martedì 16 settembre 2014

La quarta dimensione

La quarta dimensione non gode di un'immagine seria, credibile, scientifica. Agli occhi dei più, è relegata in una, più o meno fantasiosa, letteratura di fantascienza, della quale si ama credere che sia rigorosa e fondata ma si sa che così non è.

E allora, la quarta dimensione è roba da trucchi cinematografici e da libri di non sempre alta qualità. Per non parlare poi del nome stesso: la quarta dimensione. E' naturale. Troppo naturale. Eh sì, perché tutti sappiamo che viviamo in uno spazio a tre dimensioni: e se ne aggiungiamo un'altra, questa non può essere che la quarta.

Ma supponiamo di essere immersi da sempre in uno spazio a quattro dimensioni: quale delle quattro è la quarta? Quale viene per ultima? Non c'è dubbio: le prime tre, da qualsiasi dimensione vogliamo iniziare a contare, le pensiamo sempre come altezza, ampiezza e profondità.

Già. Partiamo proprio da qui. Dalle classiche e notissime altezza, ampiezza e profondità. Be', siamo proprio sicuri che esista l'altezza, l'ampiezza e la profondità di un oggetto, di un ambiente, di uno spazio? Quando teniamo in mano un parallelepipedo (ad esempio la custodia di un cd), quando guardiamo una sedia o un mobile, non abbiamo grossi dubbi. Anche se, è bene dirlo, anche per un parallelepipedo c'è una certa incertezza: di altezze ne possiamo avere ben tre; e, una volta sceltane una, per ampiezza e profondità abbiamo due distinte possibilità. Tutte queste certezze - o meglio, tutte queste piccole incertezze - ci vengono dal fatto che in modo naturale, consideriamo il parallelepipedo come appoggiato a uno dei suoi lati ...

Prima di procedere cerchiamo di capire qual è il ruolo di altezza, ampiezza e profondità. Se vogliamo dire dove si trova un punto del parallelepipedo, le nostre tre dimensioni ci servono a determinarlo esattamente. Se sappiamo che è a un'altezza di tot, vuol dire che tot separa il punto in questione dalla base. Se sappiamo che è a una profondità di tot, allora tot è la distanza del punto dalla faccia che stiamo guardando. E così via.

Vale a dire che altezza, ampiezza e profondità servono a descrivere tutti i punti del parallelepipedo.

Torniamo ora alla determinazione di altezza, ampiezza e profondità, per capire effettivamente chi sono. Ebbene, proviamo ora a prendere la nostra custodia di cd e tenere due dei suoi vertici più lontani tra i nostri due indici. Se teniamo queste due dita l'una sopra l'altra, esattamente sulla stessa verticale, allora è abbastanza naturale che proprio quella diagonale è l'altezza della custodia. Ma quali sono la sua ampiezza e la sua profondità? E cosa succede se ci mettiamo a far ruotare il parallelepipedo? Troviamo una scelta ottimale?

Ecco allora che possiamo trarre una prima conclusione, le nostre tre dimensioni - altezza, ampiezza e profondità - dipendono dal sistema di riferimento che adottiamo; che scegliamo - per qualche motivo - di assumere.

Il mondo, poi, è popolato anche di oggetti che sono molto diversi da parallelepipedi - ad esempio, me che scrivo queste righe e tu che le leggi...- e che di conseguenza non hanno delle scelte privilegiate. Pensiamo di prendere un pallone da calcio. E' evidente che ognuno dei suoi infiniti diametri può essere scelto, con la stessa dignità, come altezza. Quindi, una volta fissatone uno, possiamo sceglierne altri due, perpendicolari tra loro e perpendicolari al primo, come ampiezza e come profondità: e anche questi sono infiniti! Le cose si complicano ulteriormente se, al posto del pallone da calcio, prendiamo una patata, un sasso, una zolla di terra.

Ma allora che cosa sono altezza, ampiezza e profondità? Una risposta operativa può essere: altezza, ampiezza e profondità sono tre numeri (parametri, indicatori, quantità...) che ci dicono quanto e come un certo oggetto occupa lo spazio in cui sta.

Ecco allora che viene meno una proprietà che, a prima vista, sembrava importante. Le tre direzioni che scegliamo per fissare le dimensioni di un oggetto, possono anche non essere tra loro perpendicolari (per un parallelepipedo, ad esempio, funzionano altrettanto bene tre delle sue diagonali). L'unica cosa che importa è che non stiano tutte e tre in uno stesso piano. Altrimenti, di quell'oggetto siamo in grado di descrivere solo una sezione piana e non tutta la sua interezza.

Se abbiamo capito queste prime considerazioni, possiamo provare a capovolgere il nostro punto di vista: quand'è che un oggetto è tridimensionale? A questo punto la risposta è intuitiva: quando abbiamo bisogno di individuare tre direzioni per descrivere tutti i punti del nostro oggetto. E, con maggior precisione, quando due sole direzioni non sono sufficienti a descriverlo.

Ma allora che senso ha parlare di prima, seconda e terza dimensione? Basta dire che un oggetto, uno spazio, un ambiente hanno tre dimensioni. Tutto qui.

E se ragioniamo per analogia, ci sarà chiaro anche che non esiste la quarta dimensione, ma soltanto oggetti che hanno quattro dimensioni.

Di questi parla Rudy Rucker nel suo magnifico libro intitolato La quarta dimensione.

Per concludere questa premessa, sgombriamo il campo da un altro malinteso: la quarta dimensione (che, in quanto tale, non esiste!) non è il tempo. Il tempo qui non centra nulla. Le dimensioni di Rucker, come tutte le dimensioni che si rispettino, sono concetti puramente geometrici, che descrivono come le cose stanno nello spazio.

Il tempo è una possibile quarta dimensione, in una geniale e utilissima rappresentazione dei fenomeni che si chiama spaziotempo e che deve la sua celebrità a un signore di nome Albert Einstein. Ma questa è tutta un'altra storia.
Tratto da: www.torinoscienza.it

Rudy Rucker, famoso per i suoi romanzi e racconti di fantascienza, è nel mondo reale docente di Matematica alla San Josè State University. Questo saggio arriva in Italia con dieci anni di ritardo: l'edizione originale venne pubblicata nel 1984, in concomitanza con il centenario dell'uscita di "Flatlandia", un piccolo capolavoro di Edwin Abbott. In questo romanzo, ambientato in un mondo a due dimensioni, il protagonista è un Quadrato, che viene guidato da una Sfera nella visita del mondo a tre dimensioni: qui comprende le differenze, le limitazioni, le interazioni reciproche tra il mondo bidimensionale e quello a tre dimensioni. Nel saggio di Rucker lo stesso Quadrato accompagna il lettore alla scoperta della quarta dimensione. Rucker, infatti, sviluppa, spiega e motiva una lunga serie di questioni, alcune delle quali erano state suscitate già da Abbott o sarebbero potute derivare dalla lettura di "Flatlandia".La quarta dimensione viene spiegata per analogia: quello che possiamo ricavare dall'osservazione di un mondo a tre dimensioni da parte di un essere bidimensionale, possiamo logicamente supporlo valido per un mondo a quattro dimensioni se osservato da una persona a 3D (nel romanzo di Abbott il Quadrato ragiona per analogia, sognando un mondo a una sola dimensione, "Linelandia", e come un mondo a 2D possa confondere un suo abitante).

Nella prima parte del saggio Rucker spiega cosa potrebbe essere la quarta dimensione, una quarta dimensione spaziale (non temporale), che chiama iperspazio, in cui, come abbiamo alto-basso, destra-sinistra, davanti-dietro, avremmo due nuove direzioni, ana-kata; spostandosi attraverso di esse si potrebbero commettere crimini perfetti, una persona potrebbe essere "rovesciata" a specchio, con essa si possono addirittura spiegare fenomeni sensazionali come fantasmi e fenomeni paranormali.

La seconda parte è incentrata sulla descrizione del nostro spazio, una volta presi in considerazione i concetti della quarta dimensione. Ne risulta una visione dell'Universo molto simile a quella prospettata da Einstein nella teoria della relatività (ad esempio che le masse incurvano lo spazio 3D in uno spazio 4D). In questa parte del saggio abbiamo una lunga serie di spunti fantascientifici e di richiami alla fantascienza stessa, con Heinlein in primo piano. Viene spiegato come potrebbero essere effettuati il viaggio iperspaziale, il viaggio FTL (Faster Than Light - più veloce della luce) ed il viaggio nel tempo.
 
L'ultima parte è invece la più "filosofica" ed in essa vengono discussi, alla luce delle conoscenze scientifiche della quarta dimensione, alcuni principi, come il libero arbitrio, la sincronicità... ed anche "cos'è la realtà", cioè la differenza tra realtà e percezione, se lo scorrere del tempo sia reale (Rucker afferma di no) o solo una percezione errata, e si conclude che il nostro Universo ha infinite dimensioni ed una di queste è il tempo. Dalla lettura di questo saggio, risulta chiaro che l'uomo conosce davvero poco sull'Universo in cui vive e su se stesso; le teorie esposte da Rucker suscitano uno stupore ed un'impressione molto profonde, perchè danno una visione globale della realtà completamente diversa da quella a cui le percezioni quotidiane ci hanno abituato (una cosa che stupisce molto è l'enorme quantità di opere che richiamano i concetti sviluppati da Rucker, come a dimostrare che con un'attenta osservazione di ciò che ci circonda si possono trarre certe conclusioni: durante il saggio vengono fatte decine e decine di citazioni di testi famosi e non, tra cui gli scienziati Einstein e Wheeler, i filosofi Kant, Jung, Newton, gli scrittori Heinlein, Gerrold, Borges, Huxley).

Come scrive il matematico Martin Gardner nella prefazione, questo libro "sarà letto con avidità dagli scrittori e dai lettori di fantascienza": infatti questo saggio analizza il mondo che ci circonda in un modo nuovo e critico, e nello stesso tempo comunica quel "sense of wonder" che solo le letture di fantascienza sanno dare.
Esempio (dal web):
Se un essere bidimensionale, diciamo una qualsiasi figura geometrica disegnata su un foglio di arta, riesce ad avere coscienza delle due dimensioni in cui vive (lunghezza e larghezza), gli manca completamente la coscienza della visione tridimensionale: vedrà una sfera come un cerchio (la sezione di sfera che interseca il foglio di carta) e non potrà mai avere cognizione della sfera come solido.

Ora, ipotizzando l'esistenza di una dimensione aggiuntiva e di esseri che vivono in essa, questi esseri avrebbero una visione del nostro mondo ben più amplia della nostra, potendo vedere, contemporaneamente, passato, presente e futuro (ovvero, quello che a noi, dall'interno, sfugge) nella sua più assoluta com
 
 
 
 

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