Il film Dark City è stato associato
spesso a Matrix per via dei contenuti in comune e per l’azione catartica del
protagonista, in missione per salvare l’umanità da una razza predatrice e
totalizzante.
La narrazione di Dark City però fa
eccezione. Lo scenario urbano è gestito interamente da figure arcontiche,
organizzate in assemblea/alveare, che controllano la percezione umana sin nei minimi
dettagli, inserendo false memorie nei malcapitati cittadini, alla ricerca di un
quid indefinibile che solo gli umani possiedono.
GLI ARCONTI PREDATORI ATTORNO AL PIANETA PRIGIONE
Tale ‘quid’ è l’anima. Gli arconti
sono in grado di modificare l’immaginario collettivo ma non di carpire il
segreto intimo alla natura umana. Essi sono medusoidi che occupano corpi di
defunti terreni, il che consente loro di interagire con lo spazio ed il tempo,
modificandone i parametri a loro piacimento. Hanno timore dell’acqua e della
luce solare che non lasciano filtrare mantenendo l’ambiente urbano in un’atmosfera
di cupa desolazione.
IL PARADISO IMMAGINATO - ARTIFICIO O REALTA'?
Quasi tutti gli esseri umani vivono
assoggettati al cupo scenario associativo loro imposto, tranne uno sparuto
numero di individui che possiede una consapevolezza particolare, una ‘accordatura’
rara che consente loro di comprendere l’artificio e di imporre la propria
volontà.
Nella pellicola c’è anche la figura
dell’umano collaborante (uno psichiatra) e del ‘non risvegliato’ ma possibilista (un detective), che si rende
conto delle incongruenze e cerca di ragionarci sopra.
LA TERRA PIATTA FLUTTUA NELLO SPAZIO OSCURO
Un quadro interessante emerge dal
film, anche in rapporto al problema percettivo, riassumibile nella formula
riduttiva ‘Terra Piatta’. La cupa città infatti in cui si svolgono le esistenze
umane, non è altro che un microcosmo artificiale in cui l’oscurità e la perdita
di memoria impediscono agli abitanti di raggiungere un habitat sereno e
piacevole, legato ai veri ricordi dell’infanzia; un disco sospeso nel vuoto,
una esigua prigione artificiale dove l’uomo è tenuto prigioniero perché
immemore della sua felice origine.
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