“L’amore è l’unica cosa che raddoppia
ogni volta che la condividiamo.”
(Albert Schweitzer)
Come
coltivare l’altruismo? Il praticante buddista medita su quattro
atteggiamenti mentali che devono essere accresciuti senza limiti:
l’amore, la compassione, la gioia per la felicità degli altri e
l’imparzialità. Meditare significa familiarizzarsi con un nuovo modo di
vedere le cose. La maggior parte di noi non è affatto sintonizzata sulle
onde dell’amore altruista. La nostra concezione della vita e le nostre
priorità non considerano il benessere altrui come lo scopo principale.
La
meditazione comincia con la compassione, la determinazione ad alleviare
il prossimo dalla sofferenza e dalle sue cause. Evocare le molteplici
sofferenze degli esseri viventi, in un modo il più possibile realistico,
fa provare una compassione senza limiti. Mantenere la continua
consapevolezza di queste sofferenze potrebbe però rischiare di farci
sentire impotenti e scoraggiati: «Come potrò mai, da solo, rimediare a
tanto dolore?»
Si
passa allora alla meditazione sulla gioia, pensando a quelli che
provano la felicità e possiedono grandi qualità umane e a quelli che
hanno coronato con successo le loro aspirazioni costruttive. Allora si
gioisce pienamente. Questa gioia rischia però di trasformarsi in cieca
euforia. È dunque il momento di passare all’imparzialità, per estendere i
sentimenti d’amore e di compassione a tutti gli esseri: amici,
sconosciuti e nemici, senza distinzioni.
L’ostacolo
che possiamo incontrare è quello dell’indifferenza. Ma ci soccorre
l’amore altruistico, il desiderio ardente che tutti gli esseri possano
trovare la felicità e le cause della felicità. Se questo amore si evolve
nell’attaccamento, torniamo a meditare sull’imparzialità o sulla
compassione. Facciamo in modo di sviluppare alternativamente questi
quattro pensieri, evitando di cadere nei loro eccessi.
C’è
poi un altro metodo che consiste nel lasciare che i pensieri si
calmino, fino a raggiungere una condizione di vuoto interiore, per far
emergere con chiarezza e forza un sentimento profondo di bontà e di
compassione, che ci calma la mente. Ogni essere può raccogliere la
totalità del nostro amore. Questo amore deve però associarsi alla
comprensione dell’interdipendenza di tutti i fenomeni e di tutti gli
esseri.
Compassione
e conoscenza sono inseparabili come le ali di un uccello. Così come un
uccello non può volare con un’ala sola, senza la compassione la
conoscenza è sterile e senza conoscenza la compassione è cieca. Chi ha
compreso la realtà ultima delle cose è in grado di sviluppare l’amore e
la compassione al più alto livello.
Dalla
conoscenza scaturisce spontaneamente una comprensione infinita verso
chi, prigioniero dell’ignoranza, vaga nel dolore. La compassione del
saggio rischiara senza abbagliare, e riscalda senza bruciare. È dovunque
come l’aria.
Un
giorno Patrul Rinpoche chiese a Lhuntok, uno dei suoi discepoli, di
restare in una grotta a meditare sulla compassione. Inizialmente, il
sentimento d’amore verso gli altri era un po’ forzato e artificiale. Ma,
poco a poco, la sua mente fu conquistata dalla compassione. Sei mesi
dopo, Lhuntok vide passare davanti alla sua caverna, un cavaliere
solitario che cantando attraversava la valle.
(Matthieu Ricard, Il gusto di essere felici, Sperling & Kupfer ed.)
fonte: http://lacompagniadeglierranti.blogspot.it/2016/12/meditazioni-sullamore-e-sulla.html
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