Gli sciiti iracheni chiedono al premier
Gli sciiti iracheni chiedono al premier Al' Abadi di rivolgersi alla Russia per ottenere aiuto militare contro l'ISIS. Il leader iracheno invece ha paura di rompere in questo modo le relazioni con Washington.
Dopo l'intervento russo nel conflitto siriano il Medio Oriente è diventato l'arena della partita a due tra USA e Russia. In Siria il pallino del gioco è saldamente nelle mani della Russia. Gli attacchi aerei e con missili dell'aeronautica russa si sono dimostrati ben più efficaci di quelli dell'aviazione americana. Mosca in tre settimane si è trasformata nel giocatore principale in Siria ed ha estromesso gli americani, che non hanno raggiunto alcun risultato in un anno di bombardamenti contro l'ISIS.
La coalizione internazionale guidata dagli USA in 15 mesi, dall'agosto del 2014, ha inflitto più di 7 mila attacchi missilistici contro le posizioni dell'ISIS e degli altri gruppi della Jihad sunnita, eppure queste formazioni non sono state sconfitte, anzi proprio loro a maggio hanno conquistato Palmira e Ramadi in Iraq.
Tuttavia, il rifiuto degli USA a collaborare con Damasco e gli sciiti si ripercuote in maniera negativa sull'efficacia dei bombardamenti, perché la coalizione non disponde di informazioni d'intelligence dettagliate, che possono essere ottenuto soltanto a terra. Gli aerei USA si basano soltanto sui dati dei curdi siriani, che non sono sempre esatti e coprono soltanto la zona nord-orientale del paese.
I risultati degli attacchi dell'aviazione russa contro le posizioni dei terroristi in Siria hanno prodotto effetti anche nel vicino Iraq. L' Independent di Londra, citando deputati iracheni, scrive che il premier iracheno Al' Abadi si trova ora sotto una "grande pressione". La sua formazione politica, "Alleanza Nazionale" gli ha chiesto di chiedere a Mosca aiuto militare contro l' ISIS.
Abadi per il momento rimane sornione di fronte alle istanze del suo partito e risponde dicendo di non volere mettere a rischio le relazioni con gli USA. Il generale Joseph Danford, presidente del comitato unitario dei Capi dei quartier generali degli USA, è stato di recente in visita in Iraq ed ha chiesto alle autorità iraniane di non rivolgersi alla Russia, mettendo Baghdad di fronte ad un ultimatum: o l'America o la Russia.
Il presidente russo Vladimir Putin incontra il primo ministro iracheno Haider Al-Abadi - ©
Sputnik. Alexei Druzhinin
Al' Abadi è in una posizione difficilmente invidiabile. Sul fronte nazionale la sua debolezza è sancita dal non essere riuscito a riprendersi i territori persi per mano dei jihaidisti l'anno scorso.
I leader sciiti si lamentano del fatto che i soldati americani si rifiutano di sostenere i loro reparti con attacchi dall'aria. La milizia sciita è più motivata e disciplinata dei soldati regolari, che ancora non sono tornati in sè dopo le disfatte dell'anno scorso.
Abadi è sempre più al centro di critiche per la sua incapacità di decidere. Le maggiori organizzazioni armate sciite "Badr", "Ahrar al Hak" e "Kataib Hezbollah" agiscono in piena autonomia dal governo di Baghdad e secondo quanto ritengono a Washington e in altre capitali arabe, si trovano sotto la diretta influenza di Teheran.
La milizia sciita, come afferma l'agenzia Reuters, conta su 100 mila uomini e la maggior parte dei giovani sciiti oggi preferisce arruolarsi con loro, che non tra le fila dell'esercito regolare. Anche l'esercito iracheno è sotto il controllo sciita: secondo i dati in possesso della Reuters, circa il 70% degli ufficiali del ministero della difesa iracheno mette al primo posto la fedeltà alla milizia e non quella a Baghdad.
Articolo originale pubblicato sul sito What they say about USA
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