L’Agente Smith, in quel film, è un programma senziente che circola nel sistema con le sembianze di un essere umano, per fare gli interessi della società della macchine, ovvero dei computer che dominano il mondo mantenendolo in uno stato di forzata illusione.
Già una volta ho parlato di questi “Agenti Smith” e del loro parallelo nella nostra società: sono tutti quegli esseri umani che, pur di non correre il rischio di trovarsi fuori dal sistema, lo difendono ad oltranza.
E’ il colpo più geniale della dimensione oscura che tutto sembra dominare su questo pianeta: trovare un modo per cui il sistema si difende da solo, senza bisogno di interventi esterni, se non quando il problema diventa molto serio.
E così troviamo stuoli di persone talmente convinte e contente del liquame in cui a malapena galleggiano, che fanno di tutto per tirare sotto chiunque tenti di uscirne.
Li trovate ovunque; sui social ad esempio, ma anche in televisione e nella vita di tutti i giorni. Sono quei personaggi che attaccano qualunque teoria alternativa a quelle ufficiali a spada tratta, usando diversi sistemi.
Primo fra tutti quello dell’errore ortografico (se scrivi una parola sbagliata allora non sei affidabile), seguito a ruota da “non citi le fonti quindi non sei affidabile”.
Sulla questione delle fonti c’è da aprire una parentesi. Una persona può essere la prima a capire qualcosa, o magari non la prima ma arrivarci comunque da sola. E quindi? Che fonti dovrebbe citare? Sé stessa?
Ma non è finita qui. Le fonti, per essere accettate dallo Smith di turno, devono essere affidabili. Resta inteso che qualunque fonte sostenga tesi contrarie a quelle del sistema sarà automaticamente inaffidabile, ovviamente.
Ma gli Smith sono ovunque. Nei dibattiti, ad esempio, hanno una tecnica fantastica. Provocano l’interlocutore in tutti i modi, sostenendo tesi apparentemente ragionevoli ma evidentemente assurde, oppure non lasciandolo parlare, interrompendolo in continuazione (ma quando la parola è loro non smettono più di parlare, appositamente per non lasciare spazio all’altro).
Una provocazione che, prima o poi, fa uscire dai gangheri chiunque. A quel punto, di fronte all’incazzatura anche solo accennata, tirano in ballo la frase chiave: “Lei è aggressivo e violento” e quindi, sottinteso, inaffidabile.
Come difendersi da questi Smith?
Beh, le strade sono tante, e variano da occasione ad occasione. Se uno ha del tempo, può stare al gioco e, con molta pazienza, smontare ogni cosa detta dallo Smith. Ci vuole tempo e non sempre è possibile, questo gli Smith lo sanno e tirano in lungo appositamente.
Nella vita, si può semplicemente scegliere di ignorarli, quando possibile, oppure, se costretti ad affrontarli, ricordarsi del perchè stiamo sostenendo una certa tesi. Non per noi, nella maggior parte dei casi.
Almeno per quanto mi riguarda, ad esempio, già metto in atto tutto quello di cui parlo. Quindi poco mi importa dello Smith di turno: condivido quello che ho compreso. Se a qualcuno interessa… è tutto lì, sul piatto. Gli altri… facciano quello che gli pare.
E’ tuttavia vero che esiste una nostra responsabilità verso gli altri. Intendo dire che, quando condividiamo qualcosa che abbiamo compreso, lo facciamo perchè a qualcuno potrebbe interessare. Lo scopo degli Smith è di far si che queste persone, che magari non sanno nulla di ciò di cui stiamo parlando, si convincano che si tratta di cose non vere o inaffidabili.
Dal mio punto di vista, a quel punto, diventa sostanziale contrastare lo Smith perchè in quel momento siamo noi i garanti della possibilità di libertà di chi legge o ascolta. Almeno una possibilità la deve avere. Poi, se decide che lo Smith gli piace di più… beh, noi quello che potevamo fare l’abbiamo fatto: gli abbiamo dato una possibilità.
Infine, esiste un altro motivo per contrastare gli Agenti Smith: prima o poi, questo sistema tenterà di limitare la nostra libertà ulteriormente. Se non contrastiamo gli Smith adesso, qualcuno di più potente si muoverà per toglierci la possibilità di vivere come vogliamo.
A quel punto sarà probabilmente troppo tardi per una forma di resistenza, e la nostra libertà se ne sarà bellamente andata grazie proprio alla nostra passività.
Pensateci, la prossima volta che incontrate uno Smith.
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