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lunedì 25 settembre 2017

Il Pentagono fortificherà Kabul per la guerra senza fine in Afghanistan


Il Pentagono sta attuando un piano per espandere e fortificare maggiormente la “Zona Verde” di Kabul, la sezione della capitale dell’Afghanistan dove si trovano le ambasciate americane e altre ambasciate straniere, il quartier generale della NATO e di altre forze armate, le organizzazioni internazionali e i ministeri del governo.

Questo importante progetto, riferito dal New York Times domenica, coincide con una grande escalation americana del conflitto, che dura da quasi 16 anni, e segnala le intenzioni di Washington di continuare quella che è effettivamente un’occupazione permanente della nazione asiatica, devastata dalla guerra, ma in posizione strategica.

Il Pentagono prevede di inviare in combattimento altri 4.000 soldati, il conflitto più lungo della storia statunitense. Questa risposta a breve termine ai crescenti rovesci delle forze di sicurezza del governo fantoccio afgano è stata accompagnata dall’affermazione dell’esercito americano di aver dichiarato – con la complicità dei media corporativi – un numero inferiore di truppe statunitensi già presenti nel paese, con il numero reale superiore agli 11.000 uomini, piuttosto che gli 8.400 precedentemente riportati.

Il presidente Donald Trump ha continuato a far finta di mantenere segreto il numero esatto di truppe da inviare in Afghanistan, per non avvantaggiare l’insurrezione, tuttavia il vero motivo è nascondere il più possibile agli americani l’assembramento di truppe. Ma ci sono rapporti locali di cerimonie che indicano la partenza di circa 6.000 soldati statunitensi inviati dalla 4a Divisione di Fanteria di Fort Carson, in Colorado, insieme ad un numero non divulgato di fanti della 10a Divisione da Montagna di Fort Drum, New York.

Non ci sono motivi per prevedere che la forza potenziata di 15.000 soldati statunitensi cambierà fondamentalmente la situazione in Afghanistan, dove il governo ha perso il controllo di circa il 40 per cento del Paese a vantaggio dei Talebani, che sono più forti che mai dall’invasione statunitense dell’ottobre 2001, che rimosse dal potere il movimento islamista.

Mentre in precedenza si affermava che il governo afgano, sostenuto dagli USA, non controllava saldamente nulla al di fuori di Kabul, la capitale afghana stessa è ora diventata l’obiettivo di attacchi sempre più devastanti, subendo il maggior numero di vittime rispetto a qualsiasi regione del paese. Il piano di rendere più che doppie le dimensioni della Zona Verde, assorbendo una vicina base militare statunitense e costruendo pesanti fortificazioni e sistemi di sicurezza simili a quelli utilizzati nella zona verde di Baghdad, Iraq, è in parte una risposta ad un attacco con un camion bomba che lo scorso maggio ha demolito l’ambasciata tedesca e ha ucciso circa 150 persone.

Il piano prevede pertanto che la zona verde venga ampliata dalle sue attuali 0,71 miglia quadrate a 1,8 miglia quadrate, con le strade che conducono al distretto fortificato chiuse a tutti i veicoli tranne quelli ufficiali.

Sottolineando la retorica del Pentagono su una nuova strategia di un “ritiro basato su condizioni”, nonché l’altisonante discorso di Trump del mese scorso, che prometteva che la sua amministrazione avrebbe “ottenuto la vittoria” in Afghanistan, il rapporto del Times riconosce che “è probabile che la nuova strategia per l’Afghanistan dell’amministrazione Trump manterrà i militari in loco fino agli anni ‘20 del 2000, anche secondo le stime più conservatrici”.

Tra i piani militari a lungo termine già in programma c’è la creazione di un’aeronautica afgana, con gli Stati Uniti che verseranno circa 6,5 ​​miliardi di dollari nel progetto tra quest’anno e il 2023.

Questi piani, insieme alla proposta per la fortificazione di Kabul, sono precedenti all’arrivo di Trump. Come riferisce il Times, “Il processo di trasformazione di Kabul in fortezza è ovviamente iniziato prima che il Sig. Trump assumesse l’incarico – le misure di sicurezza sono state rinforzate e in alcuni luoghi è stata piazzata un’invasiva rete di muri anti-esplosione anni prima che il presidente Barack Obama lasciasse l’incarico”.

Oltre all’escalation del numero di truppe sul terreno, il cambio di strategia statunitense è caratterizzato soprattutto da un aumento dell’uso della potenza di fuoco, che accresce inevitabilmente le vittime civili afghane, che sono già più di 1.500 solo quest’anno.

I bombardieri statunitensi B-52 che partono dal Qatar stanno eseguendo un maggior numero di attacchi aerei da marzo, mentre nuove unità di artiglieria vengono inviate nel paese per bombardare i distretti sotto il controllo dei Talebani. Trump, cedendo il controllo alla cricca dei generali in servizio e in pensione che stanno decidendo la politica estera della sua amministrazione, ha messo le regole d’ingaggio delle truppe statunitensi nel paese interamente nelle mani dei comandanti locali, creando le condizioni per un forte aumento del numero di atrocità inflitte al popolo afgano.

È stato anche rivelato che il Pentagono sta lavorando con il governo afghano su un piano che creerà una nuova forza di combattimento irregolare, armando fino a 20.000 combattenti civili per rendere sicuro il territorio conquistato agli insorti. Il piano sembra riprendere gli sforzi precedenti per creare la cosiddetta Polizia Locale afgana (ALP), una forza che poneva l’effettivo controllo locale nelle mani di signori della guerra semi-criminali, che assassinavano i loro avversari e praticavano estorsioni sulle popolazioni locali. La proposta è guidata in larga misura dalla crisi che attanaglia le forze di sicurezza afghane, che hanno subito gravi perdite in termini di vittime e diserzioni.

Come ulteriore risposta all’aumento di vittime americane in Afghanistan, la CIA ha chiesto all’amministrazione Trump l’autorizzazione per iniziare per la prima volta attacchi coi droni in Afghanistan. Anche se l’agenzia di intelligence statunitense è stata libera di condurre una campagna di uccisioni tramite droni nelle Aree Tribali di Amministrazione Federale (FATA) del Pakistan nordoccidentale, vicino al confine afgano, uccidendo e mutilando migliaia di civili, fino ad ora gli attacchi dei droni in Afghanistan sono stati condotti dalle forze armate statunitensi. Al contrario del Pentagono, la CIA tratta i suoi attacchi coi droni come operazioni segrete, rifiutandosi di renderle note.

Una componente decisiva del cambio di strategia avviato da Trump è una posizione molto più aggressiva rispetto al Pakistan, un paese dotato di armi nucleari popolato da 190 milioni di persone. Il presidente americano ha accusato il Pakistan di “nascondere criminali e terroristi”, minacciandolo di rappresaglie, incluso un taglio dei sussidi.

Venerdì, gli Stati Uniti hanno ripreso i loro attacchi coi droni contro il territorio pakistano, e si ritiene che uno dei suoi velivoli senza pilota abbia sparato missili contro un raduno  di Talebani a Kurram, facente parte della regione delle FATA, uccidendo tre persone e ferendone altri due.

Le tensioni tra Washington e Islamabad sono state sottolineate da un’intervista in cui il Ministro degli Esteri pakistano Khawaja Muhammad Asif ha detto al Wall Street Journal che in Afghanistan gli Stati Uniti “stanno perpetrando una follia, una strategia che è già fallita”. Ha affermato che affronterà la questione nella sessione di apertura di questa settimana dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, accusando Washington di affidarsi ad una politica “militaristica” e insistendo sul fatto che solo un accordo negoziato può porre fine alla guerra.

“Penso che gli americani dovrebbero essere più realistici e più pragmatici circa il loro approccio in Afghanistan”, ha detto Asif al Journal. “Hanno già perso più del 40 per cento del territorio ai Talebani. Come si fa a continuare a combattere contro di loro?”

Il deterioramento delle relazioni bilaterali è stato reso chiaro dopo che Asif ha revocato un viaggio negli USA programmato in precedenza per dei colloqui con il Segretario di Stato americano Rex Tillerson, e dopo il rifiuto del governo pakistano di ospitare una visita programmata nel paese dell’alto funzionario per l’Asia centrale e meridionale del Dipartimento di Stato.

Pur annullando gli incontri con i funzionari statunitensi, Asif ha organizzato incontri con le sue controparti cinese, iraniana e turca, sottolineando l’intesa del Pakistan con i governi di questi paesi sulla necessità di una soluzione politica in Afghanistan. Ha anche espresso la sua intenzione di incontrare il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov durante la sessione delle Nazioni Unite per coordinare la politica sull’Afghanistan con la Russia.

Tali iniziative, volte a garantire gli interessi del Pakistan a prescindere dal risultato della guerra afghana, in particolare nei confronti del suo principale rivale regionale, l’India, intralciano direttamente gli obiettivi perseguiti dall’imperialismo statunitense nel suo decennio e mezzo di brutale guerra coloniale in Afghanistan. Questi includono la creazione di una presenza militare permanente degli Stati Uniti in un paese che confina sia con l’Iran che con la Cina, così come con le ex repubbliche sovietiche ricche di petrolio del bacino del Caspio.

La risposta di Washington probabilmente includerà non solo un’ulteriore escalation militare nella regione, ma anche un’ulteriore avvicinamento verso l’India, aumentando pericolose tensioni tra le due potenze nucleari dell’Asia meridionale.


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Articolo di Bill van Auken pubblicato su World Socialist Web Site il 18 settembre 2017.
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.

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