Una macchia solare
è una regione della superficie del Sole (la fotosfera) che è distinta
per una temperatura minore dall’ambiente circostante, e dotata di una
forte attività magnetica. Numerose macchie simili sono state osservate
anche in stelle diverse dal Sole, e prendono il nome più generale di macchie stellari.
La temperatura nel nucleo di una macchia può variare da 4.000 a 5.200
gradi centigradi, mentre nella penombra raggiungiamo valori pari a 5.500
gradi centigradi; di conseguenza le macchie appaiono scure solo per
contrasto con le regioni fotosferiche adiacenti soggette a temperature
più elevate.
Quindi il sole non è immutabile ma ha
un’attività che varia nel tempo e che incide sul clima del nostro
pianeta. Le ricerche sulle macchie solari segnarono il passo per la
maggior parte del XVII e l’inizio del XVIII secolo, perché a causa del Minimo di Maunder
quasi nessuna macchia solare fu visibile per molti anni. Durante il
Minimo di Maunder (cioè il periodo di bassa attività solare che va dal
1645 al 1715 d.C. che con molta probabilità causò la Piccola Era
Glaciale) esse quasi scomparirono, e la Terra nello stesso periodo si
raffreddò in modo consistente. La correlazione tra i due eventi è
oggetto di discussioni nella comunità scientifica per l’analisi del
riscaldamento globale. Quello che avviene in assenza di macchie solari
può essere spiegato in maniera semplice:
le molecole d’aria elettrizzate dai raggi cosmici che penetrano nell’atmosfera terrestre sono, infatti, insieme al pulviscolo atmosferico, nuclei privilegiati per coagulare su di sé il vapore acqueo circostante, favorendo in tal modo la formazione di nubi nella bassa atmosfera. A sua volta, le nubi basse hanno la proprietà di raffreddare la Terra.
In generale diciamo che, in passato,
nelle sue osservazioni, dopo la ripresa dell’attività solare, Heinrich
Schwabe poté osservare nel 1843 un cambiamento periodico nel numero
delle macchie solari, che sarebbe poi stato chiamato il ciclo undecennale dell’attività solare (numero
medio fra cicli di 8 e 14 anni). L’esistenza di un ciclo periodico
nella comparsa delle macchie solari fu scoperta, quindi, nel 1844 da H.
SCHWABE, un farmacista appassionato di osservazioni solari. Per mettere
in evidenza tale periodicità occorre costruire un indice di attività che
descriva in ogni momento lo stato della fotosfera solare sotto il
profilo della presenza di macchie. Solitamente si fa riferimento al
cosiddetto numero di Wolf, legato al numero delle macchie e dei gruppi
di macchie presenti in un dato momento sul Sole.
Facendo una media annuale dei numeri di Wolf determinati giornalmente
e riportando questi dati in un grafico in funzione del tempo, si
visualizza il ciclo delle macchie solari. La periodicità è
evidentissima. Il ciclo passa da minimi (quasi totale assenza di
macchie) a massimi con periodicità di circa 11,2 anni
in media. Il ciclo iniziato nel 1755 (convenzionalmente il n°1) è il
primo ciclo di cui possediamo dati mensili sufficientemente attendibili.
Quindi i cicli solari sono stati numerati considerando come primo ciclo
quello iniziato nel 1755; attualmente ci troviamo nel 24° ciclo. A dire
la verità, tale ciclo continua a classificarsi come uno dei più deboli
degli ultimi 250 anni. In figura sono schematizzati i 24 cicli a partire
dal 1755. Sono evidenti il Minimo di Maunder che ci ha dato la Piccola
Era Glaciale(PEG) e il Minimo di Dalton, che ha portata all’assenza
dell’estate nel 1816.
Attività solare e clima
Alcuni scienziati ritengono che le macchie solari potrebbero essere la causa alla base del riscaldamento globale (o raffreddamento?) e non l’uomo e i suoi consumi. Le macchie solari, sappiamo oggi, sono intensi campi magnetici che appaiono durante periodi d’elevata attività solare, ma per secoli e da molto prima che se ne conoscesse la natura gli astronomi ne hanno registrato il numero, e dai dati raccolti, si potè notare tra il 1645 e il 1715 una drastica riduzione nel numero delle macchie solari che portò al famoso minimo di Maunder (già citato), dal nome dell’astronomo inglese che osservò la circostanza. Quanto il numero di macchie solari sia un ‘attendibile indicatore del clima lo scoprirono il ricercatore danese Friis-Christensen e i suoi collaboratori, che nel 1991 dimostrarono la stretta correlazione tra attività solare e la temperatura globale in tutto il periodo compreso fra il 1860 e il 1990. La potenza di questo effetto è diventata chiara solo recentemente, dopo che si sono confrontate, nel corso degli anni, le temperature globali con il flusso di raggi cosmici, scoprendo una stretta correlazione tra temperatura globale e flusso cosmico, con la prima che aumenta ogni volta che il secondo diminuisce, e viceversa:
Alcuni scienziati ritengono che le macchie solari potrebbero essere la causa alla base del riscaldamento globale (o raffreddamento?) e non l’uomo e i suoi consumi. Le macchie solari, sappiamo oggi, sono intensi campi magnetici che appaiono durante periodi d’elevata attività solare, ma per secoli e da molto prima che se ne conoscesse la natura gli astronomi ne hanno registrato il numero, e dai dati raccolti, si potè notare tra il 1645 e il 1715 una drastica riduzione nel numero delle macchie solari che portò al famoso minimo di Maunder (già citato), dal nome dell’astronomo inglese che osservò la circostanza. Quanto il numero di macchie solari sia un ‘attendibile indicatore del clima lo scoprirono il ricercatore danese Friis-Christensen e i suoi collaboratori, che nel 1991 dimostrarono la stretta correlazione tra attività solare e la temperatura globale in tutto il periodo compreso fra il 1860 e il 1990. La potenza di questo effetto è diventata chiara solo recentemente, dopo che si sono confrontate, nel corso degli anni, le temperature globali con il flusso di raggi cosmici, scoprendo una stretta correlazione tra temperatura globale e flusso cosmico, con la prima che aumenta ogni volta che il secondo diminuisce, e viceversa:
il clima è, infatti, controllato soprattutto dalle nuvole, queste sono controllate dal flusso di raggi cosmici, a sua volta controllato dall’intensità del campo magnetico dal sole, cioè dalla attività della nostra stella.
Va detto però che tali teorie sono
ancora al vaglio della Comunità Scientifica, e al momento sono oggetto
di dibattito e contestazione accademica. In Italia chi ha abbracciato
l’ipotesi della correlazione tra macchie solari e clima è il metereologo
Paolo Ernani (ha scritto anche un libro sull’argomento), che azzarda
l’ipotesi di un pianeta che si sta raffreddando. Comunque comprendere
eventuali connessioni tra la nostra stella e il clima terrestre,
richiede competenze specifiche in settori come la fisica, l’attività
solare, la chimica atmosferica e la dinamica dei fluidi, la fisica delle
particelle energetiche, e la storia geologica della Terra. Per cui i
meccanismi di influenza del sole sul clima sono molto complicati e ci
dovranno lavorare molti ricercatori di vari campi per avere validi
risultati. Dal momento che nessun singolo ricercatore possiede l’intera
gamma di conoscenze necessarie per poter affrontare il problema, l’NRC
ha dovuto riunire decine di esperti provenienti da tutto il mondo,
unendo gli sforzi in un contesto multi-disciplinare. Il tutto per
spiegare gli eventi attuali dovuti agli ultimi cicli.
Cicli solari
L’attività solare sta,quindi, rallentando visibilmente, tanto che le macchie solari sono ormai al minimo, come non apparivano da quasi un secolo. Il ciclo 24 ebbe inizio ufficialmente nel dicembre del 2008, mostrandosi però fin da subito molto debole. In quel periodo la forza del Campo Magnetico non consentiva alla Dinamo Solare di formare macchie sulla sua superficie. Il Sole è stato privo di macchie per l’85% del tempo nei primi mesi del 2009. Il nostro Sole ha concluso il suo ciclo di attività numero 23 nel 2008, lasciando spazio al 24° ciclo. Questo prolungato minimo solare ed il ritardo accentuato del ciclo 24, stavano a significare soltanto una cosa e cioè che il ciclo sarebbe risultato molto basso e che molto probabilmente sarebbe rientrato in un range di 50-70 SSN (Smoothed Sunspot Number), che se confermato dai fatti, come sta ora avvenendo, si pone più o meno allo stesso livello del minimo di Dalton.
L’attività solare sta,quindi, rallentando visibilmente, tanto che le macchie solari sono ormai al minimo, come non apparivano da quasi un secolo. Il ciclo 24 ebbe inizio ufficialmente nel dicembre del 2008, mostrandosi però fin da subito molto debole. In quel periodo la forza del Campo Magnetico non consentiva alla Dinamo Solare di formare macchie sulla sua superficie. Il Sole è stato privo di macchie per l’85% del tempo nei primi mesi del 2009. Il nostro Sole ha concluso il suo ciclo di attività numero 23 nel 2008, lasciando spazio al 24° ciclo. Questo prolungato minimo solare ed il ritardo accentuato del ciclo 24, stavano a significare soltanto una cosa e cioè che il ciclo sarebbe risultato molto basso e che molto probabilmente sarebbe rientrato in un range di 50-70 SSN (Smoothed Sunspot Number), che se confermato dai fatti, come sta ora avvenendo, si pone più o meno allo stesso livello del minimo di Dalton.
I ricercatori della Fondazione
Osservatorio Astronomico di Tradate che da tempo seguono, nuvole
permettendo, il nostro Sole, hanno potuto osservare nel 2009 sulla
superficie della nostra stella un nuovo gruppo di macchie solari. “Il
nostro Sole si sta comportando in modo strano”. Questo fu il commento di
Roberto Crippa, ricercatore e Presidente della “FOAM13”. “Dal 2004,
prosegue Crippa, ci sono stati più di 800 giorni senza macchie solari
visibili a fronte di una media di meno di 500 per i cicli passati; siamo
quindi in una fase di minimo molto prolungata, dopo il massimo di
attività registrato nel2001; in particolare, la fine del ciclo 23 ha
registrato un numero elevato di giorni senza macchie: sono stati 266 nel
2008 (73%)”.
Secondo alcuni studi, la bassa attività solare di questo ciclo 24 continuerà ancora per molti anni, questo perché i corti e potenti cicli solari del 20° secolo hanno creato un debito che ora deve essere pagato. Questo significa che per i prossimi decenni vi saranno cicli con attività solare molto bassa. In figura è mostrato l’andamento degli ultimi tre cicli (ciclo 22, 23 e 24).
Situazione attuale
«Quindi se il Sole continuerà a restare
senza macchie, sulla Terra potrebbe arrivare un freddo glaciale». La
fosca profezia arriva, anche, da alcuni astronomi americani della Nasa,
preoccupati per quella che si profila come un’anomala assenza di
attività energetica sulla superficie visibile della nostra stella.
Inattività che potrebbe avere conseguenze dirette sul nostro clima,
facendo addirittura compiere una retromarcia all’effetto serra dovuto
alla CO2, volgendo, in breve, il supercaldo in superfreddo. La
prospettiva può apparire esagerata e basata su un’affrettata valutazione
di una tendenza ancora tutta da verificare, tuttavia bisogna ammettere
che nel recente passato della storia dell’uomo un fenomeno del genere,
come sopra detto, si è già verificato. Veramente più di uno. Era quella
che gli storici chiamano la tarda età Barocca, cioè la seconda metà del
XVII secolo, quando, una prolungata mancanza di attività solare, e cioè il
ricordato minimo di Maunder, precipitò l’Europa in una Piccola Età del
Ghiaccio(PEG), caratterizzata da carestie e epidemie che decimarono la
popolazione europea.
Senza, però, abbracciare drastiche
teorie osserviamo solo che attualmente il Sole sta emergendo da un
minimo di attività e molti astronomi si sarebbero aspettati un repentino
ritorno delle macchie, come di solito si verifica. Questo repentino
ritorno non c’è stato. Come se non bastasse, oltre all’assenza di
macchie, abbiamo anche che un altro fattore dell’attività energetica
della nostra stella, il cosiddetto vento solare, è in netto calo. Il
vento solare è un flusso di particelle elettricamente cariche che viene
espulso in continuazione dalla nostra stella e che si espande a raggiera
per milioni di km, investendo anche il nostro pianeta. Magari non
tornerà una Piccola età del ghiaccio, ma forse porteremo il cappotto
anche in primavera causa freddo. Sempre che il nostro ben noto effetto
serra dovuto alla CO2 non abbia la meglio e prevalga sulla inattività
solare, ma ne dubito.
Il ventiquattresimo ciclo
Gli scienziati hanno previsto che il 24° ciclo solare potrà avere un picco, ma poi? L’idea che ne è venuta fuori è che il 24° ciclo solare sarà un ciclo basso. L’attività resta quindi ancora molto bassa. Infatti da quando il numero di macchie solari ha raggiunto il minimo, attorno al 2007-2008, non si è visto il ritorno all’aumento nel loro numero che ci si aspettava per la fine del 2008 stesso. Al 24 agosto 2009, sono stati 44 i giorni consecutivi, ad esempio, durante i quali il Sole non ha mostrato alcuna macchia. Dall’inizio del2009, anno in cui le macchie solari sul Sole avrebbero dovute essere numerose, il numero di giorni, in cui la stella ne è apparsa priva, è stato di 186, che corrisponde al 79% del totale dei giorni dell’anno.
Gli scienziati hanno previsto che il 24° ciclo solare potrà avere un picco, ma poi? L’idea che ne è venuta fuori è che il 24° ciclo solare sarà un ciclo basso. L’attività resta quindi ancora molto bassa. Infatti da quando il numero di macchie solari ha raggiunto il minimo, attorno al 2007-2008, non si è visto il ritorno all’aumento nel loro numero che ci si aspettava per la fine del 2008 stesso. Al 24 agosto 2009, sono stati 44 i giorni consecutivi, ad esempio, durante i quali il Sole non ha mostrato alcuna macchia. Dall’inizio del2009, anno in cui le macchie solari sul Sole avrebbero dovute essere numerose, il numero di giorni, in cui la stella ne è apparsa priva, è stato di 186, che corrisponde al 79% del totale dei giorni dell’anno.
Tutto ciò vuol dire che questo ritardo
nella ripartenza del ciclo 24 ha fatto capire che esso sarebbe stato un
ciclo molto debole, come è stato infatti il passato ciclo 5 del minimo
di Dalton (che portò ad una estate senza caldo nel 1816)! Solo nel 2011
si sono osservate fino ad un massimo di 100 macchie solari in brevi
periodi che però sono scese negli anni successivi anche dimezzandosi.
Gli scienziati in questo campo sono numerosi. Comunque ritengo doveroso
citare l’originale teoria di Timo Niroma.
Timo Niroma è stato uno studioso solare finlandese che ha elaborato una
interessantissima teoria, puramente statistica, sul perché alcuni cicli
durino di meno o di più di altri e soprattutto sul perché ogni tot anni
abbiamo super minimi tipo il Maunder, Dalton, etc.
Questo studio prende in considerazione
l’orbita di alcuni pianeti del nostro sistema solare, ed in particolar
modo del pianeta più grande, ossia Giove!
Per farla breve, Timo ha notato che nel corso dei secoli, più Giove si
avvicina al sole, e più il numero di macchie solari diminuisce ed i
cicli si allungano, a causa dell’influenza del campo magnetico
che il pianeta ha verso il sole. Secondo questa teoria, Niroma già fin
dal 2006 aveva predetto che il ciclo 23 sarebbe durato 13 anni,
prevedendo il suo minimo nell’estate 2009 ed una ripresa del ciclo 24
nel 2014; prevedendo inoltre che sarebbe stato un ciclo molto debole
stile Dalton, con al massimo 30-60 SSN! E tutto ciò proprio perché Giove
sarebbe stato al perielio!
L’attenzione va, quindi, al periodo del ciclo. Infatti un ciclo che
supera i 12 anni ha sempre preceduto un grande minimo (1798 minimo di
Dalton, 1856 minimo di Damon).
Non è chiaro esattamente quanto lunghi
siano stati i cicli che anticiparono il minimo di Maunder, ma sembra che
ci sia stato un minimo nel 1620. Ciò indica che prima del Maunder ci
furono 2 cicli che durarono 25 anni, quindi almeno uno dei 2 molto
lungo. Questo ha portato al raffreddamento del clima per decenni, anche
se oggi non possiamo essere certi che vi sarà una nuova PEG. Niroma
continua: “Un basso Dalton è oggi probabile, ma nessuno può essere
sicuro di questo, anche se ci sono molte indicazioni che testimoniano un
Campo Magnetico solare molto debole. Se a questo aggiungiamo il fatto
che tutti i minimi importanti sono stati preceduti da cicli molto
lunghi, io non mi sorprenderei di vedere il ciclo 24 vacillare,
terminando proprio vicino al suo massimo intorno al 2014-2015,
portandoci direttamente ad un minimo tipo Maunder . Altro pensiero di
Niroma : “Un piccolo inciso. L’aumento della CO2 in atmosfera dallo
0.03% allo 0.04% non ha avuto alcun significato in questo gioco dove è il vapore acqueo a far la parte principale.
Io sono solo uno studioso di statistica e
questo è uno studio statistico, ma a tutti quelli che per anni mi hanno
chiesto che cosa pensavo riguardo i collegamenti fisici ho sempre
risposto che il campo magnetico terrestre è molto sensibile alle
variazioni di quello solare; questo dovrebbe avere molti più effetti
sulla Terra piuttosto che i gas ad effetto serra prodotti dall’uomo”.
Devo anche citare ricercatori come Matt Penn e William Livingston, del National Solar Observatory, che prevedono che il ciclo solare 25 sarà caratterizzato da un’assenza totale di macchie solari. Ormai si è capito che assenza di macchie solari significa: più nuvole, più piogge e raffreddamento della Terra.
Tuttavia è troppo presto per giungere a drammatiche conclusioni. Si
spera in una evoluzione meno drastica. Sperare è sempre buono ma occorre
anche prevedere un modo di vivere diverso sul nostro pianeta. Resta il
fatto, comunque, che lo studio delle macchie e dell’attività solare
assumerà enorme rilevanza per quel che riguarda l’influenza del sole sul
clima terrestre sfatando gli attuali “miti politici”.
Crediti immagine dell’anteprima: shutterstock.com
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