mercoledì 4 settembre 2013

Rifiuti tossici. L’ex boss Schiavone rivela, lo Stato si tappa le orecchie

Rifiuti tossici. Schiavone rivela, lo Stato si tappa le orecchie
-G.C.- Torna a parlare, ma lui parla dell'ecomafia, del traffico di rifiuti, ed è una criminalità che non fa paura.

Non accoglie l'indignazione dei cittadini, né la preoccupazione o l'allerta. La mafia che non uccide in stragi, non crea mattanze e che, dunque, non è percepita come una minaccia dalla società.

Eppure è una mafia ancora, se possibile, più pericolosa, perchè in grado di confondersi con più facilità e, nel nome dei soldi -tanti- uccide nel silenzio e con lentezza. Il traffico di rifiuti è un business conveniente per le cosche, che possono lucrarci su miliardi condannando a morte persone e ambiente.


A far scattare nuovamente i riflettori su Carmine Schiavone, ex boss dei Casalesi, è stata un'intervista rilasciata qualche giorno fa al Sky Tg24. Un racconto della propria attività criminale e quella dei suoi allora colleghi, esponenti di spicco del clan dei Casalesi, fino al 1993, quando infine Schiavone, cugino del temibile "Sandokan", decise di pentirsi.

"Il vero business era quello dei carichi che dal Nord Europa arrivavano al Sud", ha raccontato. "Rifiuti chimici, ospedalieri, farmaceutici e fanghi termonucleari. Scaricati e interrati dal lungomare di Baia Domizia fino a Pozzuoli". Tutti scarti che rendono ancora più inquietante il quadro ambientale in cui versa la Campania, così come il Basso Lazio. Perchè, d'altronde, anche quello era in mano alla Camorra. "Avevamo capozona a Roma", aveva raccontato ancora, "Ma anche a Milano, Modena, Reggio Emilia. E all'estero." Era porprio dall'estero che arrivavano i rifiuti da eliminare, specialmente dalla Germania.

Questi venivano scaricati nei campi e nelle cave di sabbia, chiusi in cassette di piombo. "Che negli anni si saranno aperte, ecco perchè la gente sta morendo di cancro." Il tutto con la complicità delle forze dell'ordine e delle forze politiche: "Mantenevamo caserme, carabinieri e Guardia di finanza"  e "Spostavamo 70-80mila voti".

Un'intervista, questa, che avrebbe dovuto, quantomeno, scatenare una bufera. Dopo le sue parole ci si attendeva un rincorrersi di smentite, accuse, rivelazioni, eppure è inaspettatamente calato il sipario. Nessuno, da parte delle Istituzioni, ha voluto anche solo sfiorare l'argomento, facendolo pertanto scivolare nell'oblio. Così come accaduto già nel 1995, quando Schiavone, nel corso del processo "Avolio più 8" parlò dei potenziali siti di scarico dei rifiuti tossici e radioattivi. La sua versione trovò conferma anche dalle indagini compiute dalla Commissione ecomafie del parlamento che, nella propria relazione, ripercorreva quanto riferito dal pentito e aggiungeva nuove ombre sugli enti che si sarebbero dovuti occupare dei rifiuti pericolosi. In particolare, in essa, si citava l'Enea, l'Agenzia Nazionale dell'Energia.

Questa, si leggeva "è stata rappresentata dai magistrati titolari di indagini presso la procura di Napoli la scarsissima collaborazione offerta dai tecnici dell'ente nel caso specifico delle indagini relative ai siti abusivi di smaltimento indicati dal collaboratore di giustizia Carmine Schiavone"
"A presunti smaltimenti di rifiuti radioattivi in diverse aree del Mezzogiorno hanno, peraltro, fatto esplicito riferimento alcuni collaboratori di giustizia", continuava la Commissione, "In particolare, Carmine Schiavone, esponente di spicco del clan dei casalesi operante in provincia di Caserta, ha affermato, in diversi interrogatori resi all'autorità giudiziaria, che il clan cui apparteneva si sarebbe interessato allo smaltimento di rifiuti radioattivi in discariche illegali del casertano.

Queste affermazioni, portate all'attenzione della Commissione dal procuratore capo della procura di Napoli, dottor Agostino Cordova, risalgono al mese di luglio del 1994 (7) e sono state ribadite, con esplicita allusione ai rifiuti radioattivi, durante l'udienza dibattimentale del 28 marzo 1995 relativa al procedimento penale Avolio più 8 svoltosi presso la VII sezione penale del Tribunale di Napoli (8). In quelle stesse dichiarazioni lo Schiavone indicava quali fossero, a sua conoscenza, gli artefici di questi traffici illegali di rifiuti di ogni tipo, ivi compresi quelli radioattivi, e i siti di smaltimento.

La Commissione ha notizia che le necessarie verifiche delle dichiarazioni rese dal suddetto collaboratore di giustizia siano iniziate ed auspica che tali verifiche consentano, nel più breve tempo possibile, di evidenziare la realtà dei fatti, sia al fine di perseguire i responsabili di queste attività illegali che al fine di predisporre, da parte degli organismi competenti, gli indispensabili piani di monitoraggio e bonifica ambientale".

Eppure, nonostante i 18 anni trascorsi, nessuno ha mai più saputo nulla di quelle "necessarie verifiche". La deposizione del pentito, inoltre, risulta ancora secretata e non c'è modo di scoprire cosa effettivamente raccontò e quali nomi fece. Nomi legati, probabilmente allo Stato, che ora il collaboratore accusa di essere il colpevole delle mancate bonifiche dei siti inquinati dai veleni.
Questo poiché, come rivela Schiavone, in un'altra intervista, questa volta a Il Fatto Quotidiano, "costavano troppo". Dunque, meglio lasciare tutto com'è e attendere che la popolazione muoia. Fingere nulla, attendere che si dimentichino le rivelazioni, uccidere con l'indifferenza.

Nessuno si preoccupò degli allarmi che Schiavone lanciava, nonostante ci fossero numerosi riscontri alla sua testimonianza.

Il Gip di Napoli, Anita Polito, infatti, ha ricordato come Schiavone raccontò le stesse verità più volte, negli anni. "Riferiva in particolare, riassuntivamente, che verso la fine degli anni 80 — a partire dal 1988 — Chianese Cipriano (aderente ad un circolo culturale occultante una loggia massonica cui partecipava Cerci Gaetano), già operante per suo conto nello smaltimento dei rifiuti, ebbe ad avvicinarsi al gruppo di Sandokan e Bidognetti Francesco, intessendo con loro rapporti di affari per le discariche." Inoltre, a detta del Gip, "erano state rilasciate  alcune concessioni ottenute per la realizzazione di vasche ittiche, in realtà utilizzate per l’estrazione della sabbia, poi affidate a Cerci e riempite con rifiuti tossici”. E ancora: “Il Chianese procedette quindi a scaricare rifiuti nelle cave di sabbia”.

A seguito di questi resoconti, tra il 1995 e il 1996, la Criminalpol di Roma effettuò una serie di sopralluoghi nel casertano, per identificare con esattezza i punti di interramento dei rifiuti tossici. Come ha ricordato Polito, “l’esito degli accertamenti disposti sul  terriccio prelevato da alcuni dei siti individuati, consentiva di acclarare l’effettività della destinazione a discarica dei luoghi medesimi”. Dunque, Schiavone non mentiva. E probabilmente non lo fa neanche ora, nel ripercorrere gli affari del clan. Eppure, tutt'attorno, si continua a tacere.

fonte: http://www.articolotre.com/2013/08/rifiuti-tossici-lex-boss-schiavone-rivela-lo-stato-si-tappa-le-orecchie/200866

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