I calcolatori quantistici sono arrivati in commercio. E i primi se li sono comprati Amazon, Google e la Nasa.
La macchina è stata venduta al colosso Lockheed Martin, quasi a scatola chiusa, per 10 milioni di dollari. Una seconda versione, il Lab2, è stato acquistato per 15 milioni di dollari da una cordata che di per sé fa notizia: Google e Nasa, uniti nel lancio del Quantum Lab Artificial Intelligence nella Silicon Valley. Un bell’investimento che si annuncia come la più grande innovazione nel settore dai tempi dell’invenzione della macchina di Turing, 80 anni fa, ma che ha subito attirato le critiche di diversi scienziati, scettici sul fatto che il D-Wave sia davvero un computer quantistico. I risultati di Lidar dovrebbero mettere a tacere questi dubbi perché dimostrano che l’informazione che circola nei complessi circuiti del Lab1, composti da materiali semiconduttori mantenuti a temperature prossime ai meno 270 gradi, non sono governati dalle leggi della fisica einsteniana tradizionale.
Infatti, invece dei soliti bit, che possono esistere solo come 0 o 1 perché creati da una carica elettrica positiva o negativa, Lab1 utilizza i qubit, singole particelle subatomiche che si comportano seguendo le leggi quantistiche. Il vantaggio? “La forza di questi sistemi è che i principi della fisica quantistica permettono alle particelle di assumere contemporaneamente i valori di 0 e 1“, spiega Paolo Olivero, fisico all’Università di Torino e all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. “In più, le particelle possono interagire anche a distanza permettendo correlazioni impensabili per i computer attuali”. I qubit possono assumere un numero quasi infinito di stati, non soltanto due, moltiplicando esponenzialmente l’informazione che la macchina può gestire.
Con queste premesse è facile capire l’interesse di una macchina quantistica per l’area dei big data, che è considerata la nuova miniera d’oro non solo per la ricerca militare e la sicurezza nazionale (vedi il recente scandalo di Prism e il caso Snowden), ma anche per lo sviluppo delle intelligenze artificiali a servizio del web, già utilizzate da Google nei suoi sistemi di ricerca. Una potenza simile è un’arma strategica che cambierebbe completamente le pratiche del supercalcolo. “Si potrebbero risolvere problemi oggi inaffrontabili, come la decrittazione rapida dei codici matematici che garantiscono la sicurezza nelle transazioni finanziarie”, sottolinea Olivero. “Sarà necessario disegnare algoritmi completamente diversi per tutelare anche in futuro la sicurezza e la gestione delle informazioni“.
Ma una macchina simile potrebbe fare molto anche per la ricerca scientifica: processare velocemente i terabit generati ogni mese da esperimenti come il superacceleratore Lhc, creare previsioni meteo migliaia di volte più accurate o elaborare nuovi farmaci basati sulla genomica.
Gestire un chip a qubit non è però semplice: appena vengono a contatto con i materiali come il silicio dei microchip tradizionali c’è un aumento di temperatura e i qubit collassano perdendo le loro caratteristiche. Per aggirare il problema il D-Wave funziona grazie a materiali superconduttori mantenuti a temperature allo zero assoluto.
Lab1 e 2 non superano (ancora) per potenza i supercomputer attuali come il cinese Tianhe-2. La loro architettura è però il primo passo verso la soluzione di alcuni tipi di problemi in tempi impensabili per i chip tradizionali. Google, per esempio, vuole usare Lab2 per migliorare la capacità delle macchine di apprendere attraverso l’esperienza, come noi umani. Una cosa è certa: la tecnologia quantistica è arrivata sul mercato e forse non ci vorrà molto per portare un vero computer quantistico nei laboratori di tutto il mondo.
(Credit per la foto: Corbis)
Fonte: http://daily.wired.it/news/tech/2013/09/03/computer-quantistico-bit-qubit-d-wave-lab-463737.html
http://www.informarexresistere.fr/2013/09/03/ecco-il-computer-che-non-ha-piu-bit/
Nessun commento:
Posta un commento