venerdì 15 gennaio 2016

Il problema non sono profughi violenti. Siamo noi europei.

 il ministro Gerd Muller  con immigrati
  il ministro Gerd Muller con immigrati

Se un rifugiato vuole scappare al momento della verifica dei documenti, non abbiamo nemmeno il diritto di arrestarlo. Ci è imposto dall’alto. Sarebbe violenza privata. Dentro, la regola è: meglio lasciarlo scappare”.

L’intervista che la Bild ha fatto ad un poliziotto federale (sotto anonimato, ovviamente) chiarisce qualcosa: il problema non sono loro, i cosiddetti “siriani”. Siamo noi. Più precisamente, sono i nostri governi.

L’agente ha lavorato in un centro di rifugiati. “La gente non riceve informazioni su quel che accade in realtà.

Un rifugiato ha voluto tagliare a gola a un altro? Ma nel rapporto si è scritto “ferite gravi”, non “tentato omicidio”. Fà un effetto migliore nelle statistiche”.

Fra poco avremo statistiche splendide, perché come ha spiegato il ministro tedesco allo sviluppo, Gerd Muller (CSU) alla Bild am Sontag, “solo il 10 per cento dei rifugiati in provenienza dalla Siria e Irak hanno raggiunto l’Europa fino ad ora, 8-10 milioni sono ancora in cammino”.

Questo Muller è un bell’esempio di pensiero politico schizoide che ha colto i governanti germanici. Da una parte critica altri politici per i quali si tratta di “accogliere calorosamente gli immigrati”: “Questo romanticismo sociale, questi bei discorsi, sono difficili da sopportare per uno che ha esperienza nel campo”. Poi proclama: “Abbiamo bisogno di una riduzione. Se ne prendiamo un altro milione, come l’anno scorso, non potremo più gestire correttamente la loro integrazione”.

Bene, vien da dire: finalmente a Berlino albeggia che bisogna frenare l’immigrazione? Ma no. Il nostro continua: “Schengen è crollato. Non c’è stata la ripartizione equa dei rifugiati”. Ecco il pensiero tedesco: E’ colpa degli altri stati che non accettano i “siriani”. Muller propone un piano Marshall per Siria e Irak e Libia (bene), 10 miliardi da pagare perché restino o tornino in patria- Ma aggiunge: “Tutti gli stati devono pagare, in specie coloro che non ricevono rifugiati”.

Non la Germania, che dopotutto li ha invitati; ma gli altri, per punizione, che non li vogliono. Del resto, piacerebbe capire di cosa si lamenta Muller quando dice che “Non c’è stata equa distribuzione”. Ora, siccome lo stato più popoloso, più ricco e con meno disoccupazione, con i più giganteschi attivi, e senza recessione, è la repubblica federale tedesca,   la “equità” vorrebbe che se ne prendesse il 90%. Potrebbe fare un intero e bel Land composto di “siriani” ed altri palpeggiatori e jihadisti.

Lo stesso torcimento di idee viene dalla Merkel, che all’ultimo momento ha annullato la sua presenza al Forum di Davos (“Chiusa nel suo bunker, sta per scappare in Argentina?” si chiede un blogger francese), non cessa di minacciare gli altri stati: “L’euro e la libera circolazione attraverso le frontiere sono direttamente correlati; nessuno può far finta che si possa avere una moneta comune senza un passaggio dei confini ragionevolmente semplice. Il mercato interno soffrirebbe in modo massiccio”. E giù con la filippica sulla mancata ripartizione: “Turchia, Libano e Giordania hanno accolto più rifugiati di tutta l’Unione Europea coi suoi 500 milioni di abitanti… se l’UE non risponde a questa sfida,i discorsi sulla democrazia e dignità umana sono fumo”.
Impartita la lezione, la Merkel ha aggiunto: “La Germania come la più grande economia deve battersi per la libera circolazione. Deve essere possibile rafforzare le frontiere esterne onde mantenere lo spazio Schengen senza passaporti”. Una frase che ha lasciato dubbiosi i commentatori: vuol dire che la Cancelliera pensa di rafforzare le frontiere esterne? Che le nasce in testa un piano B con riduzione delle entrate? Ha parlato di “un miglior controllo”. Sicuramente pensa alle fantomatiche guardie di frontiera della UE, che dovrebbero togliere il controllo delle frontiere – per esempio – allo stato ungherese e al greco – un corpo sovrannazionale che non sarà pronto, se mai lo sarà, fino al 2017.

Così, non è chiaro e il ministro degli esteri austriao Sebastian Kurz abbia fatto il ventriloquo della Merkel o il suo critico nella sua recente dichiarazione: “Molti politici temono brutte immagini se si attua la sicurezza alle frontiere” (la Merkel aveva detto che non si possono fermare i profughi perché questo produrrebbe - “immagini che non si possono presentare” ai telegiornali della sera) , “ma non può essere che assegnato questo compito alla Turchia perché non vogliamo sporcarci le mani. Non eviterà le brutte immagini”.

Kurz, quando a novembre la Merkel aveva fatto l’accordo con la Turchia: se ti tieni i profughi noi ti diamo 3 miliardi, aveva dichiarato che Erdogan “ha ricattato l’Unione Europea”, e che la cooperazione con Erdogan è il pilastro centrale (l’unico) della politica dei rifugiati di Angela Merkel”. Adesso, l’austriaco dice che Erdogan non sta facendo alcuno sforzo reale per chiudere i confini al deflusso dei “siriani”, tanto più che gli altri stati europei si rifiutano di pagare le Turchia, sicché l’accordo non ha più credibilità.

Tutto ciò può essere indizio che nelle teste germanofone stia ronzando il concetto proibito: “Quando e come fermarli? Quando si dovrà cominciare a sparare? Quando saranno 3 milioni? Cinque?”.
 
Attentato a Istanbul: arrestati tre russi

La orribile strage di turisti (soprattutto) tedeschi a Sultanhamet, può essere un messaggio: dell’ISIS naturalmente, il grande aiutante d Erdogan. Appena accaduto il fatto, il governo turco ha fatto alcune cose:
1) ordinato alla stampa di non pubblicare niente, specie nessuna foto, dell’eccidio;
2) far lavare immediatamente il lastricato con idranti, cosa del tutto assurda se non si vogliono far sparire indizi;
3) indicare subito l’identità del terrorista suicida, sicuramente un siriano ma nato in Arabia Saudita, e sì, uno dell’ISIS,
4) far arrestare tre cittadini russi “in connessione con l’attentato di Istanbul”, anche se i tre stavano ad Antalya, zona turistica marina a centinaia di chilometri, sequestrandone “documenti e CD”.

La diplomazia di Mosca ha confermato che i tre russi erano effettivamente legati ad una organizzazione terrorista estera, che uno era in una lista nera della giustizia russa, e che dopo l’arresto i tre hanno rifiutato il contatto con il consolato russo.
https://www.rt.com/news/328749-turkey-russians-terrorism-istanbul/

Poi Erdogan ha fatto una dichiarazione alquanto sconnessa: “La Turchia lotta contro tutti i suoi nemici . La preoccupazione della Russia non è la lotta contro l’ISIS. Al contrario, la Russia vuol ritagliare nella zona di Latakia uno stato siriano vassallo, uno stato-boutique… Qui la Russia ha bombardato i nostri fratelli e sorelle turcmeni. Sotto questo aspetto, il litigio per il jet (il Sukhoi abbattuto dai turchi, ndr.) non è stato la causa del deterioramento delle nostre relazioni bilaterali, ma una opportunità benvenuta (per Mosca)”.

Un discorso farneticante (ai russi ha fatto piacere che la Turchia abbia abbattuto il suo Sukhoi?) in cui affiorano “narrative” spurie, e qualche excusatio non petita, che forse una accusatio manifesta. Secondo il generale Sergey Rudskoy, capo delle operazioni a Latakia, nonostante le forti perdite dei guerriglieri jihadisti, “nuove reclute arrivano nella zona nord-orientale di Latakia dal territorio turco”.

Forse l’Ottomano sente vacillare il suo progetto di egemonia in Siria, se non il suo potere? Il ministro degli esteri tedesco De Maiziere è andato a consolare Erdogan. Ed ha detto: non c’è motivo per cui i turisti tedeschi smettano di visitare Istanbul. Nulla sul fatto che l’anno scorso il regime di Ankara ha licenziato 800 giornalisti e ne ha messo in prigione 160.


Maurizio Blondet

Fonte: http://www.maurizioblondet.it/il-problema-non-sono-profughi-violenti-siamo-noi-europei/

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