immaginandoci che… noi siamo due persone, un adulto ed un
bambino, abbiamo rivisto la scena d’infanzia di cui chiediamo
comprensione.
Ci sediamo in riva al mare, abbracciati uno affianco all’altro e stiamo in silenzio.
In
questo silenzio arriverà qualcosa che possiamo definirla
tranquillamente intuizione che completerà il ragionamento del bambino
che eravamo.
In
realtà però avviene una vera e propria alchimia emotiva, cioè, nel
silenzio, colei che resterà in silenzio realmente è la mente, cioè la
parte adulta di noi, il bambino si sentirà accolto, la mente silenziosa
senza saperlo travaserà il suo sapere attuale nell’inconscio ma non può
farlo con la volontà, potrà farlo solo nel silenzio, CIOE’ POTRA’ SOLO
PERMETTERE CHE ACCADA, a volte accadranno anche vere e proprie
intuizioni, altre volte potrà capitare di attingere all’inconscio
collettivo… ma più frequentemente sarà la nostra mente che
inconsapevolmente travaserà quel che a NOI serve sapere e che abbiamo
sempre ricercato nella vita quotidiana, quel qualcosa che darà
finalmente un senso a tutto quel che abbiamo vissuto fino a quel
momento.
Noi
NON possiamo spingere certi fenomeni della natura energetica dell’uomo,
possiamo solo permettere che accadano e per permetterlo dobbiamo
imparare a mettere la mente in silenzio, consapevolmente.
N.b.
Questa cosa del permettere che accada mantenendo solo la consapevolezza
di quel che stiamo lasciando accadere… è anche una delle basi
dell’alchimia evolutiva umana… se ci riusciamo, vedremo accadere anche i
miracoli, ma senza la presunzione che siamo noi a realizzarli, al
limite con la soddisfazione di essere noi a permettere che accadano
perchè… ogni emozione aggiuntiva, preclude la possibilità di “permettere
che accada”.
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