“Molti studiano come allungare la vita,
quando invece bisognerebbe allargarla.”
(Bertrand Russell)
L’intelligenza
è sempre stata correlata con il quoziente intellettivo cioè con
l’intelligenza razionale ossia con la capacità di risolvere problemi
logico-strategici. Gli psicologi hanno creato dei tests che consentono
di misurare il quoziente intellettivo (QI). Questo ha permesso agli
psicologi di classificare gli individui in alcune categorie mentali che
presentano delle crescenti capacità logico-strategiche, perciò il
possesso di un alto quoziente intellettivo è stato -da sempre- correlato
con il possesso di una grande intelligenza.
È
avvenuto così fino al 1995 quando le ricerche di Daniel Goleman
divulgate nella sua opera più famosa, “L’intelligenza emotiva,” hanno
dimostrato che l’intelligenza emotiva è altrettanto importante di quella
logico-strategica. Goleman ha affermato che l’intelligenza emotiva è
“la capacità di motivare se stessi, di persistere nel perseguire un
obiettivo nonostante le frustrazioni, di controllare gli impulsi e
rimandare la gratificazione, di modulare i propri stati d’animo evitando
che la sofferenza ci impedisca di pensare, di provare empatia e di
sperare.”
E,
in seguito, in “Lavorare con l’intelligenza emotiva” ha dimostrato che
la competenza emotiva è una capacità che deve essere appresa, poiché
“l’intelligenza emotiva determina la nostra capacità di apprendere le
capacità pratiche basate sui suoi cinque elementi: consapevolezza e
padronanza di sé, motivazione, empatia e abilità nelle relazioni
interpersonali.” In sintesi, Goleman ha detto che lo sviluppo delle
abilità che ci permettono di essere emotivamente intelligenti ossia di
avere un alto quoziente emotivo viene determinato dal fatto che queste
abilità si siano state insegnate.
D’altro lato, gli studi di Howard Gardner sulle intelligenze multiple dimostrano che esistono molti tipi d’intelligenza. Gardner ha classificato sette tipi di intelligenza come quella musicale, sportiva e spaziale, emotiva, razionale e così via. Questi sette tipi di intelligenza di base si intrecciano nei tipi umani ipotizzati da Jung. Ma, secondo alcuni studiosi, gli studi di Gardner evidenziano solo i tratti distintivi dell’intelligenza logico-strategica e di quella emotiva, ma non mostrano l’aspetto transpersonale dell'uomo.
Il
quoziente intellettivo e quello emotivo non chiariscono perché, nel
cervello, siano presenti tre sistemi neurali di base che governano tre
funzioni diverse. La prima struttura è quella che sovrintende al
quoziente intellettuale mentre l’altra governa il quoziente emotivo, ma è
evidente che manca il motivo dell’esistenza della terza struttura. È
chiaro che manca un terzo campo della psicologia cioè quello che indaga
sull’intelligenza spirituale. Gli esseri umani sono essenzialmente degli
esseri spirituali, perché le nostre aspirazioni a diventare migliori e
ad oltrepassare il momento presente per cercare il senso dell'esistenza
dimostrano le profonde esigenze spirituali dell'uomo.
Il
fatto che queste esigenze sono presenti fin dall’origine dell’uomo è
dimostrato dal fatto che la ricerca del senso della vita ha dato origine
al pensiero simbolico, al linguaggio e allo sviluppo del cervello
umano. Un arido conteggio del quoziente intellettivo o di quello emotivo
non spiegano tutta la complessità dell'uomo, a meno che non ipotizziamo
che esista un’intelligenza spirituale su cui si basa la consapevolezza
umana. La psicologia occidentale si è basata sempre solo sui due
processi ipotizzati da Freud, perciò l’intelligenza spirituale introduce
un terzo ambito di analisi nella psicologia occidentale.
Freud
definì un processo primario che associò all’Es e la mente degli istinti
e delle emozioni, perciò a tutti gli impulsi del corpo e al subconscio.
Al processo secondario invece associò l’Io con la sua mente cosciente e
razionale, e poi dichiarò che il processo secondario è superiore al
primario. In seguito, alcuni dei suoi seguaci diedero il primato ora
all’uno e ora all’altro processo ma, la cosa è rimasta in questo modo.
La struttura del quoziente emotivo viene associata all’impianto neurale
associativo mentre il quoziente emotivo è associato all’impianto neurale
seriale: e questa scissione vede il Sé isolato al centro.
Questo
modo di pensare viene confermato dal dissidio che sembra esserci tra
sentimento e ragione, in cui vediamo una frattura che sembra insanabile.
Se escludiamo il tentativo di Jung di conciliare la scissione con
l'ipotesi dell'esistenza di un Sé transpersonale che sa conciliare le
tendenze che contrappongono la ragione e il sentimento, ipotizzando una
terza struttura che sa integrarle e conciliarle. L’ipotesi
dell'esistenza di un terzo tipo di intelligenza si basa sulla presenza
di un terzo sistema neurale nel cervello cioè di un sistema che è basato
su delle oscillazioni neurali sincrone che unificano i dati che vengono
elaborati dal cervello.
Questo
è il processo terziario che integra e unifica le due tendenze
contrapposte della natura umana. I modelli psicologici del passato
ipotizzavano solo due “strati psicologici” cioè una personalità esterna
cosciente e razionale e una personalità interna fatta di associazioni
mentali, di motivazioni e impulsi inconsci e di reazioni nervose. Il
processo terziario introduce l’ipotesi di un terzo strato, cioè afferma
l'esistenza di un nucleo centrale del Sé. Comunemente il Sé viene
raffigurato come un fiore di loto a sei petali in cui ogni petalo
rappresenta uno dei sei tipi di personalità o funzioni ipotizzate dagli
studiosi.
Questi
sei tipi si basano sui sei tipi di Jung che seguono sei principi
fondamentali cioè introversione, estroversione, pensiero, sentimento,
percezione e intuito. I principali aspetti della personalità umana sono
distribuiti sui petali del loto e ogni petalo del loto, in profondità,
possiede uno strato relativo al principio primario cioè quello che è
collegato alle pulsioni e motivazioni inconsce. Nella parte più profonda
di questo strato vi sono tutti gli stati di coscienza relativi
all’inconscio collettivo e agli archetipi che fanno parte della cultura
in cui viviamo.
Al
centro del loto c’è lo strato terziario cioè il nucleo del Sé dal quale
proviene l’energia e il potenziale che ci aiuta a fare le
trasformazioni. I sei petali del loto e il centro sono quelli che -
nell’induismo - vengono chiamati i sette chakra dello yoga.
L’intelligenza spirituale che nasce in questo luogo è l’intelligenza
dell’anima perciò è la parte che è collegata alla saggezza che va oltre
l’ego ovvero la mente cosciente. Ogni cultura ha un suo concetto
relativo al concetto di intelligenza, ma il quoziente spirituale non
viene da canoni culturali o religiosi.
Questo
tipo d’intelligenza è antica quanto l’uomo, ma la scienza non riesce a
misurarla, perché i dibattiti scientifici si dilungano sul modo e sul
ruolo delle cose ma qui siamo nell’ambito di ciò che non può essere
misurato perché dovremmo misurare il quoziente di consapevolezza
spirituale. Ma le difficoltà non hanno fermato gli studiosi e nel 1997,
il neurofisiologo V.S. Ramachandran e il suo staff dell’Università della
California ha fatto ricerche sull’esistenza di “un centro divino” nel
cervello umano: il centro è stato situato tra i collegamenti neurali nei
lobi temporali.
Durante
le ricerche fatte con esplorazioni diagnostiche PET, si è registrato
che le aree neurali suddette si illuminavano ogni volta che i soggetti
venivano coinvolti in discorsi su argomenti religiosi o spirituali. Una
simile attività dei lobi temporali era già stata registrata ma, per
anni, fu collegata alle visioni mistiche degli epilettici e dei soggetti
che avevano assunto sostanze psichedeliche come l’LSD. La novità è che
Ramachandran è stato il primo studioso che ha registrato questa attività
cerebrale in soggetti che non avevano quei disturbi e che non avevano
assunto sostanze psichedeliche.
Lo
studio di Ramachandran non prova certo l’esistenza di Dio, ma prova
l’esistenza di connessioni cerebrali deputate ad aiutarci nella ricerca
del significato della vita. Negli anni ’90 del Novecento, anche il
neurologo austriaco Wolf Singer ha lavorato sul problema delle
connessioni del cervello. La sua ricerca ha dimostrato che, nel
cervello, esiste un meccanismo che viene indotto dai neuroni che ha lo
scopo di indurli a unificare e dare un senso a quello che viviamo,
perciò il meccanismo ha lo scopo di integrare le nostre esperienze.
Prima
di questi studi, si credeva vi fossero solo due forme di organizzazione
neurali nel cervello. La prima forma di organizzazione è rappresentata
dai collegamenti neurali seriali che sono alla base del quoziente
intellettivo. Questi fasci neurali connessi in serie permettono al
cervello di seguire le regole, di pensare in modo logico e razionale e
di procedere per fasi graduali. La seconda forma di organizzazione
neurale è quella che usa la rete di organizzazione neurale parallela in
cui vediamo che centinaia di migliaia di neuroni sembrano connessi in
modo casuale ad altri enormi fasci di nervi. Questa è la struttura
complessa su cui si fonda l’intelligenza emotiva che è basata sulle
emozioni che riconoscono le ricorrenze e fondano le abitudini.
La
ricerca di Singer sulle oscillazioni neurali unificanti è la prova che
esiste un terzo tipo di pensiero cioè il pensiero unificante che sorge e
accompagna l’intelligenza spirituale, e che sovrintende alle sue
funzioni. Nessuno sviluppo seriale o parallelo del cervello dovrebbe
aiutarci a capire il senso della vita se non ci fosse qualcosa che ci
rende capaci di modificarla, perciò l’intelligenza spirituale è
collegata alla struttura che è in grado di “riprogrammare” la nostra
vita. In effetti l’intelligenza spirituale sovrintende a tutte le
trasformazioni, e il quoziente spirituale è il fattore che ci rende
sensibili ai problemi esistenziali e che ci permette di risolverli, o
almeno, di conciliarli con la nostra vita.
Questa
forma di intelligenza ci offre il senso profondo delle lotte della
vita, perché è il punto in cui la nostra creatività raggiunge il suo
apice. La nostra parte spirituale è la voce della nostra coscienza,
perché è la verità più intima nascosta nella nostra anima. Per questo
motivo non è detto che un’alta spiritualità si ritrovi solo nelle
persone molto religiose. Se è vero che lo spirito non ha ristrettezza di
vedute, che non è esclusivo o geloso, che non è fanatico, che non ha
pregiudizi e che non ama le separazioni, perciò è anche vero che essere
molto spirituali non significa necessariamente che dobbiamo essere
religiosi.
A
livello personale possiamo essere egoisti, materialisti, cinici,
ambiziosi, disperati, crudeli e anche altro di peggio. Ma è anche vero
che possiamo concepire le miglior virtù transpersonali come la bontà, la
bellezza, la perfezione, la generosità, l'amore, l'ottimismo etc. La
parte più bella dell'uomo proviene dall’intelligenza spirituale, perché è
lo spirito che ci aiuta a superare l’Io immediato per raggiungere gli
strati più profondi dell’essere. La verità è che non usiamo spesso la
nostra parte migliore perché abbiamo una grande povertà d’immaginazione.
Viviamo una vita assurda e frenetica in cui non troviamo il tempo per
meditare su quello che va oltre “il prendere e lo spendere” perciò non
riflettiamo abbastanza sul lato più sacro e sublime del mondo, e di noi
stessi.
Buona erranza
Sharatan fonte: http://lacompagniadeglierranti.blogspot.it/2016/06/lintelligenza-dellanima.html
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