lunedì 4 agosto 2014

Campanelli d'Allarme e Specchietti per le Allodole del Sistema Bancario Europeo

Via Zero Hedge: i campanelli d'allarme dell'Eurozona sono tutti accesi,  con i debiti sovrani su un percorso insostenibile a causa della mancata crescita e il sistema bancario europeo - ma soprattutto le banche tedesche e francesi - in pieno Minsky Moment. 
 
I campanelli d'allarme del sistema bancario europeo stanno suonando da un bel po', ma nessuno sembra essere in ascolto. I ruggenti mercati dei capitali fanno semplicemente troppo rumore. 
 
Ma teniamo presenti un paio di cose.

I Prestiti al settore privato nella zona euro sono in brusco calo. Gli ultimi dati sono stati appena pubblicati e il quadro non è affatto incoraggiante. L
o scorso giugno il credito totale al settore privato da parte delle istituzioni finanziarie monetarie della zona euro ha accentuato la sua traiettoria negativa, con i prestiti alle famiglie che vedono il maggior calo mensile dal culmine della grande crisi finanziaria alla fine del 2008. Uh-oh.


La periferia di nuovo in gioco? Molto di recente la seconda più grande banca privata in Portogallo è stata coinvolta nel fallimento del gruppo Espirito Santo, riportando proprio lo scorso mercoledì la più grande perdita societaria mai vista nella storia del paese, e alimentando il sospetto che non tutto potrebbe essere a posto nella periferia dell'Eurozona. Ora il governo portoghese può essere costretto a intervenire, eventualmente utilizzando una gran parte dei fondi di stabilizzazione del settore finanziario accantonati durante il recente piano di salvataggio del paese.

La BRI lancia un (altro) monito. Non dovrebbe essere una sorpresa. Nel suo rapporto annuale 2014, pubblicato a fine giugno, la Banca dei Regolamenti Internazionali("BRI") ha lanciato l'allarme su "le banche che non sono riuscite a regolare la persistente debolezza di bilancio post-crisi derivante dall'esposizione diretta a mutuatari sovraindebitati e dalle conseguenze di un eccesso di debito sulla ripresa economica", con questa situazione che è la più critica in Europa. Ha inoltre dichiarato che gli aumenti nei rapporti di debito pubblico in diversi casi sembrano essere avviati su un percorso insostenibile.

Sofferenze in aumento. Prima abbiamo avuto Fitch, l'agenzia di rating, la quale ha affermato lo scorso maggio che su un campione di 124 banche della zona euro che hanno partecipato ai recenti stress test i crediti in sofferenza sono aumentati in media dell'8% nel 2013, con almeno 30 banche che hanno riportato un aumento del 20%. Questo potrebbe certamente aver contribuito alla contrazione massiccia del credito al settore privato a cui ora stiamo assistendo. Ma c'è di più.

Minacce incombenti. Altre migliaia di miliardi, in effetti. Nel febbraio Reuters ha riferito che le banche europee hanno prestato 3.000 miliardi di dollari in eccesso ai mercati emergenti - un po' meno dell'intero PIL della Germania, e più di quattro volte l'esposizione degli istituti di credito degli Stati Uniti verso quei paesi. Fitch è intervenuto dicendo che "alcune grandi banche europee sono sostanzialmente esposte verso i mercati emergenti più fragili."  Mentre per queste banche i rischi diretti potrebbero essere gestibili, il contagio potrebbe essere un'altra storia. Un default argentino può essere davvero contenuto? I problemi della Turchia sono risolti? Cosa succede se le ultime sanzioni UE/USA colpiscono duramente le banche o le società russe?

Dov'è il capitale? Un'altra rivelazione è arrivata più di un anno fa. Nell'aprile 2013, Jakob Vestergaard e María Retana presso l'Istituto Danese di Studi Internazionali hanno pubblicato "Specchietti per le Allodole: sulla Presunta Ricapitalizzazione delle Banche Europee", una relazione in parte finanziata dalla Banca Mondiale. Il titolo dice tutto. Secondo gli autori, utilizzando misurazioni di capitale basate su attività di rischio ponderate i regolatori bancari europei hanno sovrastimato la solidità e la resilienza delle banche nelle loro valutazioni di stress. Di conseguenza, "i recenti aumenti dei coefficienti patrimoniali ponderati al rischio sono stati poco più che una cortina di fumo".

Focalizzando l'attenzione sui rapporti di leva, invece, gli autori sono giunti ad alcune interessanti conclusioni. Il settore bancario meno capitalizzato, almeno tra i maggiori paesi dell'Eurozona, non è quello spagnolo o italiano ... ma quello tedesco, seguito a ruota dai francesi! Secondo le loro stime, è necessario un aumento di cinque volte nel capitale azionario al fine di raggiungere livelli "adeguati" di solidità. Vale la pena di leggere l'intero report, compresa la discussione sul perché le autorità di regolamentazione sembrano essere sempre indietro nella ricapitalizzazione delle banche. 
  Figura 1: debito pubblico-PIL dell'Eurozona (Maastricht Definition)
Fonte: Banca Centrale Europea

Le impennate del debito sovrano. Ma i campanelli d'allarme avrebbero dovuto suonare anche prima. Nel terzo trimestre del 2012, il rapporto debito pubblico-PIL complessivo della zona euro ha superato il 90% per la prima volta, come mostrato nel grafico sopra. Perché questo numero è importante? In "Growth in a Time of Debt", dopo aver analizzato 3.700 dati annuali per paese andando indietro di secoli nelle più svariate condizioni macroeconomiche (e con l'occasionale errore  di calcolo ;), Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff hanno scoperto che nei paesi che sono al di sopra della soglia del 90%  la crescita del PIL è generalmente debole (su questo è bene ricordare la critica di Panizza e Presbitero alla teoria di Reinhardt e Rogoff).  In altre parole, da quel momento in poi le probabilità sono fermamente contro di noi, dati i tassi di crescita necessari per ridurre i carichi di debito che anche secondo la BRI sono assai problematici. E ora diversi paesi della zona euro hanno superato quel livello.

E chi erano gli acquirenti delle obbligazioni di alcuni dei paesi periferici più indebitati? Nell'aprile 2012 Bloomberg ha riferito che le banche spagnole, italiane e portoghesi hanno aumentato le loro partecipazioni sul debito sovrano interno a una molto significativa doppia cifra, per lo più finanziate dalla BCE. Con grande dispiacere dei bond vigilantes, il conseguente calo dei rendimenti dei titoli di questi paesi non sarebbe un segno di forza e stabilità - ma piuttosto un'impressionante impresa di ingegneria finanziaria.

Quel Minsky Moment. Più di due decenni fa, Hyman Minsky ha descritto nel suo "Ipotesi di Instabilità Finanziaria" l'interazione tra i mercati finanziari e l'economia in generale, che secondo lui è al centro del ciclo economico in un'economia capitalista con un sistema finanziario sofisticato. Durante le fasi positive gli aumenti di valore delle attività spesso portano a investimenti e ad eccessi speculativi finanziati attraverso il debito. Ad un certo punto i flussi di cassa che ne derivano non possono più coprire quei debiti, con i prestiti che vanno in sofferenza e le banche che vanno a stringere la disponibilità di credito, anche nei confronti delle imprese con un buon rating. Questo a sua volta porta ad una contrazione del valore delle attività e dell'attività economica in generale.

E dove siamo ora nella zona euro? Abbiamo già visto il generale aumento del valore delle attività. E ora possiamo anche vedere le sofferenze in aumento e la contrazione del credito al settore privato. Se Minsky aveva ragione, quel che ne segue non è bello.

Se i governi e le banche centrali hanno il potere di respingere o evitare quel momento fatidico, resta da vedere. Ma i mercati azionari in Europa sentono già puzza di bruciato.
Figura 2: Ratio of Developed Europe Financial Services Stocks to FTSE Developed Europe Stock Index (Monthly)

I prezzi delle azioni delle società di servizi finanziari nei paesi europei sviluppati da qualche mese sono rimasti indietro rispetto all'indice generale per l'Europa sviluppata, al di sotto della media mobile a 10 mesi di maggio scorso - generalmente un cattivo presagio per il settore e per i mercati in generale.

Con così tanti segnali preoccupanti dall'ultima fiammata finanziaria nell'Eurozona, possiamo anche dire che le banche europee avrebbero dovuto fare molti più passi avanti nella ricapitalizzazione dei loro bilanci, in particolare con mercati azionari così robusti. Ma sembra che a nessuno piace rovinare una bella festa.

I campanelli d'allarme non dovrebbero essere sottovalutati così facilmente. Sono lì per un motivo. Regolatori, politici, direttori di banca e investitori dovrebbero tutti prestare attenzione.
 
 

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