Le funzioni psichiche superiori, cognitive e matcognitive, possono
essere sviluppate, mediante l’addestramento (familiare, scolastico,
professionale) e/o pratiche autonome, ma anche impedite nel loro
sviluppo, o danneggiate. Uno dei fattori più attivi in questo senso, sia
per intensità che per quantità di persone colpite, è la televisione,
assieme ai videogiochi Norman Doidge, in The Brain that Changes Itself
(Penguin Books, 2007), espone allarmanti risultati di rilevamenti
scientifici sugli effetti neuroplastici dell’esposizione alla
televisione e ai video games.
Preliminarmente, Doidge illustra come la
neuroplasticità, di cui già abbiamo trattato, fa sì che, come il
cervello foggia la cultura, così la cultura, le pratiche di vita (anche
quelle che possono essere imposte a fini manipolatori) foggiano il
cervello.
Lo foggiano generando e potenziando reti neurali, collegamenti
nervosi, innervazioni, che consentono di compiere prestazioni ritenute
estranee alle facoltà dell’uomo, come aggiustare la vista alla visione
subacquea senza l’uso di occhialini (osservato negli “zingari del mare”,
una popolazione di pescatori di perle, e sperimentalmente riprodotto in
bambini svedesi – Doidge, cit., pag. 288).
Anche l’attività di
meditazione muta il cervello, aumentando le dimensioni dell’insula (pag.
290). Anche la pratica della lettura produce modificazioni espansive di
alcune aree corticali (pag. 293). I nostri cervelli sono diversi da
quelli dei nostri antenati. Principio basilare della neuroplasticità è
che quando due aree cerebrali lavorano abitualmente assieme, si
influenzano reciprocamente e a sviluppare connessioni, formando un’unità
funzionale.
Ciò può avvenire tra aree di livello evolutivo diverso: ad
esempio, nel gioco degli scacchi, dove si punta a dare la caccia al re
avversario, tra aree arcaiche esprimenti e organizzanti l’istinto della
predazione, e aree corticali esprimenti l’intellettualità (297): in tal
modo, l’attività predatoria viene temperata e trasfigurata.
Naturalmente, il condizionamento cerebrale, l’impianto di schemi neurali
(valori, codici, inibizioni, fedi) è assai più agevole e rapido
nell’infanzia e nella prima adolescenza, prima che si compia il processo
di sfoltimento dei neuroni e delle loro connessioni (neuroplasticità
sottrattiva) (pag. 288).
Per tale ragione, tutte le istituzioni
totalizzanti – religiose e politiche – tendono ad impadronirsi della
gestione dell’infanzia; notevole è il caso del regime nordcoreano, che
gestisce i bambini dai 5 anni in poi impegnando quasi tutto il loro
tempo in attività di culto delle personalità del dittatore e di suo
padre. Altresì per questa ragione, l’integrazione culturale e morale
degli immigrati adulti è pressoché impossibile, se richiede estesi
“ricablaggi” neurali. (pag. 299).
Anche la percezione e l’analisi di
eventi avviene in modi diversi a seconda dell’imprinting ricevuto, e non
per effetto di differenze meramente culturali, ma a causa di diversità
di reti neurali, come hanno confermato esperimenti di comparazione tra
occidentali e orientali (pagg. 298-304).
Dopo tali premesse,
Doidge spiega come la televisione, e gli schermi in generale, risultano
esercitare un’importante influenza neuroplastica, soprattutto sui
bambini, con dannose conseguenze, nel senso soprattutto di compromettere
la facoltà dell’attenzione. Uno studio su oltre 2.500 bambini ha
mostrato che l’esposizione alla tv tra 1 e 3 anni mina la capacità di
prestare attenzione e di controllare gli impulsi nella successiva
fanciullezza. Ogni ora passata alla tv a quell’età comportava una
perdita del 10% della capacità attentiva all’età di 7 anni (pag. 307).
La pratica di guardare la tv è molto diffusa tra i bambini sotto i 2
anni. Quindi la tv è verosimilmente un’importante causa del
moltiplicarsi di sindromi di deficit attenzionale e di iperattività
(ADD, ADHD) e della minore capacità di seguire le lezioni, di imparare,
di capire – che si nota vistosamente nelle scuole anche italiane, dove
la necessità di abbassare il livello dell’insegnamento per farsi capire
ha già portato a una sostanziale dequalificazione. E l’introduzione di
computers in classe, evidentemente, rischia di peggiorare le cose.
Notevole
è che questi perniciosi effetti non sono dovuti ai contenuti delle
trasmissioni televisive o dei videogiochi, bensì al veicolo stesso, allo
schermo. Il mezzo è parte costitutiva del messaggio, come intuì per
primo Marshall McLuan. Il medesimo testo è processato diversamente dal
cervello, a seconda che arrivi dalla lettura del giornale o dalla
televisione. I centri di comprensione attivati sono diversi, come
mostrano scansioni cerebrali mirate (pag. 308).
“Molto
del danno causato dalla televisione e da altri media elettronici, come i
music videos e i computer games, viene dal loro effetto
sull’attenzione. Bambini e adolescenti dediti a giochi di combattimento
sono impegnati in un’attività concentrata e sono gratificati in misura
crescente.
Video games, come pure il porno in Internet, hanno tutti i
requisiti per mutare plasticamente la mappa cerebrale.”
Un esperimento
con un gioco di combattimento (sparare al nemico e schivare il suo
fuoco) “mostrò che la dopamina – il neurotrasmettitore della
gratificazione, rilasciato anche per effetto di droghe assuefacenti – è
secreto dal cervello durante siffatti giochi.
Coloro che sviluppano
dipendenza dai giochi cibernetici mostrano tutti i segni delle altre
dipendenze: bramosia quando cessano il gioco, trascuranza per altre
attività, euforia quando sono al pc, tendenza a negare o minimizzare il
loro coinvolgimento effettivo.
Televisione, video musicali, e
videogiochi – tutti utilizzanti tecniche tv – operano a un ritmo assai
più rapido che la vita reale, e vanno accelerando, così che la gente è
costretta a sviluppare un crescente appetito per sequenze veloci in quei
media.
E’ la forma del mezzo televisivo – tagli, inserti, zumate,
panoramiche, improvvisi rumori – che alterano il cervello, attivando
quella che Pavlov chiamava “reazione di orientamento”, che scatta
ogni qualvolta avvertiamo un improvviso cambiamento nel mondo intorno a
noi, soprattutto un movimento improvviso.
Istintivamente interrompiamo
checché stiamo facendo, focalizziamo l’attenzione, e facciamo il punto.
La reazione di orientamento si è evoluta, senza dubbio, perché i nostri
antenati erano sia predatori che prede e abbisognavamo di reagire a
situazioni potenzialmente pericolose o tali da offrire opportunità per
cose come il cibo o il sesso, o semplicemente a nuove circostanze.
La
reazione è fisiologica: il battito cardiaco cala per 4 – 6 secondi. La
tv fa scattare questa reazione con frequenza molto maggiore di quanto ci
accada nella vita – ed è per questo che non riusciamo a staccare gli
occhi dalla tv, persino nel mezzo di un’animata conversazione; ed è pure
per questo che si finisce per passare alla tv più tempo di quanto si
intende.
Poiché i tipici video musicali, le sequenze di azione, e gli
spot pubblicitari fanno scattare la reazione in parola ogni secondo,
stare a guardarli ti mette in uno stato di incessante reazione di
orientamento senza recupero. Non c’è da stupirsi, quindi, se le persone
si sentono svuotate dopo aver guardato la televisione. Però contraggono
un gusto per essa e finiscono per trovare noiosi i ritmi di cambiamento
più lenti. Il prezzo di ciò è che attività quali lettura, conversazioni
complesse, e ascolto di lezioni divengono più difficili.” (pag.
309-310).
In sostanza, la televisione rende la gente al contempo
dipendenti da sé (quindi proni ai suoi input propagandistici e
pubblicitari), e meno capaci di attenzione, dialettica e apprendimento.
Diventa quindi uno strumento di “social control”, un tranquillante per
le masse, e al contempo un veicolo per impiantare in esse la percezione
della realtà che si vuole che abbia.
Inoltre, la tv crea disturbi
dell’attenzione e del controllo degli impulsi, che aprono un florido e
rapidamente crescente mercato per le industrie farmaceutiche, la
psichiatria, la psicologia clinica – come approfonditamente spiega
l’Appendice di Regina Biondetti alla 2a edizione di Neuroschiavi.
Va
inoltre evidenziato che la televisione abitua la mente a un rapporto
unidirezionale, passivo, e non interattivo, in cui si può solo recepire
senza replicare o criticare, e non vi è il tempo di analizzare e
filtrare. Inoltre, abitua a seguire immagini e suoni, non i discorsi, i
ragionamenti; inibisce la capacità di costruire o seguire sequenze
logiche, con corrispondenti difficoltà o impossibilità di apprendimento
attraverso lo studio di testi scritti.
Essenzialmente, la tv è il mass media per le classi mentalmente subalterne e inerti.
Ovvia
misura protettiva contro questo mezzo di manipolazione mentale e
neurale sarà quindi il non esporre, o esporre solo minimamente, i
bambini alla televisione e ai video giochi, e il moderare assai anche
l’esposizione degli adulti.
Inoltre, è opportuno trovarsi tempi e
ambienti idonei al recupero, alla riflessione solitaria, alla
conversazione approfondita coi propri simili.
Faccio presente che è
importante, ma non è sufficiente, il selezionare i contenuti, cioè il
tipo di programma che si guarda, perché il danno viene soprattutto dalla
televisione o dal videogame in sé, come veicolo, come modo di
trasmissione e ricezione.
fonte: marcodellaluna.info
http://altrarealta.blogspot.it/2014/05/come-la-tv-danneggia-le-facolta-mentali.html
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