“Quando lasciamo andare la presunzione,
possiamo sperimentare il merito dell’apprezzamento.”
(Dzigar Kongtrül)
“Ci
sforziamo di diventare influenzi e potenti, lavoriamo indefessamente
per diventare ricchi, oppure aspiriamo a realizzare qualcosa di
significativo con la pittura, la musica o altre forme di espressione. Al
termine di una vita di lavoro è possibile raggiungere un certo grado di
soddisfazione. Ma se avessimo la disciplina di collegarci al nostro
retaggio naturale potremmo ottenere la stessa sensazione di ricchezza e
benessere in ogni momento.
Molte
persone straordinariamente agiate provano un intimo senso di
deprivazione. Si può passare la vita a fare di tutto per migliorare le
condizioni materiali, ma se manca la ricchezza interiore il senso di
povertà e di insoddisfazione non svanisce mai. Chi ha il cuore ricco non
dipende da circostanze esterne ottimali o dalla dovizia di bene
materiali. Può apprezzare la ricchezza convenzionale e una posizione
influente, ma accanto a questo ha anche un senso molto vivo radicato di
ricchezza interiore.
Questa
ricchezza innata si definisce yün, in tibetano. Chögyam Trungpa
Rinpoche spiega che tutto dipende dal proprio yün particolare: uomini e
donne, ad esempio, hanno in sé il proprio yün completo. Lo yün interno
magnetizza lo yün delle cose esterne. Quando lo yün interno si connette
con lo yün del mondo fenomenico, ci sentiamo ricchi, molto più ricchi di
tanta gente facoltosa, anche se abbiamo pochi soldi nel portafoglio.
Anche
se abbiamo uno status sociale o un potere modesti, ci sentiamo molto
più potenti di tanti personaggi influenti. Come si spiega? Questo stato
mentale sorge dalla spaziosità e dalla ricchezza della nostra natura
fondamentale. Meditare sulla natura della mente crea più spazio nella
nostra mente. C’è più posto per l’esperienza delle emozioni umane, e più
posto per lasciar dissolvere la mente egocentrica.
Nel
contesto di questa apertura scopriamo un potenziale illimitato.
Ricchezza e significato non si trovano fuori di noi. E nella vita non
c’è solo il “cosa ci guadagno” o il “cosa mi manca.” Quando ci apriamo
alla ricchezza dell’esperienza, abbiamo meno paura e più capacità di
godere appieno della vita. Apprezziamo la bellezza del mondo che ci
circonda e di tutto ciò che incontriamo. Con questa illimitata mente di
ricchezza, anche un mendicante per la strada può sentirsi il monarca
universale.
Nella
misura in cui riconosciamo la nostra ricchezza interiore, abbiamo uno
straordinario senso di sicurezza, a cui affidarci in ogni situazione.
Sapere di poter contare su noi stessi è una fonte di contentezza e di
gioia. Qualunque cosa ci proponga la vita, buona o cattiva, facile o
difficile, è gustosa. Ma se la ricchezza naturale è insita in tutti gli
esseri, perché è così difficile farne esperienza? Come entrare in
possesso di questo patrimonio? C’è un PIN per accedervi?
La
risposta è si. Il codice PIN della ricchezza è m-e-r-i-t-o. È molto
importante capire in che modo il merito plasma la nostra vita. Il merito
influisce su tutto ciò che siamo e facciamo, come pure su quello che
saremo e faremo. La buona sorte di cui godiamo in questa vita è il
frutto delle buone azioni passate. Si tratta di azioni che ci hanno
sospinto in direzione della verità e dell’espressione della nostra bontà
naturale. Potremmo credere che le circostanze fortunate in cui ci
troviamo siano dovute unicamente al nostro impegno.
Ma,
in verità, si devono alle nostre azioni passate e alla gentilezza degli
altri. Senza merito, non potremmo mai fruirne o ottenerle, per quanti
sforzi facciamo. Tutti noi possediamo qualità positive, fisiche,
intellettuali o creative, che ci fanno sentire speciali e perfino
orgogliosi. Potremmo essere così facoltosi da sembrare veramente
eccezionali. Ma tutte queste qualità e circostanze positive sono il
risultato delle nostre azioni passate, e non sono dovute soltanto ai
nostri sforzi attuali.
Se
lo teniamo presente, non saranno mai motivo di arroganza o superbia, né
di scoraggiamento quando dovessero venire meno o cambiare. Se non ci
identifichiamo con qualità o circostanze positive come se fossero “me” o
“mie” non ci saranno mai di peso. Al contrario, se capiamo da dove
provengono, potremo usarle per plasmare il nostro mondo attraverso
scelte e azioni meritorie. È il modo migliore per reinvestire il nostro
merito attuale.
Ci
sono due tipi di merito. Il primo tipo spiana la strada al dispiegarsi
della nostra intelligenza fondamentale e del cammino spirituale e, così
facendo, ci procura circostanze positive e cose desiderabili. Il secondo
tipo ci consente di fruirne e di goderne effettivamente. Il primo tipo
di merito lo accumuliamo tramite qualunque azione fisica, verbale o
mentale che riduce la presunzione e fa del bene agli altri, e tramite
qualunque azione ispirata dal nostro desiderio di entrare in contatto
con chi ha raggiunto la libertà e riscoperto la ricchezza innata.
Per
accumulare il primo tipo di merito contiamo su una conoscenza del
meccanismo karmico di causa ed effetto per creare le condizioni
favorevoli al vero benessere nostro e altrui. Se il primo tipo di merito
ci procura circostanze desiderabili, il secondo tipo di merito ci
consente di goderne effettivamente. Senza il merito per godere la
prosperità che abbiamo, siamo consumati dall’ansia e dallo stress nel
processo di accrescerla e proteggerla. Invece di farci sentire ricchi,
le prosperità e le circostanze positive hanno l’effetto opposto.
Sorprendentemente,
il secondo tipo di merito è più difficile da accumulare del primo. La
capacità di godere della prosperità deriva da un profondo apprezzamento
del mondo in cui viviamo. E l’apprezzamento è possibile solo quando
lasciamo andare la presunzione. Per poter godere della nostra buona
sorte, il lavoro da fare sulla mente è più sottile.
In
breve, la ricchezza è la nostra natura fondamentale. Ma se usiamo il
nostro patrimonio di qualità per rimpolpare la presunzione, distruggiamo
la nostra capacità di goderne. Non apprezzare il mondo in cui viviamo
denota una mancanza del secondo tipo di merito. Abbiamo il sole e la
luna e il mondo naturale, che non si possono comprare per nessuna cifra,
ma li apprezziamo veramente?
Immaginate
come sarebbe il mondo se non ci fossero montagne, foreste, laghi, fiumi
e stagioni. Pensate alla bellezza di ogni singolo fenomeno naturale e
all’effetto profondo che ha su di voi. Apprezzate la vostra preziosa
vita umana? Nessuna somma di denaro può comprare questa nascita umana:
l’avete ottenuta grazie al primo tipo di merito. Non apprezzarla denota
una mancanza del secondo tipo di merito. E apprezzate veramente il
vostro lavoro?
La
maggior parte di noi passa la vita a lavorare duramente. Se non
apprezziamo quello che facciamo, non coglieremo il frutto di tutto il
tempo e le energie che abbiamo speso perché ci mancherà il secondo tipo
di merito. Riflettete su questo per coltivare un maggiore apprezzamento
per tutto ciò che avete, inclusi il lignaggio, il maestro, gli
insegnamenti e la pratica. Non pensate che la ricchezza spontaneamente
presente nel mondo esterno, le montagne, le foreste, i laghi, le quattro
stagioni, i dodici mesi e la rotazione del sole e della luna, non sia
dovuta al vostro merito.
Grazie
alle vostre passate azioni positive avete questo patrimonio da godere.
Questi sono gli aspetti esterni e interni del nostro retaggio umano. La
nostra mente è dotata di cinque sensi straordinari, vista, udito, gusto e
via dicendo, che ci collegano al mondo esterno. E oltre i cinque sensi
abbiamo la sesta coscienza, la coscienza mentale, che consiste nella
facoltà di conoscere e dare un nome al nostro mondo. La sesta coscienza
include il processo del pensiero, che è anch’esso meraviglioso.
Ci
regala l’io e la tendenza a prediligere e proteggere l’io, ci regala
tutte le nostre emozioni negative, la confusione, la sofferenza e il
dolore. Tutto ciò che proviamo, inclusa la sofferenza, sorge
dall’essenza della mente e dall’enorme potenziale e vitalità o energia
che essa possiede. Anche se ci troviamo a soffrire nel samara perché non
usiamo bene questo potenziale, possiamo cominciare ad apprezzare il
fatto che ci sia.
(Dzigar Kongtrül, Ora sta a voi, Ubaldini ed.)
fonte: http://lacompagniadeglierranti.blogspot.it/2016/12/lapprezzamento.html
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