martedì 19 gennaio 2016

Vertice Surkov-Nuland e fine della junta ucraina

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Il primo a segnalare l’incontro tra Vladislav Surkov e Victoria Nuland è stato il quotidiano Kommersant di proprietà del gruppo di Alisher Usmanov citando “fonti informate”. La notizia è stata subito ripresa dai media di Kiev. La domanda principale è: cosa significa? 

Nella seconda metà della giornata si è saputo che l’incontro di lavoro tra l’Assistente presidenziale Vladislav Surkov e l’assistente del segretario di Stato Victoria Nuland ebbe luogo in un edificio dell’amministrazione presidenziale nella città di Pionerskij, presso Kaliningrad. Questi dettagli furono resi noti dal rappresentante del Ministero degli Esteri russo a Kaliningrad Pavel Mamontov. “Possiamo confermare che l’incontro è cominciato“, secondo la TASS che citava Mamontov. 

Sappiamo che l’anno scorso Nuland incontrò più volte il Viceministro degli Esteri Grigorij Karasin, responsabile degli affari ucraini. Sappiamo anche che Surkov è il coordinatore principale della politica russa verso le repubbliche non riconosciute. L’incontro è avvenuto a porte chiuse e senza annunci sul motivo per cui ebbe luogo e, soprattutto, sui risultati. Ci furono solo frasi generiche sulla futura attuazione degli accordi di Minsk e la “normalizzazione della situazione in Ucraina”.

Aspettative
L’obiettivo è abbastanza chiaro. Il panico sui media della junta di Kiev è del tutto appropriato. Così come il panico della junta. Il regime Poroshenko è seriamente preoccupato da Washington e Mosca che s’incontrano, senza che Mosca si conformi al punto di vista di Washington, fin dall’inizio scettica su Minsk (dato che non siamo stati invitati, non servirà a niente). Anche il Donbas lo sa.
 “Non abbiamo aspettative particolari su tale riunione. Gli Stati Uniti non influenzano l’attuazione ucraina degli accordi di Minsk“, 
aveva detto Vladislav Dejnego, rappresentante della RPL ai negoziati Minsk. Le parole di Nuland supportano tale interpretazione. Oggi, prima d’incontrare Surkov, ha detto in un’intervista a BNS: 
La prima sfida è fermare l’uccisione di persone e poter iniziare a lavorare su altri punti dell’accordo di Minsk, tra cui la risoluzione politica, vere elezioni in conformità con la legislazione ucraina corrispondenti agli standard dell’OSCE, ritiro del materiale militare estero e ripristino dei controlli ai confini“.
Accordi di Minsk
Nuland ha detto che l’inadempimento di Minsk significherebbe il congelamento del conflitto nel Donbas, il costante pericolo di una nuova guerra. “Tutti dovremmo lavorare per far adempiere Minsk, altrimenti avremo un conflitto congelato o, peggio, una minaccia costante all’Ucraina e a noi stessi“, aveva detto Nuland. Queste frasi generali nascondono una minaccia mortale non solo per il regime di Poroshenko ma per tutta la junta che si basa sulla forza armata e l’ideologia del banderismo nazista. Alla junta non serve la pace, soprattutto laddove Lugansk e Donetsk non siano solo parte dell’Ucraina dall’enorme autonomia, ma anche con milioni di elettori che odiano gli oligarchi che hanno sostenuto il colpo di Stato armato e i banderisti che cercano di spezzare il popolo del Donbas da due anni.

Perdere il trono
La breve vita dell’Ucraina formalmente indipendente ha dimostrato che forze apertamente russofobe possono andare al potere solo con la forza. Nel 2004, Jushenko è riuscito a salire al trono grazie alla prima (per fortuna incruenta) Majdan. Allora, il partito delle Regioni di Janukovich semplicemente ignorò le proteste russe in cambio della possibilità di partecipare al governo dell’Ucraina. Naturalmente, anche quando era premier di Jushenko, Janukovich perseguì la politica filo-occidentale del regime. I risultati furono patetici. Nel 2010 la popolarità di Jushenko era quasi zero, e poté avere solo il 5% dei voti a dispetto del “vantaggio da presidente uscente“.

Colpisci e terrorizza
La seconda Majdan era destinata fin dall’inizio ad essere sanguinosa, seguita da una guerra civile. Per mantenere il Paese sotto controllo con la forza, per quanto possano. Ma l’attuazione di Minsk significa il tradimento degli ideali russofobi dei sostenitori della junta, l’insensatezza dei sacrifici e dei morti, la fine della speranza di far parte dell’UE. Per gli oppositori del regime banderista, una transizione verso la pace, la possibilità di riprendere proteste pacifiche e votare per i leader di loro scelta, attualmente in esilio e che si battono contro il regime dal Donbas o in carcere. Se ci sarà la pace vera, qualsiasi regime russofobo in Ucraina, con il Donbas ribelle, è condannato. Da qui l’interesse con cui i media ucraini aspettano i risultati. Tanto più che solo tre giorni prima Poroshenko incontrava a Kiev il rappresentante della Russia del gruppo di contatto trilaterale, Boris Gryzlov. Mentre Poroshenko ha negato l’incontro, la Russia continua ovviamente un’attiva pressione politica su Kiev. 

Ciò che è successo, come dimostra la visita di Biden un mese prima, quando il suo discorso alla Rada causò un vero e proprio “shock and awe” nei capi della junta. Biden citò la guerra civile degli Stati Uniti, dicendo che l’esempio degli Stati Uniti, il suo sistema federale, dovrebbe essere di lezione ed esempio per l’Ucraina. Dopo di che i media della junta a lungo cercarono di spiegare che l’emissario speciale di Obama non fu “correttamente inteso”. No, si fece capire bene. Non importa come si chiami l’autonomia massima possibile regionale, il punto è chiaro, gli Stati Uniti sono con i “separatisti”, da Odessa a Kharkov, che chiedono l’autonomia fin dal primo giorno del colpo di Stato che portò Kiev sotto il controllo dei banderisti neo-nazisti.

Spararsi o agonizzare
L’incontro Surkov-Nuland dovrebbe portare i due Paesi a decidere il destino dell’Ucraina. Naturalmente, ci saranno altri incontri, il processo sarà lungo e difficile, e letale per molti in Ucraina. E’ chiaro che Kiev ha una sola scelta, spararsi in testa o agonizzare ancora un po’. L’incontro Surkov-Nuland è anche interessante in quanto risponde ad altre due domande. I media della junta di Kiev spesso accusano Surkov dei crimini di Majdan, di sostenere gli interessi della Russia a Kiev e di dirigere la politica interna di RPD e RPL. Nuland era sempre contro. Fu lei che giunse a Majdan mentre il colpo di Stato armato si preparava, sostenendo i terroristi con gli ormai famosi biscotti. Il fatto che sono state scelte queste due persone suggerisce che il divario tra Russia e Stati Uniti si chiude.

Surkov l’immortale
La partecipazione di Surkov indica che “le voci della sua morte (politica) erano un po’ esagerate“. Sì, dopo i vari eventi di Mosca, Donetsk e Lugansk lo scorso autunno è apparso chiaro che Surkov è certo “l’eminenza grigia” in RPD e RPL, dove fa ciò che vuole. Questo mito è crollato insieme alle fiabe sulla “propaganda di Surkov”. Surkov è lo stesso individuo da quando alla fine degli anni ’90 era un manager efficace di altissimo livello, che da il meglio sotto estrema pressione e quando la situazione richiede decisioni non standard e avventurose, a volte al si sopra le righe. 

Non ha mai definito, non definisce e non definirà mai gli obiettivi che persegue. Lui è un missile dalla guida precisa che colpisce il bersaglio scelto. E decide come manovrare, come evitare l’intercettazione, sulla rotta del bersaglio. Niente di più e niente di meno. L’obiettivo assegnatogli questa volta è già più o meno chiaro. Ciò che Putin ha detto in molte occasioni: “preservare una amichevole, fraterna e unita Ucraina“. Con l’avvicinarsi di Surkov il bersaglio diventerà presto chiaro. Ma possiamo essere assolutamente certi che ai governanti di Kiev non piacerà per nulla.



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Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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