Il Pentagono sta attuando un piano per
espandere e fortificare maggiormente la “Zona Verde” di Kabul, la
sezione della capitale dell’Afghanistan dove si trovano le ambasciate
americane e altre ambasciate straniere, il quartier generale della NATO e
di altre forze armate, le organizzazioni internazionali e i ministeri
del governo.
Questo importante progetto, riferito dal New York Times
domenica, coincide con una grande escalation americana del conflitto,
che dura da quasi 16 anni, e segnala le intenzioni di Washington di
continuare quella che è effettivamente un’occupazione permanente della
nazione asiatica, devastata dalla guerra, ma in posizione strategica.
Il Pentagono prevede di inviare in
combattimento altri 4.000 soldati, il conflitto più lungo della storia
statunitense. Questa risposta a breve termine ai crescenti rovesci delle
forze di sicurezza del governo fantoccio afgano è stata accompagnata
dall’affermazione dell’esercito americano di aver dichiarato – con la
complicità dei media corporativi – un numero inferiore di truppe
statunitensi già presenti nel paese, con il numero reale superiore agli
11.000 uomini, piuttosto che gli 8.400 precedentemente riportati.
Il presidente Donald Trump ha continuato
a far finta di mantenere segreto il numero esatto di truppe da inviare
in Afghanistan, per non avvantaggiare l’insurrezione, tuttavia il vero
motivo è nascondere il più possibile agli americani l’assembramento di
truppe. Ma ci sono rapporti locali di cerimonie che indicano la partenza
di circa 6.000 soldati statunitensi inviati dalla 4a Divisione di
Fanteria di Fort Carson, in Colorado, insieme ad un numero non divulgato
di fanti della 10a Divisione da Montagna di Fort Drum, New York.
Non ci sono motivi per prevedere che la
forza potenziata di 15.000 soldati statunitensi cambierà
fondamentalmente la situazione in Afghanistan, dove il governo ha perso
il controllo di circa il 40 per cento del Paese a vantaggio dei
Talebani, che sono più forti che mai dall’invasione statunitense
dell’ottobre 2001, che rimosse dal potere il movimento islamista.
Mentre in precedenza si affermava che il
governo afgano, sostenuto dagli USA, non controllava saldamente nulla
al di fuori di Kabul, la capitale afghana stessa è ora diventata
l’obiettivo di attacchi sempre più devastanti, subendo il maggior numero
di vittime rispetto a qualsiasi regione del paese. Il piano di rendere
più che doppie le dimensioni della Zona Verde, assorbendo una vicina
base militare statunitense e costruendo pesanti fortificazioni e sistemi
di sicurezza simili a quelli utilizzati nella zona verde di Baghdad,
Iraq, è in parte una risposta ad un attacco con un camion bomba che lo
scorso maggio ha demolito l’ambasciata tedesca e ha ucciso circa 150
persone.
Il piano prevede pertanto che la zona
verde venga ampliata dalle sue attuali 0,71 miglia quadrate a 1,8 miglia
quadrate, con le strade che conducono al distretto fortificato chiuse a
tutti i veicoli tranne quelli ufficiali.
Sottolineando la retorica del Pentagono
su una nuova strategia di un “ritiro basato su condizioni”, nonché
l’altisonante discorso di Trump del mese scorso, che prometteva che la
sua amministrazione avrebbe “ottenuto la vittoria” in Afghanistan, il
rapporto del Times riconosce che “è probabile che la nuova
strategia per l’Afghanistan dell’amministrazione Trump manterrà i
militari in loco fino agli anni ‘20 del 2000, anche secondo le stime più
conservatrici”.
Tra i piani militari a lungo termine già
in programma c’è la creazione di un’aeronautica afgana, con gli Stati
Uniti che verseranno circa 6,5 miliardi di dollari nel progetto tra
quest’anno e il 2023.
Questi piani, insieme alla proposta per la fortificazione di Kabul, sono precedenti all’arrivo di Trump. Come riferisce il Times,
“Il processo di trasformazione di Kabul in fortezza è ovviamente
iniziato prima che il Sig. Trump assumesse l’incarico – le misure di
sicurezza sono state rinforzate e in alcuni luoghi è stata piazzata
un’invasiva rete di muri anti-esplosione anni prima che il presidente
Barack Obama lasciasse l’incarico”.
Oltre all’escalation del numero di
truppe sul terreno, il cambio di strategia statunitense è caratterizzato
soprattutto da un aumento dell’uso della potenza di fuoco, che accresce
inevitabilmente le vittime civili afghane, che sono già più di 1.500
solo quest’anno.
I bombardieri statunitensi B-52 che
partono dal Qatar stanno eseguendo un maggior numero di attacchi aerei
da marzo, mentre nuove unità di artiglieria vengono inviate nel paese
per bombardare i distretti sotto il controllo dei Talebani. Trump,
cedendo il controllo alla cricca dei generali in servizio e in pensione
che stanno decidendo la politica estera della sua amministrazione, ha
messo le regole d’ingaggio delle truppe statunitensi nel paese
interamente nelle mani dei comandanti locali, creando le condizioni per
un forte aumento del numero di atrocità inflitte al popolo afgano.
È stato anche rivelato che il Pentagono
sta lavorando con il governo afghano su un piano che creerà una nuova
forza di combattimento irregolare, armando fino a 20.000 combattenti
civili per rendere sicuro il territorio conquistato agli insorti. Il
piano sembra riprendere gli sforzi precedenti per creare la cosiddetta
Polizia Locale afgana (ALP), una forza che poneva l’effettivo controllo
locale nelle mani di signori della guerra semi-criminali, che
assassinavano i loro avversari e praticavano estorsioni sulle
popolazioni locali. La proposta è guidata in larga misura dalla crisi
che attanaglia le forze di sicurezza afghane, che hanno subito gravi
perdite in termini di vittime e diserzioni.
Come ulteriore risposta all’aumento di
vittime americane in Afghanistan, la CIA ha chiesto all’amministrazione
Trump l’autorizzazione per iniziare per la prima volta attacchi coi
droni in Afghanistan. Anche se l’agenzia di intelligence statunitense è
stata libera di condurre una campagna di uccisioni tramite droni nelle
Aree Tribali di Amministrazione Federale (FATA) del Pakistan
nordoccidentale, vicino al confine afgano, uccidendo e mutilando
migliaia di civili, fino ad ora gli attacchi dei droni in Afghanistan
sono stati condotti dalle forze armate statunitensi. Al contrario del
Pentagono, la CIA tratta i suoi attacchi coi droni come operazioni
segrete, rifiutandosi di renderle note.
Una componente decisiva del cambio di
strategia avviato da Trump è una posizione molto più aggressiva rispetto
al Pakistan, un paese dotato di armi nucleari popolato da 190 milioni
di persone. Il presidente americano ha accusato il Pakistan di
“nascondere criminali e terroristi”, minacciandolo di rappresaglie,
incluso un taglio dei sussidi.
Venerdì, gli Stati Uniti hanno ripreso i
loro attacchi coi droni contro il territorio pakistano, e si ritiene
che uno dei suoi velivoli senza pilota abbia sparato missili contro un
raduno di Talebani a Kurram, facente parte della regione delle FATA,
uccidendo tre persone e ferendone altri due.
Le tensioni tra Washington e Islamabad
sono state sottolineate da un’intervista in cui il Ministro degli Esteri
pakistano Khawaja Muhammad Asif ha detto al Wall Street Journal
che in Afghanistan gli Stati Uniti “stanno perpetrando una follia, una
strategia che è già fallita”. Ha affermato che affronterà la questione
nella sessione di apertura di questa settimana dell’Assemblea Generale
delle Nazioni Unite, accusando Washington di affidarsi ad una politica
“militaristica” e insistendo sul fatto che solo un accordo negoziato può
porre fine alla guerra.
“Penso che gli americani dovrebbero
essere più realistici e più pragmatici circa il loro approccio in
Afghanistan”, ha detto Asif al Journal. “Hanno già perso più del 40 per cento del territorio ai Talebani. Come si fa a continuare a combattere contro di loro?”
Il deterioramento delle relazioni
bilaterali è stato reso chiaro dopo che Asif ha revocato un viaggio
negli USA programmato in precedenza per dei colloqui con il Segretario
di Stato americano Rex Tillerson, e dopo il rifiuto del governo
pakistano di ospitare una visita programmata nel paese dell’alto
funzionario per l’Asia centrale e meridionale del Dipartimento di Stato.
Pur annullando gli incontri con i
funzionari statunitensi, Asif ha organizzato incontri con le sue
controparti cinese, iraniana e turca, sottolineando l’intesa del
Pakistan con i governi di questi paesi sulla necessità di una soluzione
politica in Afghanistan. Ha anche espresso la sua intenzione di
incontrare il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov durante la
sessione delle Nazioni Unite per coordinare la politica sull’Afghanistan
con la Russia.
Tali iniziative, volte a garantire gli
interessi del Pakistan a prescindere dal risultato della guerra afghana,
in particolare nei confronti del suo principale rivale regionale,
l’India, intralciano direttamente gli obiettivi perseguiti
dall’imperialismo statunitense nel suo decennio e mezzo di brutale
guerra coloniale in Afghanistan. Questi includono la creazione di una
presenza militare permanente degli Stati Uniti in un paese che confina
sia con l’Iran che con la Cina, così come con le ex repubbliche
sovietiche ricche di petrolio del bacino del Caspio.
La risposta di Washington probabilmente
includerà non solo un’ulteriore escalation militare nella regione, ma
anche un’ulteriore avvicinamento verso l’India, aumentando pericolose
tensioni tra le due potenze nucleari dell’Asia meridionale.
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Articolo di Bill van Auken pubblicato su World Socialist Web Site il 18 settembre 2017.
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.
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