mercoledì 13 gennaio 2016

Obama, da messia a spia


I giornalisti negli Stati Uniti si lamentano per il livello di repressione a cui sono stati sottoposti dall'amministrazione di Obama negli ultimi anni.

All'inizio furono rose e fiori. Obama era stato presentato come il salvatore del mondo, quasi come un messia. Nel 2008 una folla di 200 mila persone lo salutò come un re, quando non era ancora stato eletto alla Casa Bianca. "Yes, we Can" era lo slogan della campagna elettorale che elettrizzò la folla. L'allora candidato alla presidenza degli USA venne accolto a Berlino da una folla che neanche il Papa o la nazionale tedesca dopo aver vinto i Mondiali. Obama promise di liquidare le armi nucleari, ristabilire buone relazioni con la Russia, ritirare le truppe da Iraq e Afghanistan e chiudere il carcere di Guantanamo.

Una volta eletto presidente, il primo presidente nero degli Stati Uniti, Barack Obama sarebbe dovuto diventare l'antitesi di tutto quello che era stato George Bush: un presidente le cui guerre si erano propagate nel mondo come un cancro, mentre lui dava un netto giro di vite sulle libertà basilari per i suoi cittadini. Sembrava uno scenario ideale, almeno per la stampa.

La stampa però non diceva che Obama nel suo primo mandato ha firmato più ordini di attacco con droni che Bush in tutti gli otto anni della sua presidenza. Questi attacchi hanno causato un numero senza precedent di vittime e incidenti non bellici, che gli USA hanno semplicemente e semplicisticamente archiviato come "danni collaterali".

Come il suo predecessore, Obama ha usato tutto il suo potere a sostegno dell'agricoltura OGM, non ha dato il benchè minimo seguito alle sue promesse di chiudere Guantanamo, non ha mostrato alcun interesse nel migliorare le relazioni con la Russia ed anzi ha lavorato attivamente per destabilizzare la situazione in medioriente. Nel 2009 però, da president eletto, Obama aveva dichiarato le sue intenzioni di ad un livello senza precedent la trasparenza nel governo e nell'apparato della pubblica amministrazione. L'"apertura rafforzerà la nostra democrazia", sottolineò Obama.

Festeggiamenti in un pub dopo la vittoria di Obama alla Casa Bianca nel 2008.
Festeggiamenti in un pub dopo la vittoria di Obama alla Casa Bianca nel 2008. - © Foto: Jaclyn O'Laughlin

In USA i giornalisti hanno paura
Ora che Obama è a capo degli USA da quasi 7 anni è chiaro che tutte queste promesse non sono state altro che parole vuote. Nessun presidente Americano dopo Richard Nixon è stato così ostile ai media, come ha sottolineato Leonard Downie, ex capo redattore del Washington Post, in un editoriale del 2013 sulla libertà dio stampa negli Stati Uniti. Secondo l'opinione di Downie, l'amministrazione Obama ha attuato una politica di disinformazione, usando spionaggio elettronico ai Danni dei giornalisti ed orchestrando una campagna di persecuzione contro diversi giornalisti d'inchiesta.

Un'atmosfera di paura ha pervaso l'operato dei giornalisti e le loro inchieste sono spesso finite sotto la lente d'ingrandimento dello Stato. Nonostante le promesse dell'amministrazione presidenziale di porre fine all'"irragionevole segretezza" che caratterizzava l'era Bush, Obama di fatto ha continuato ad espanderla. Spesso interi documenti di scarsa rilevanza sono classificati come "top secret" affinchè i giornalisti non possano accedervi.

Spesso impiegati dell'amministrazione presidenziale di Obama hanno pagato le conseguenze della pubblicazione di articoli che criticano le politiche del governo. Per fermare la crescente diffusione di questi articoli, la Casa Bianca ha fatto crescentemente ricorso all' Espionage Act del 1917. Usata solo 3 volte in novant'anni, nel periodo dal 2009 al 2013 ben otto ufficiali sono finiti sul banco degli imputati con l'accusa di aver trasmesso informazioni governative ai giornalisti. Tra di loro anche Edward Snowden, che nel 2011 per primo svelò lo spionaggio sistematico condotto dalla NSA su tutta la popolazione mondiale.

Gli USA spiano come un regime totalitario?
Obama ha messo in piedi un sistema di controllo unico e lo ha fatto in modo che la gente di tutto il mondo  non abbia idea di come le politiche di Obama siano una prosecuzione o addirittura un peggioramento di quelle di George W Bush. Fin dall'ottobre del 2011 gli impiegati governativi di ciascun settore sono stati incoraggiati a spiare i loro colleghi. Dal 2012 gli impiegati nei dipartimenti federali sono stati obbligati a riferire di tutti i loro contatti con i media e di segnalare i colleghi sospetti. Michael Hayden, ex capo della CIA ha rivelato che il programma era inteso a "bloccare ogni contatto". Persino le agenzie di stampa lontane da attività rivoluzionarie, come AP e Fox News sono finite sotto la lente d'ingrandimento dell'amministrazione Obama.

L'eredità di Obama
L'eredità di Obama

Uno di questi giornalisti è James Rosen di Fox News, "beccato" dal Dipartimento alla giustizia per aver usato informazioni ricevute da un ufficiale governativo altolocato. Le informazioni riguardavano l'applicazione di nuove sanzioni contro Pyongyang da parte della comunità internazionale per i nuovi test di armi nucleari da parte della Corea del Nord. Il Washington Post riferisce che l'FBI avrebbe spiato le telefonate di Rosen ed anche la sua posta elettronica privata.

La situazione è peggiorata gravemente nel 2015. In un documento intitolato "Disposizioni in materia di diritto militare", il Pentagono ha dichiarato che tutti i giornalisti in futuro dovranno essere catalogati come "combattenti di basso livello." Sulla base di questa dichiarazione le forze dell'ordine avranno il diritto come minimo" ad arrestare i giornalisti senza accusa e senza dover fornire prove di alcun tipo, ed ad aprire procedimenti legali contro di loro", ha detto un rappresentante del Comitato per la Protezione dei Giornalisti (CPJ).

Il NYT osserva che se il Pentagono mette il giornalismo sullo stesso piano dello spionaggio, "questo è un passo nella stessa direzione dei regimi totalitari." Non c'è da stupirsi quindi che nel World Press Freedom Index per il 2015, gli Stati Uniti sono al 49° posto — insieme ad El Salvador, Burkina Faso e Repubblica del Niger.


Articolo originale pubblicato sul sito What they Say About USA

Nessun commento:

Posta un commento