Il titolo me l’ha suggerito,
involontariamente, un giornalista in un’intervista fattagli durante un
programma televisivo anni fa.
Disse una frase che mi fece spontaneamente ridere, e ci misi qualche secondo a capire perché.
Non mi ricordo la domanda, ma la risposta l’ho messa nella mia raccolta di frasi curiose.
Il giornalista rispose: “E’ impossibile
fare ragionamenti profondi con la gente, perché purtroppo la gente parla
per generalizzazioni.”
Ne aveva usata una lui, ben due volte in
una breve frase! E dato che mi sforzavo di rendere coerente la sua
affermazione con il ruolo di persona competente in materia che si era
assunto, la mia mente ebbe uno scossone improvviso come un macchina
mentre percorri la strada a velocità sostenuta senza vedere un dosso
artificiale, scoppiai a ridere come se un medico con la sigaretta accesa
fra le dita mi avesse detto di non fumare perché fa male.
Probabilmente anche tu usi o hai usato
generalizzazioni, è una situazione molto diffusa in questa società, non
devi sentirti come se mi rivolgessi direttamente a te. In passato, dopo
una delusione di un tipo o di un altro, i miei pensieri iniziavano o
contenevano termini come “la gente”, “le donne”, “il pecorume”, “i
politici” (questa la uso ancora adesso, difficile liberarsene…), e molte
altre generalizzazioni. Tutte idee preconcette apprese dal mondo
esterno, in famiglia, a scuola, da amici, ecc.
Le generalizzazioni stereotipate non
corrispondono alla realtà. Nessun essere umano è uguale a un altro e
nessuna quindi gli s’addice.
Se una sera non hai molto da fare metti
in google “perché le donne” “perché gli uomini”, “perché la gente” e
oltre a farti una cultura sulle generalizzazioni e false convinzioni, il
divertimento è assicurato, anche se in verità ci sarebbe poco da
divertirsi, i risultati mostrano quanto c’è da fare per chi volesse dare
un contributo per l’aumento di consapevolezza di questo pianeta.
Questo è il primo risultato (nel mio browser) inserendo in google “perché gli uomini”:
Perché gli uomini scappano da quelle che vogliono un fidanzato?
Come riuscite a percepire al volo, senza che vi siano forniti particolari indizi, se avete di fronte una donna che sogna una relazione? Insomma, una in ansia da fidanzato?
Qualcosa che a noi donne sfugge in questo senso ci deve essere, non ho dubbi. E quindi, cari uomini, vi chiedo ancora una volta di darci una mano per capire come fate. Davvero, come ci riuscite?
Ho evidenziato le generalizzazioni. No comment, quasi vomito.
Questo tipo di generalizzazioni oscura il pensiero al pari delle credenze.
Non sempre l’uso di generalizzazioni
denota un modo di pensare difettoso. Anzi spesso dobbiamo usarle per
poter interagire con le altre persone, per esempio riferendoci a degli
oggetti.
Se ti chiedo di prestarmi il furgone
perché devo comprare quattro sedie, sto usando delle generalizzazioni,
utili in questo caso per non annoiarti con particolari ai quali potresti
non essere interessato.
I particolari potranno interessare al
venditore al fine di comprendere che tipo di sedia vorrei, con il sedile
imbottito, impagliate, di metallo, ecc.
E altri particolari in più dovrei
fornirli a un antiquario se volessi comprare delle sedie antiche, di che
periodo, di che anno, stile liberty o altro, ecc.
Ma a te a cui chiedo il furgone e ne hai
solo uno (anche se uso la generalizzazione furgone è implicito che sto
parlando del tuo furgone), “quattro sedie” ti basterà per prendere una
decisione se prestarmi il furgone o meno, conoscendone la capienza, al
di là di altre implicazioni, se ce ne fossero.
Usando le generalizzazioni riferendoci alle persone, le cose si complicano, anche se in molti casi non è così.
Se vediamo qualcuno vestito da vigile,
diamo per scontato che sia un vigile. (Anche se potrebbe non esserlo, ma
abbiamo molte probabilità di essere nel giusto).
La generalizzazione riferita a una
persona diventa un impedimento alla comprensione quando anche suppone
che una persona abbia certe caratteristiche e sia correlata a fatti
basati su ipotesi infondate. (il vigile fa le multe, non sempre un vigile è lì per darti la multa).
Stiamo usando una generalizzazione che
ottunde il nostro intelletto quando ci riferiamo alle relativamente
poche persone che conosciamo e a quelle che nemmeno conosciamo ma le
abbiamo viste anche solo una volta, nella realtà o in TV, vi abbiamo
interagito in un social network, o di cui ne abbiamo solo sentito
parlare, quando aggiungiamo personali credenze al significato nudo e
crudo di un termine come, per esempio, uomo — persona di sesso maschile —
o donna — persona di sesso femminile — o gente — insieme di persone
indistinte in numero imprecisato.
Nel corso della vita, ogni volta che si
incontra una persona che sembra adattarsi a una generalizzazione di un
tipo o di un altro, ci si convince sempre più che l’idea che ci siamo
fatti corrisponda alla realtà.
Ma nessuna persona è uguale a quella
incontrata. E dopo qualche anno, ma potrebbe essere anche dopo qualche
mese o giorni dopo, e perfino ore, nemmeno quella incontrata.
Quasi sempre l’uso delle
generalizzazioni non appartiene alla mente conscia, ma è un’azione di
stimolo e risposta automatica da parte dell’inconscio, dove sono situate
le credenze.
Un uomo che non si è liberato di quel
genere di credenze si trova davanti a una donna e l’inconscio lo collega
al file “donne” e assume inconsapevolmente l’atteggiamento e il
comportamento come da programma, aggiornato automaticamente man mano che
raccoglie nuovi dati dall’esterno nel corso della vita.
Vale anche per una donna nella stessa
condizione di cui sopra quando si trova di fronte a un uomo, il braccio
del suo hard disk andrà a prendere il file “uomini”.
E ci possono essere molti file con i
contenuti di diverse generalizzazioni stereotipate. “bambini”, “mamme”,
“suocere”, “mogli”, “mariti”, “amanti”, “anziani” “pensionati”,
“ricchi”, “poveri”, “dottori”, “cani” , “gatti” e vari allegati come
“gattini”, “maritini”, “mogliettine”, “mammine”, ecc.
L’uso della generalizzazione “gente” è
ancora più deleterio in quanto è una dichiarazione di rifiuto di essere
parte del resto dell’Umanità, una maggiore chiusura in se stessi che ha
le caratteristiche di una prigionia volontaria.
Chi pensa, parla e si comporta in base a
delle generalizzazioni stereotipate non lo fa osservando la persona che
ha di fronte nel presente e senza pregiudizi, ma attraverso i filtri
delle sue credenze che lo costringono a guardare da un punto di vista
nel passato, non pertinente alla situazione che si sta svolgendo nel
presente.
“La prima impressione è quella che
conta” vale per chi non osserva la persona, negli atteggiamenti e nelle
azioni, nel momento presente. E’ lo stesso meccanismo in azione.
Lavorare su di sé al fine di aumentare
la propria consapevolezza ed espandere la coscienza è necessario per chi
vuole uscire da un sistema che rende schiavi.
Osservarsi e notare quando si usano
queste generalizzazioni stereotipate è già parte del lavoro nella
direzione di una maggiore consapevolezza.
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