Altro che Marvel. Nel Paese più remoto d’Europa aumentano i fedeli dell’antico culto nordico. Tra riti, leggende e ciclopi che cavalcano cavalli a otto gambe. Dopo più di mille anni, stanno costruendo il primo tempio politeista. Con il beneplacito della capitale Reykjavik
Pare che quella tendenza di fondare bizzarre sette religiose non sia solo americana. In Islanda sta incredibilmente aumentando il numero degli aderenti alla Íslenska Ásatrúarfélagið, associazione che promuove il recupero della tradizione mitologica e del culto norreno.
Neopaganesimo in piena regola. Com’è noto, tale tradizione è scomparsa
in seguito alla cristianizzazione della Scandinavia avviata a partire
dal VIII secolo. Ma adesso c’è chi vuole riproporla, sebbene in una versione postmoderna. Insomma, Odino, Thor e Loki potrebbero tornare a vivere.
Se gli aderenti alla Íslenska Ásatrúarfélagið nel 2006 erano circa mille, nel 2014 erano già 2.488.
In relazione alla popolazione islandese di circa 330.000 unità, il
numero dei neopagani è piuttosto consistente, ed è indice di una
effettiva tendenza in atto. Ma non solo. Sono stati anche avviati i lavori per la costruzione del primo tempio
norreno dedicato alle antiche divinità. Orientamento in base al
movimento del sole, cupola come da tradizione e pianta circolare. Un
luogo di culto in piena regola.
Nel tempio norreno si potranno celebrare i riti più comuni, dai matrimoni ai funerali,
evitando però i sacrifici animali, caratteristici ma non più
proponibili perché in contrasto con la delicata sensibilità del mondo
moderno. Ad ogni modo, la costruzione del tempio ha avuto persino il beneplacito dell’amministrazione della capitale islandese,
la quale ha addirittura donato il terreno sulla collina Öskjuhlíð per
sostenere e incoraggiare il ritorno alle radici culturali islandesi. Il
neopaganesimo, insomma, sembra andare di moda.
Eppure tale ritorno alle origini non è così pacifico
e ovvio come potrebbe sembrare a un primo sguardo. Tante cose sono
cambiate in mille anni e l’approccio a determinate tematiche si è fatto
meno immediato e più difficoltoso. È mai possibile, infatti, che un
Paese occidentale torni a credere nel politeismo e nelle leggende
antiche, e che veneri divinità che oramai sono solo personaggi di
fumetti e film d’azione? Evidentemente no.
E nemmeno i membri della
Íslenska Ásatrúarfélagið ci credono. «Non penso che qualcuno creda seriamente, ad esempio, in un ciclope che cavalca un cavallo con otto zampe» ha dichiarato Hilmar Orn Hilmarsson, importante membro del gruppo norreno, nonché “sacerdote” della neonata religione neopagana.
L’influenza postmoderna,
che è allergica a qualsiasi dogma ed è aliena al pensiero della
trascendenza, è emersa proprio a proposito dell’interpretazione delle
leggende della tradizione islandese e del culto norreno: «Vediamo le storie come delle metafore poetiche e come una manifestazione delle forze della natura e della psicologia umana» ha sostenuto Hilmarsson. Un miscuglio di Freud e animalismo in salsa new age, con contorno di paganesimo e superstizione.
Se tale ripresa del neopaganesimo sia genuina,
oppure se essa nasconda un vuoto esistenziale che si vuole colmare, ai
posteri l’ardua sentenza. Ma c’è un che di arbitrario in questo
tentativo. A tal proposito basti ricordare una frase di Hilmar Orn
Hilmarsson, rilasciata in una intervista. Interrogato sul controverso occultista Aleister Crowley,
figura che è stata di profonda ispirazione nel suo percorso spirituale,
ha detto: «Ci sono certamente alcuni punti di convergenza con il suo
pensiero, ma io credo che Crowley stesse guardando agli dèi sbagliati».
In base a quale ragionamento possa essere verificata una simile
espressione è e rimane un mistero.
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