Il “Vlasov tedesco”, il pronipote di Bismarck e l’Eroe dell’Unione Sovietica “Ivan Ivanovich”
A
proposito degli ex-generali ed ex-ufficiali sovietici che passarono
durante la Grande Guerra Patriottica ai nazisti, si sono scritti
centinaia, se non migliaia di libri, per non parlare dei giornali. E sui
militari nazisti che combatterono sotto la bandiera dell’Armata Rossa,
quasi nulla. Ma tra loro, che furono abbastanza ragguardevoli, vi fu un
pronipote di Otto von Bismarck, il conte Heinrich von Einsiedel. I
tedeschi che combatterono al fianco dell’Armata Rossa facevano parte
dell’Unione degli ufficiali tedeschi e della controparte sovietica dei
collaborazionisti russi del Comitato di liberazione dei popoli (ACPD)
del generale Andrej Vlasov, il Comitato Nazionale “Germania Libera”, la
cui leadership comprendeva il feldmaresciallo Friedrich Paulus.
Ex-militari di Hitler parteciparono anche al movimento partigiano, e uno
di loro ricevette la Stella d’oro dell’Eroe dell’Unione Sovietica, però
postumo. Finora, gli storici discutono dove vi furono più disertori,
sovietici o tedeschi. In generale, coloro che pensano che un numero
relativamente piccolo di nazisti passò dalla parte sovietica si basano
sulle statistiche ufficiali del NKVD: durante la guerra, i “reclutati
per intelligence e attività sovversive tra i prigionieri dall’NKVD,
furono: 5341 tedeschi, 1266 rumeni, 943 italiani, 855 ungheresi, 106
finlandesi, 92 austriaci, 75 spagnoli, 24 slovacchi“.
Ma si
trattava solo dei reclutati dal NKVD, ma reclutavano anche diversi altri
dipartimenti. E, in secondo luogo, si prendono in considerazione solo
spie e sabotatori. Di conseguenza, le statistiche sono incomplete, per
esempio non ci sono dati sulle unità dell’Unione degli ufficiali
tedeschi nell’Armata Rossa. Tra l’altro, queste unità si distinsero
anche in battaglia contro i nazisti, in particolare nella battaglia
delle alture Seelow. Secondo il memorialista tedesco Helmut Altner, “combattevamo
con uniformi tedesche, e differivamo dalle truppe naziste solo per il
bracciale, dai colori della bandiera della Repubblica di Weimar
(l’attuale bandiera della Germania)“. Quindi la questione del numero esatto dei disertori è ancora aperta.
Il più famoso disertore fu il pronipote del più grande cancelliere tedesco
Il primo disertore tedesco fu Alfred Liskow, un soldato della Wehrmacht
che riferì all’esercito sovietico della guerra imminente, il giorno
prima che iniziasse. Liskow militava nella 15.ma Divisione di fanteria,
di stanza nel distretto di Sokal (ora presso Leopoli, in Ucraina),
l’unità doveva attraversare il confine per prima. Dopo aver appreso
dell’attacco imminente, il 21 giugno Liskow fuggì attraversando il Bug e
alle 9 di sera si arrese alle guardie di frontiera dell’Armata Rossa.
Per tutta l’estate Liskow partecipò ad attività di propaganda del
Comintern, ma cadde in disgrazia dopo aver litigato con il leader del
Comintern Georgij Dimitrov, dichiarandolo “fascista e antisemita”.
Liskow fu arrestato e nel 1942 fucilato.
Due giorni dopo l’inizio della guerra, in prossimità di Kiev atterrò improvvisamente un bombardiere tedesco. Lo Junkers Ju-88A-1 (B3 + BM, WNr 2428) del 4/KG-54. Tutto l’equipaggio, composto da Hans Hermann, Hans Kratz, Wilhelm Schmidt e Gefr Adolf Appel, si consegnò volontariamente. Come riportato dal “Soviet Information Bureau“, “non volevano combattere contro il popolo sovietico, i piloti sganciarono le bombe sul Dnepr e poi atterrarono vicino la città, dove si arresero al Kolkhoz locale“.
Altri equipaggi di “junker” si arresero nei due
mesi estivi, e nel primo anno di guerra almeno due dozzine di altri
piloti tedeschi. Il più famoso asso e disertore fu, senza dubbio,
Heinrich von Einsiedel. Aristocratico pronipote del primo cancelliere
dell’Impero tedesco, Bismarck. Grazie al lignaggio Einsiedel, che
all’inizio della guerra aveva appena 20 anni, ebbe il patrocinio dello
stesso Hitler. Preso servizio nell’elitaria 3.za squadriglia da caccia,
denominata del famoso pilota della Prima guerra mondiale Ernst Udet.
Nella battaglie nei pressi di Belgrado e Parigi, il tenente von
Einsiedel abbatté due dozzine di aerei, e nel 1942 Hitler l’invio sul
Fronte orientale, ammonendolo: “i tuoi ordini sono volare nei cieli di Stalingrado. Credo che ce la farai“.
Il pronipote di Bismarck precipitò a Sarepta e fu fatto prigioniero;
quindi fu spedito nel campo per ufficiali nei pressi di Mosca. Lì
conobbe Friedrich Paulus, con cui creò il Comitato “Germania Libera”.
Dopo aver appreso che uno dei suoi junker preferiti era passato al
nemico, Hitler annunciò una ricompensa generosa a chi lo riportasse vivo
o morto nel Reich; circa mezzo milione di Reichsmark, una cifra enorme
all’epoca. Ma il destino sorrise al discendente di Bismarck: dopo la
guerra, si trasferì in Germania, dove visse a lungo.
Il “Vlasov tedesco” due volte condannato a morte
Il destino del Tenente-Generale Walter von Seydlitz-Kurzbach fu un po’ meno drammatico rispetto a quello dei vertici odiosi dell’ACPD. La divisione che comandava sfondò la “Linea Maginot” e compì marce vittoriose in Polonia e Olanda. Durante ciò, il Führer premiò il suo eroico generale con la Croce di Ferro di Cavaliere.
Il destino del Tenente-Generale Walter von Seydlitz-Kurzbach fu un po’ meno drammatico rispetto a quello dei vertici odiosi dell’ACPD. La divisione che comandava sfondò la “Linea Maginot” e compì marce vittoriose in Polonia e Olanda. Durante ciò, il Führer premiò il suo eroico generale con la Croce di Ferro di Cavaliere.
Fu sul fronte
orientale Walther von Seydlitz-Kurzbach fin dai primi giorni di guerra, e
nel gennaio 1943 il generale fu catturato insieme allo Stato Maggiore
del Corpdo d’Armata appena affidatogli. Walther von Seydlitz-Kurzbach
era ciò si chiamava un “osso duro militare”, non troppo gradito al
“parvenu” Fuhrer. Tra i prigionieri del campo, oltre a lui, anche i
generali Otto Korfes, Martin Lattmann e Alexander von Daniels,
accettarono di collaborare con le autorità sovietiche per rovesciare
Hitler. Nell’autunno del 1943 alla conferenza di fondazione a Lunev, von
Seydlitz fu eletto presidente dell’Unione degli ufficiali tedeschi, e
quindi vicepresidente del Comitato Nazionale “Germania Libera”. Presso i
generali sovietici divenne noto come il “Vlasov tedesco”.
Nel
frattempo, a Dresda il tribunale militare lo condannò a morte in
contumacia. Alla fine della guerra l’Unione degli ufficiali tedeschi fu
sciolta e nei successivi cinque anni lavorò alla storia militare della
seconda guerra mondiale presso lo Stato Maggiore Generale dell’URSS. Ma
dopo che chiese il rimpatrio nella zona di occupazione sovietica della
Germania, Walther von Seydlitz-Kurzbach fu arrestato. Nel 1950 l’Unione
Sovietica revocò la moratoria sulla pena di morte e venne condannato a
morte, per la seconda volta, poi commutata in 25 anni di reclusione ed
inviato al Butyrka, dove rimase detenuto per cinque anni. Fu rilasciato
nel 1955 e tornò in Germania.
Il partigiano “Ivan Ivanovich” decorato con la Stella d’oro d’Eroe
Anche esteriormente Fritz Shmenkel ricordava il buon soldato Svejk, il
protagonista del romanzo di Jaroslav Hasek. Lesto e uomo di spessore
dall’eroismo speciale: quando nel 1938 fu chiamato a servire nella
Wehrmacht, scelse la “renitenza” citando cattive condizioni di salute.
Poi passò dagli ospedali a case di cure mentali, proprio come Hasek. E
poi il “refusenik” Shmenkel finì in carcere. Infine, dovette
chiedere di andare al fronte per non marcire in una cella con dei
criminali. Shmenkel divenne caporale sul fronte orientale. Ma non
combatté per molto per il suo Paese, nell’autunno 1941 fuggì dalla sua
posizione e si nascose nei villaggi della regione di Smolensk per
evitare di esser catturato dalla polizia. Infine, lasciato il
nascondiglio decise di aderire alla guerriglia. Shmenkel aderì al
distaccamento partigiano “Morte al fascismo“.
Inizialmente ne
fu prigioniero. Ma per qualche miracolo, poté dimostrare che era contro
Hitler. Va bene, dissero i partigiani, proviamolo in battaglia. E nel
primo scontro con i nazisti Shmenkel fece la sua parte: eliminò un
cecchino tedesco e guidò i guerriglieri nel tendere agguati. Nell’agosto
1942 Shmenkel, con l’uniforme tedesca, catturò senza sparare 11
poliziotti e li consegnò al tribunale dei partigiani. Poi, travisato da
generale tedesco, Shmenkel fermò un convoglio tedesco carico di cibo e
munizioni, e lo mandò nei boschi, direttamente nella trappola dei
partigiani.
Il risultato fu che i tedeschi seppero che i partigiani
sovietici avevano per capo un soldato tedesco, sul cui capo posero una
grande taglia. Ma i partigiani protessero Shmenkel, cambiandogli il nome
da Fritz ad Ivan Ivanovich. Nel 1943 ricevette a Mosca l’Ordine della
Bandiera Rossa e fu addestrato a comandare l’unità sabotaggio e
ricognizione “Campo”. Nel febbraio 1944, non lontano da Minsk,
il coraggioso Shmenkel fu catturato dai tedeschi e il 22 febbraio fu
fucilato su sentenza del tribunale marziale. Nel 1964, Fritz Shmenkel fu
insignito postumo del titolo di Eroe dell’Unione Sovietica.
Versia 14/01/2017
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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