All’Isis sono finite armi di fabbricazione sovietica, per farle
sembrare provenienti dalla dotazione storica dell’esercito siriano. Il
fornitore occulto? La Bulgaria, paese Nato e membro dell’Ue.
O meglio: la dirigenza bulgara guidata da un personaggio che è
considerato un gangster. Boyko Borisov, già campione di karate, poi
ministro, quindi premier. «Legato ai cartelli della droga». Per Jürgen
Roth, specialista tedesco di criminalità organizzata, Borisov è «l’Al
Capone bulgaro». Armi e droga, carichi proibiti e finiti prima ai
jihadisti in Libia e poi all’Isis in Siria, su ordine della Cia.
Una
vicenda inquietante, ricostruita da Thierry Meyssan su “Rete Voltaire”,
newsmagazine di geopolitica. All’origine del business, una sostanza
dopante: la fenetillina, utilizzata negli ambienti sportivi e poi
opportunamente tagliata con hashish. «Dei trafficanti bulgari videro in
ciò un’opportunità. Dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica sino
all’ingresso nell’Unione Europea, cominciarono a produrla e a esportarla illegalmente in Germania con il nome di Captagon». E qui, secondo Meyssan, entra in gioco Borisov.
«Due gruppi mafiosi si fecero una forte concorrenza, Vasil Iliev
Security (Vis) e Security Insurance Company (Sic), da cui dipendeva il
karateka Boyko Borisov». Questo sportivo di alto livello, professore
all’Accademia di polizia, creò una società di protezione
delle persone altolocate. Borisov, scrive Meyssan, divenne la guardia
del corpo di entrambi gli ex presidenti, sia il filosovietico Todor
Zhivkov sia il filo-Usa
Simeone II di Saxe-Cobourg-Gotha.
Quando questi divenne primo ministro,
Borisov fu nominato direttore centrale del ministero degli interni, e
poi venne eletto sindaco di Sofia. Nel 2006, l’ambasciatore degli Stati
Uniti in Bulgaria (e futuro ambasciatore in Russia) John Beyrle, ne fa
un ritratto in un dispaccio confidenziale rivelato da Wikileaks: «Lo
presenta come legato a due grandi boss mafiosi, Mladen Mihalev (detto
“Madzho”) e Rumen Nikolov (detto “Il Pascià”), i fondatori della Sic».
Nel 2007, “Us Congressional Quarterly” cita una compagnia svizzera,
secondo la quale Borisov avrebbe «insabbiato parecchie indagini presso
il ministero degli interni», trovandosi «lui stesso coinvolto in 28
delitti di mafia».
Borisov, continua Meyssan, sarebbe diventato uno stretto
collaboratore di John McLaughlin, il vicedirettore della Cia. «Avrebbe
installato in Bulgaria una prigione segreta dell’Agenzia e avrebbe
contribuito a fornire una base militare nel quadro del progetto
d’attacco contro l’Iran». Divenuto lui stesso primo ministro, mentre il
suo paese era già membro della Nato e dell’Ue,
venne sollecitato dalla Cia affinché desse un aiuto nella guerra
segreta contro Muhammar Gheddafi. «Boyko Borisov fornì il Captagon
prodotto dalla Sic ai jihadisti di Al-Qaeda in Libia», scrive Meyssan.
«La Cia rese questa droga sintetica più attraente e più efficiente
mescolandola con una droga naturale, l’hashish, consentendo così di
manipolare più facilmente i combattenti e di renderli più terrificanti».
In seguito, «Borisov ha esteso il suo mercato alla Siria». Ma la cosa
più importante, sempre
secondo Meyssan, si è avuta «quando la Cia, utilizzando le peculiarità
di un ex Stato membro del Patto di Varsavia che aveva aderito alla Nato,
acquistò da esso armamenti di tipo sovietico per un valore di 500
milioni di dollari e li trasportò in Siria».
Si trattava principalmente di 18.800 lanciagranate anticarro
portatili e di 700 sistemi di missili anti-carro Konkurs, precisa
Meyssan. Armi perfette, per sembrare “siriane”, cioè sottratte dai
“ribelli” all’esercito regolare di Damasco. Non manca un giallo: la
struttura segreta colpì immediatamente la milizia sciita libanese di
Hezbollah, scesa in campo per difendere Assad, non appena cercò di far
luce sullo strano traffico di armi. «Quando Hezbollah inviò una squadra
in Bulgaria per informarsi su questo traffico, un bus di turisti
israeliani fu oggetto di un attentato a Burgas, che causò 32 feriti.
Immediatamente – scrive Meyssan – Benjamin Netanyahu e Boyko Borisov
accusarono la resistenza libanese, mentre i media
atlantisti diffusero numerose accuse contro il presunto attentatore
suicida di Hezbollah. In ultima analisi, il medico legale, la dottoressa
Galina Mileva, si accorse che la sua salma non corrispondeva alle
descrizioni dei testimoni; un responsabile del controspionaggio, il
colonnello Lubomir Dimitrov, notò che non si trattava di un attentatore
suicida, ma di un semplice corriere, e che la bomba era stata attivata a
distanza, probabilmente
a sua insaputa; mentre la stampa accusava due arabi che avevano
cittadinanza canadese e australiana, la “Sofia News Agency” citò un
complice statunitense conosciuto con lo pseudonimo di David Jefferson».
Così, quando l’Unione Europea
«approfittò del caso per classificare Hezbollah come “organizzazione
terroristica”», il ministro degli esteri in carica durante il breve
periodo in cui Borisov è stato escluso dal potere esecutivo, Kristian
Vigenin, ha sottolineato che, in realtà, non ci sono prove per collegare
l’attacco alla resistenza libanese. Poi, a partire dalla fine del 2014,
la Cia cessò di dare ordini alla Bulgaria e la sostituì con l’Arabia
Saudita. L’Isis ha quindi smesso di ottenere armi di tipo sovietico,
ricevendo direttamente materiale della Nato, come i missili anticarro
Tow. «Ben presto, Riad fu sostenuta dagli Emirati Arabi Uniti». I due
Stati del Golfo, continua Meyssan, assicurarono essi stessi la consegna
degli armamenti ad Al-Qaeda e a Daesh tramite la “Saudi Arabian Cargo” e
la “Etihad Cargo”, presso Tabuk lungo la frontiera saudita-giordana e
anche presso la base comune degli Emirati, della Francia e degli Usa
che si trova a Dhafra. Ultimo colpo della Cia, nel giugno 2014:
proibire alla Bulgaria di autorizzare il transito del gasdotto russo
South Stream, nel quandro delle sanzioni contro Mosca dopo la crisi in Ucraina. Un danno per le casse bulgare, un freno all’Ue.
Ma anche un pretesto per sviluppare il gas di scisto in Europa
orientale e «mantenere l’interesse a rovesciare la Repubblica araba
siriana, possibile grande esportatore di gas».
fonte: http://www.libreidee.org/2016/01/armi-e-droga-allisis-dai-boss-mafiosi-al-governo-in-bulgaria/
Nessun commento:
Posta un commento