5 sett 2013 -
Qualcosa non torna dietro la ricostruzione fatta dagli Stati Uniti di
quanto successo nei sobborghi di Damasco il 21 agosto. Il gas “Sarin”
non è mai puzzato così tanto…
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Secondo Jhon
Kerry il gas Sarin avrebbe ucciso oltre 1400 persone a Damasco il 21
agosto. L’Occidente, con Washington e Parigi in prima fila, non
ha dubbi sul responsabile: sarebbe stato il governo di Bashar al-Assad.
Ma già a sentire Medici senza Frontiere ci si accorge che i morti
sarebbero “solo” 350, più di mille in meno rispetto alla stima fatta da
Washington.
Non solo, MSF ha anche chiesto agli Usa di non
strumentalizzare le loro dichiarazioni dal momento che nessuno è ancora
riuscito a stabilire chi abbia usato i gas. Gian Micalessin, giornalista
del “Giornale” si trova in queste ore a Damasco e ha provato a
raggiungere Ghouta, il luogo dove avrebbe avuto luogo l’attacco chimico.
Micalessin ha scritto da Jobar, uno dei paesi che sarebbe stato
interessato dalla strage, e ha detto di non aver trovato traccia
dell’uso di gas né persone informate dei fatti accaduti proprio in
quella zona. Un pò strano dato che secondo la Casa Bianca proprio a
Jobar sarebbero stati sparati missili pieni di Sarin, e invece niente,
anche i soldati presenti nel posto sostengono di non aver sentito nessun
odore di gas, e come loro anche i residenti. Del resto i soldati
siriani erano presenti in massa proprio a Jobar e Ghouta, perchè dunque
Assad avrebbe dovuto lanciare armi chimiche contro i suoi stessi
soldati?
I media
occidentali poi distorcono la realtà e hanno oscurato una notizia che
invece potrebbe servire eccome a capire cosa successe il 21 agosto. Dave
Gavlak, collaboratore fidato di Associated Press, ha realizzato il 29
agosto un reportage dalla parte ribelle intervistando diversi ribelli e
gruppi islamisti attivi a Ghouta. Costoro hanno ammesso le loro
responsabilità nel massacro di civili del 21 agosto che Washington e
parte della comunità internazionale attribuiscono ad Assad, ma
stranamente Obama su questo ha taciuto. La notizia, che noi del Tribuno
abbiamo dato pur con tutte le riserve del caso, è stata pubblicata dal
giornale online “Mintpressnews”, ma questo reportage è stato bella mente
ignorato. In base a quanto scoperto da Gavlak i ribelli nasconderebbero
in moschee e case private le armi, anche quelle chimiche ricevute dai
servizi segreti sauditi.
Ecco che l’attacco chimico altro non sarebbe
che un incidente causato dai ribelli stessi. Il fatto che i qaedisti
possano aver ricevuto le armi chimiche dai sauditi proprio per creare un
incidente a pochi chilometri dall’hotel che ospitava i tecnici dell’Onu
esperti in armi chimiche creando così un casus belli è un’ipotesi molto
realistica a questo punto. Come ricorda il sito “Analisi Difesa”
inoltre, le forze di Assad non avrebbero tratto alcun vantaggio politico
o militare dall’impiego di armi chimiche contro i ribelli. Solo i
ribelli ne hanno tratto vantaggio, mostrandosi così al mondo come le
vittime di armi di distruzione di massa meritevoli di un intervento
internazionale a scopo umanitario contro il “tiranno” Assad.
Come
riporta il sito: “D’altra parte i ribelli hanno già utilizzato armi
chimiche uccidendo numerosi soldati lealisti come aveva detto
(suscitando scalpore, censure e reazioni) nel maggio scorso alla
televisione svizzera il giudice Carla Del Ponte che fa parte del team
dell’Onu che si è occupato di questo problema. In giugno invece era
stato il premier britannico David Cameron a dire pubblicamente che i
qaedisti in Siria cercano di dotarsi di armi chimiche, anticipando di
fatto lo scenario fotografato dal reportage pubblicato da
Mintpressnews.” Del resto la Nato non è nuova alla costruzione di
incidenti più o meno gravi per giustificare interventi militari.
E’
stato il caso del Kosovo con la strage finta di Racak, ed è stato il
caso della Libia con le immagini finte delle presunte fosse comuni di
Tripoli, e come dimenticare l’Iraq nel 2003 con le armi di distruzione
di massa mai trovate. Insomma la pista saudita meriterebbe maggiore
attenzione, ancor più che i servizi sauditi già in passato si sono
mostrati senza scrupoli. Di conseguenza tutte le accuse americane a
Damasco andrebbero viste come una colossale truffa mediatica. Del resto
Israele pochi minuti dopo la strage aveva parlato di lancio di missili a
testata chimica, mentre le fonti ribelli parlavano di bombardamenti
aerei.
Ecco perchè la Russia non crede a una parola delle accuse della
Casa Bianca: “Non ci sono ne’ mappe geografiche ne’ nomi ne’ alcuna
prova che i campioni siano stati prelevati da professionisti”, ha
spiegato il ministro degli Esteri Lavrov, “e neppure contenevano alcun
commento sul fatto che molti esperti hanno messo in forte dubbio i video
che girano su internet”.
Un chiaro riferimento al fatto che si
vedessero molte vittime già composte per la sepoltura e i supposti
soccorritori si muovessero tra le persone colpite dal gas senza
indossare alcuna protezione. Inoltre che qualcosa non torni lo si desume
anche dall’improvvisa frenata di Obama, che fino a pochi giorni fa
sembrava assolutamente deciso ad attaccare e si è fermato
all’improvviso, forse perchè le notizie della complicità ribelle
nell’attacco sono cominciate a filtrare.
Del resto l’Arabia Saudita
qualcosa c’entra eccome nella questione siriana, basti pensare che i
servizi segreti guidati dal principe Bandar bin Sultan avrebbero offerto
al presidente russo Vladimir Putin un accordo “di cartello” per
controllare il mercato mondiale del petrolio e salvaguardare i contratti
di gas di Mosca in cambio della fine dell’appoggio russo al regime
siriano di Bashar al-Assad.
Il Cremlino avrebbe rifiutato anche se al
momento continua a negare tale incontro reso noto, tra gli altri, dal
quotidiano britannico Telegraph. Di fronte al “no” russo, l’Arabia
Saudita avrebbe persino minacciato di rovinare le Olimpiadi invernali di
Sochi manovrando i gruppi terroristi ceceni, a confermare che i sauditi
si trovano molto a loro agio nel parlare con i terroristi. E gli Stati
Uniti, guarda un pò, sono loro fedeli alleati da sempre..
Gracchus Babeuf
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