Ogni problema clinico è
o dovrebbe essere prima di tutto un problema teorico, su cui costruire un
percorso che porti alla risoluzione di una determinata entità morbosa, cioè ad
un’idonea terapia.
Una volta Individuata la
causa della malattia, l’atteggiamento terapeutico, cioè pratico, dovrebbe
discendere da questa.
Ahimè, nell’oncologia odierna questo non accade, in quanto nessuno, né in
campo ufficiale né nelle cosiddette medicine alternative, si dà pena di
concepire un soggetto logico specifico che sia all’origine delle malattie
neoplastiche.
Nonostante questa
carenza fondamentale nella valutazione di una teoria o di un sistema terapeutico
riguardante i tumori, oncologi e ricercatori mettono al primo posto il concetto
di “scientificamente provato”, l’unico e imprescindibile lasciapassare che
consenta di accettare o scartare qualsiasi proposta di studio o di terapia.
Schematicamente il
concetto si fonda su alcuni semplici principi, di derivazione galileiana o più
recentemente popperiana, che devono essere osservati da chi voglia progredire
nel cammino della scienza; essi sono:
1. La formulazione di un’ipotesi susseguente all’osservazione di un fenomeno o di più fenomeni combinati
2. La riproduzione e lo studio del fenomeno in modo che possa essere analizzato
3. La formulazione di una legge o di un giudizio che descriva il fenomeno e che consenta di dare predizioni e di indirizzare l’azione dello scienziato
4. La condivisibilità dei risultati ottenuti con tutti gli altri ricercatori; il fatto cioè che anche altri possano usufruire di ciò che è stato scoperto o acquisito per ulteriori studi, verifiche e applicazioni
Chi potrebbe dissentire
da tutto questo? Chi potrebbe rifiutare una tale garanzia per il mondo
scientifico e per la società?
Nessuno si sognerebbe
mai di deviare da una simile impostazione!
Uno scienziato che
tralasciasse di seguire un simile metodo di studio, non solo non andrebbe
lontano nella ricerca, ma sicuramente sarebbe destinato unicamente al
soliloquio.
In realtà l’oncologia
attuale fa acqua da tutte le parti, e a nulla vale aggrapparsi alla scrupolosità
del metodo scientifico, quando i risultati fruibili continuano ad essere
latitanti da decenni.
Qual è la causa di un
simile fallimento? Quali sono i problemi e i fraintendimenti di un simile stato
di cose?
Senza dubbio la mancanza
di linee direttive e di sistemi di pensiero innovativi!
Al principio una teoria
possiede un’attività rivoluzionaria dirompente, e quindi di arricchimento
dell’apparato concettuale precostituito. Questo almeno nelle prime fasi, quando
cioè è in grado di fornire (almeno in potenza) delle interpretazioni
sufficientemente esplicative della realtà da studiare, e comunque in una misura
maggiore delle teorie precedenti.
Se però una teoria non a
fornire in un tempo ragionevole, tutte e o quasi le spiegazioni dei fenomeni
studiati, scivola inevitabilmente in un piano di chiusura e di aridità tale, da
consentire solo studi ed esperimenti infruttuosi e ripetitivi. Diventa una
teoria morta, benché gli studi e sperimentazioni continuino ad essere
effettuati.
Quello che avviene è una
sconnessione, tra l’idea iniziale e i concetti di ordine inferiore e i relativi
esperimenti; in una dinamica in cui l’idea portante si allontana sempre più
verso una dimensione metafisica, dove viene riposta come fatto ormai acquisito,
al riparo di ogni critica e verifica.
A questo punto le
ipotesi sussidiarie, unitamente alla congerie di esperimenti infruttuosi,
tendono ad amplificarsi inutilmente fino all’infinito.
Si prenda come esempio
l’ipotesi metafisica “Il dio Visnù esiste, perché guarisce le sue creature con
gli elementi dell’universo, con il sole, con l’acqua e con la terra”, e si
cerchi in qualche modo di dimostrare scientificamente che ciò corrisponda a
verità.
Cosa farebbero gli
scienziati per avallare questa ipotesi? Indubbiamente predisporrebbero due
filoni di ricerca, uno epidemiologico e uno più specificatamente d’ordine
chimico e fisico, di dimensioni più o meno grandi, in dipendenza delle
sovvenzioni più o meno planetarie acquisite.
Sicuramente negli stati
più ricchi, come ad esempio gli Stati Uniti, si incomincerebbe a calcolare
l’intensità della luce o il suo indice di rifrazione in rapporto alle varie zone
del territorio, in rapporto inoltre alla media misurata dell’altezza e del peso
di un certo numero di individui presi a campione nelle diverse città; si
estenderebbero poi gli studi epidemiologici, in diverse zone dello stato, alla
composizione dell’acqua e della terra in rapporto alla circonferenza dell’addome
o degli arti degli individui e via dicendo.
In laboratorio si
studierebbero invece le variazioni molecolari di ciascun processo metabolico in
rapporto alla magrezza o all’obesità degli individui studiati, come pure le
differenze genetiche dei vari recettori favorenti un metabolismo alterato e via
dicendo.
L’unica garanzia
richiesta in questa pianificazione sperimentale è quella di osservare il massimo
rigore metodologico, con particolare riguardo all’accuratezza delle misurazioni,
all’adozione di criteri valutativi accettati (margine di errore, intervallo di
confidenza, livello di evidenza, scrupolosità nelle interviste, analogie con
pubblicazioni su riviste scientifiche accreditate eccetera), alla prerogativa di
ripetitività degli esperimenti e quindi alla condivisibilità dei risultati
raggiunti con il mondo accademico del pianeta.
Benché l’esempio del dio
Visnù sia palesemente assurdo, la procedura descritta si potrebbe applicare al
tentativo di dimostrazione della teoria genetica.
La dimostrazione è
impossibile quanto sia dimostrare l’esistenza di Visnù misurando e studiando il
mondo in lungo e in largo.
Entrambi restano oggetto
di fede.
Questo affermazione
risulta chiara da alcune semplici considerazioni: le asserzioni di base su cui
ruota il sistema di pensiero della la ricerca e della teoretica oncologica sono
due.
La prima ipotizza che
l’accrescimento incontrollato dipende da un’alterazione dei meccanismi di
crescita causata da una degenerazione e quindi da un malfunzionamento dei
geni. L’altra di ordine descrittivo, afferma che il tumore è una massa di
cellule che tende ad accrescersi sempre di più.
Dato che la seconda è la
descrizione di un fatto, e la prima un’ipotesi che intende dimostrarlo, è
necessario un ulteriore passo interpretativo. Viene confezionata un’altra
ipotesi che entri più in dettaglio: l’alterazione della crescita cellulare: è
dovuta ad un fenomeno d’esagerata moltiplicazione cellulare.
Quest’ipotesi a sua
volta necessita d’ulteriori elementi di spiegazione: quali sono le cause che
determinano questa moltiplicazione incontrollata?
L’ulteriore ipotesi
esplicativa è che venga determinata da un malfunzionamento di alcune
sezioni del DNA, dei geni. In particolare quelli preposti alla produzione di
quelle molecole necessarie alla moltiplicazione cellulare.
Il malfunzionamento
quindi viene attribuito (altra ipotesi) ad un danno molecolare o
piuttosto ad un’infinita e al momento sconosciuta serie di danni molecolari:
Perché avvengono questi danni però, quali
sono i fattori che li determinano? Ulteriori ipotesi esplicative individuano una
serie di possibili emittenti di alterazioni molecolari in funzione iperplastica,
quali: fattori di crescita, ormoni, sostanze tossiche, radiazioni, virus,
carenze alimentari, fattori ereditari, disfunzioni immunitarie, eccessivi
carichi di stress neuropsichico ed altro.
Delle 14 asserzioni ipotetiche citate, è
chiaro che le prime 4 sono più squisitamente teoriche, mentre le altre possono,
rientrando in un ambito più specifico, essere oggetto di sperimentazione.
La qual cosa appare subito un’impresa
sovrumana, dal momento che gli elementi da studiare sono infiniti; basta pensare
a tutti gli enzimi e le proteine che viaggiano dentro una cellula, o alla
miriade di sostanze con azione tossica su di essa.
Inoltre,ad un’analisi più approfondita
della prima asserzione base, che il tumore sia dovuto ad un’alterazione dei
meccanismi di crescita, si evidenzia che essa è composta di diversi concetti.
·
Quello implicito, tacitamente dato
per scontato, che la massa di cellule tenda intrinsecamente ad accrescersi
sempre di più.
· L’ipotesi che ciò avvenga per un malfunzionamento dei geni
· L’ipotesi che ciò sia causato da una loro degenerazione su base molecolare..
· L’ipotesi che il malfunzionamento determini una moltiplicazione cellulare incontrollata.
Non è quindi da
dimostrare solo l’asserzione base, ma anche le sue proposizioni costituenti.
Conseguentemente, gli esperimenti possono essere condotti per ciascuna
proposizione costituente, con il risultato di rimanere ciascuno confinato e non
comunicante con gli altri, anche per l’infinità degli elementi che possono
entrare in gioco.
Ad esempio, una linea di
esperimenti può interessare le caratteristiche dell’accrescimento cellulare,
come l’entità misurabile, il grado o la qualità dei sottotipi in riproduzione,
la relazione differenziale rispetto ai differenti tipi di cancro e così via.
Una seconda impostazione di ricerca potrebbe riguardare quali geni sono
mal funzionanti in rapporto alle varie neoplasie, in modo da essere classificati
come oncogeni. Oppure la sinergia di vari raggruppamenti genici da studiare in
un periodo di tempo molto lungo, anni o decenni, compreso il processo di
immortalizzazione in vitro in rapporto alla cancerogenesi.
Un imprescindibile piano
d’indagine imprescindibile sarebbe anche quello dedicato allo studio degli
innumerevoli fattori tossici in grado di determinare alterazioni molecolari.
Da quanto esposto si
capisce chiaramente perché la teoria genetica del cancro non arrivi mai ad una
conclusione ed a risultati positivi: perché, sperimentando all’infinito infiniti
fenomeni, può essere solo inconcludente, cioè non fruibile nella realtà.
Genetica e cancro non
hanno niente a che vedere l’uno con l’altra!
Oppure, come dice Hume:
“Una dimostrazione o è irresistibile o non ha nessuna forza”.
20
Aggiunge Heidegger:
“…Un fiume di parole su un argomento non fa che oscurare l’oggetto da
comprendere, dando ad esso la chiarezza apparente dell’artificiosità e della
banalizzazione.”
La conclusione che
dobbiamo trarne è che Il metodo sperimentale, anche se utilizzato nel migliore
dei modi, non porta a nessun risultato, quando “serve” un’idea vuota,
metafisica, non dimostrabile né ora né mai.
È quindi inutile
nascondersi o vantarsi di possedere un metodo scientifico di garanzia. Se questo
è acefalo; sta sullo stesso piano, anche se è più forbito, della ciarlataneria
di chi cerca di individuare la cura del cancro col “pendolo” o con l’imposizione
delle mani.
Ma, prima di rifiutare la genetica, conviene capire le sue condizioni di
veridicità, in modo da smascherare per sempre la sua fallacia e di conseguenza
l'improponibilità di sistemi terapeutici ancorati nel vuoto.
Cosa è quindi la
genetica? Cosa propone? Su quali certezze si fonda? Cosa dicono i sacri testi?
Quali certezze offre ai malati!
E’ bene sottolineare che
queste non sono questioni teoriche, ma i presupposti essenziali cui si fondano
le terapie oncologiche ufficiali, che risulterebbero squalificate una volta
dimostrata l’inconsistenza dei principi e delle deduzioni della genetica. La
dimostrazione dell’infondatezza delle sue posizioni avrebbe come conseguenza la
scomparsa delle terapie oncologiche attuali e con essi i tanto faraonici quanto
inutili programmi di ricerca, capaci di partorire solo oceani di se e di
condizionali pericolosi.
Per capire meglio le
dinamiche sottese ad una proposta di terapia antitumorale, conviene però
chiarire i contenuti di un ideale dialogo tra un oncologo e un paziente.
Dottore: Perché, vede, c’è una cellula che ha incominciato a proliferare e a riprodursi senza controllo, in quanto alcuni suoi geni hanno assunto delle caratteristiche tali da non avere più un freno a trasmettere i segnali di riproduzione, che tende ora all’infinito. Se noi riusciamo a distruggere la massa di cellule degenerate con la chemioterapia, la radioterapia, o mediante escissione chirurgica, riusciamo ad avere risultati altamente positivi.
P:
Quindi tutto il problema sta nel distruggere le cellule malate?
D: Certo, e questo oggi è un obiettivo che possiamo tentare di raggiungere in diversi modi. Vede, oggi la ricerca ha fatto dei passi da gigante: accanto alle terapie accennate, esiste l’immunogenetica con l’immunoterapia attiva, la terapia genica e gli anticorpi monoclonali; l’ormonoterapia, efficace specialmente in tumori ormono sensibili come quello della mammella o della prostata; la terapia anti angiogenica che, impedendo la generazione di nuovi vasi verso il tumore, tende a farlo regredire come “per fame”. Non dimentichiamoci di tutta una serie di sostanze immunostimolanti, capaci di modificare e potenziare la risposta del sistema immunitario nei confronti di quelle cellule che sono sfuggite al processo di regolazione della crescita.
P:
Indubbiamente c’è da stare tranquilli di fronte ad una conoscenza scientifica
così avanzata, che scende così nel profondo e nell’intimità dei più delicati
meccanismi cellulari di riproduzione.
D: Certo, pensi ad esempio che con gli anticorpi monoclonali si è in grado di colpire con estrema precisione un singolo peptide o una singola proteina anomala, come se si usasse un micro-laser o un micro-bisturi; pensi che attraverso la terapia genica siamo in grado di trasferire un gene suicida nelle cellule malate, in modo da esporle più facilmente alla distruzione di un farmaco antineoplastico ecc. ecc.
P:
Nella combinazione delle componenti terapeutiche più adatte al mio caso, posso
quindi sperare di trovare una soluzione vincente; spero solo, dottore, che lei
riesca ad individuare ciò che realmente è più opportuno per la mia malattia.
D: Stia tranquillo, utilizzando tutte le nuove metodiche di indagine e avvalendomi dell’opera del fior fiore degli specialisti del settore, sono sicuro che sarà trovata la strada migliore per risolvere il suo caso.
P:
Fiat voluntas Dei.
Dal dialogo presentato,
emergono tre punti significativi:
- Tutte le terapie si basano su una presunta degenerazione dei geni, responsabile a sua volta della riproduzione incontrollata delle cellule.
- I metodi degli studi e della ricerca, seguiti peraltro da un imponente stuolo di scienziati, appaiono effettivamente molto avanzati e sofisticati.
- Il paziente può contare sull’opera di un folto numero di specialisti, in grado di avvalersi di strutture e strumenti altrettanto speciali.
Ci si domanda allora:
Questo basta? È questa una garanzia per la salute dei malati di cancro?
La chiara risposta è: “Assolutamente no, perché è tutto falso!” A niente
valgono le parate di grandiosità se queste si basano non su certezze, ma su
ipotesi da convalidare.
Nessuno mai, infatti, ha dimostrato il nesso tra iperproduzione cellulare
e cancerogenicità, tra mutagenesi e trasformazione maligna, tra effetti
iperproduttivi cellulari determinati in vitro e tumori presenti in pazienti in
carne ed ossa.
Un conto è la realtà del
laboratorio, un’altra è la realtà della vita.
È inaccettabile che la medicina ufficiale presenti le inconsistenti
posizioni teoriche oncologiche come dotate di verità e di una struttura logica
accettabile, mentre si sa che sono fallimentari a priori.
Si prenda ad esempio, quanto riportato in “Medicina Oncologica” (Bonadonna
G. Robustelli G, Ed CEA,. Milano 1999):
A pagina166, spiegando il processo di metastatizzazione, si legge:
“Da quanto esposto risulta evidente che, al di là dei fattori meccanici (dimensioni cellulari e del canale vasale, deformabilità cellulare), la selettività per specifiche sedi vascolari è legata ai meccanismi di adesione alle pareti vasali, al tipo di enzimi degradativi prodotti dalla cellula neoplastica e di enzimi inibenti presenti nel tessuto invaso, ai fattori chemiotattici e aptotattici che guidano l’insediamento della singola cellula nei siti ottimali per la proliferazione, ai fattori di crescita autocrini e paracrini e la possibilità di iniziare a mantenere il processo angiogenico.”
Ciò che risulta evidente è che ciò che viene qui asserito, era già stato
bocciato altrove.
Nella stessa pagina, riguardo al meccanismo di migrazione e crescita su
base vascolare si riporta:
”Non sono note le basi molecolari del fenomeno…”
E ancora: a pagina 160:
“Il processo di angiogenesi infine avviene quando è già avvenuta la metastatizzazione.
Ricapitolando, la frase
“risulta evidente” è corredata da risultanze solo negative, quindi è
sostanzialmente falsa, come del resto tutta l’oncologia, la cui teoretica
prevede in sintesi i seguenti fattori (fenomeni) patogenetici:
A)
Alterazioni dei geni e dei cromosomi
B)
Alterazioni molecolari
C)
Trasformazione cellulare neoplastica mediata
dagli ormoni
D)
Trasformazione cellulare neoplastica mediata dai
fattori di crescita
E)
Trasformazione cellulare favorita da uno stato
di immunodeficienza
L’ipotesi della
proliferazione incontrollata (IP) dipenderebbe quindi dal concorso dei cinque
fattori menzionati in precedenza.
a.
Nel primo caso la proliferazione
incontrollata sarebbe spiegata dal fenomeno A, a sua volta spiegato dal fenomeno
B e così via fino all’ultimo fattore.
b.
Nel secondo caso sarebbe spiegata
con la contemporanea azione di tutti i fattori in gioco.
Schematicamente:
1) IP
¬ A
¬
B ¬
C ¬
D ¬
E
2) IP = A + B + C + D +
E
Si consideri però quanto viene riportato
sul trattato citato in precedenza riguardo ai fattori menzionati.
Fattore A: pagina 7, 3°capoverso. “Il meccanismo attraverso il quale avvengono alterazioni cromosomiche è tuttora sconosciuto.”
Fattore B: pagina 137 ultimo capoverso. “Un uso più diretto delle lesioni molecolari, in senso terapeutico, appare oggi ancora incerto.”
Fattore C: pagina 385. “…le varie metodiche impiegate nel tentativo di discriminare le forme ormonodipendenti, sia del carcinoma mammario che di altre neoplasie, non hanno dato che indicazioni approssimative.”
Fattore D: pagina 124 fine. “Malgrado l’interesse biologico di questa classe di proto-oncogeni, nessun fattore di crescita si è dimostrato fino ad ora strutturalmente coinvolto in lesioni genetiche dei tumori umani”.
Fattore E: pagina 157. “…la terapia immunologica specifica dei tumori umani, che è lo scopo ultimo di ogni ricerca di immuno-oncologia, è ora più potenziale che attuale…”
Ne risulta che, secondo
il modello multifasico (consequenziale), l’ipotesi di base IP viene spiegata con
il fenomeno ignoto A, che viene spiegato con il fenomeno B, anch’esso ignoto,
che viene a sua volta spiegato con il fenomeno ignoto C, spiegato con il
fenomeno ignoto D, spiegato con il fenomeno ignoto E…a questo punto potrebbe
essere aggiunto un qualsiasi numero n di fenomeni ignoti.
Nel secondo caso
l’ipotesi IP viene invece spiegata mediante il concorso di molti fenomeni
insieme (A, B, C, D, E, n), anch’essi però tutti ignoti.
Da quanto esposto
risulta chiaro che, quale che sia il metodo di spiegazione adottato, dato che
tutti i fattori sono ignoti, l’ipotesi principale dell’oncologia ancorata al
mirabile meccanismo della multifattorialità - capace di spiegare tutto senza
conoscere niente - rimane solo un mistero.
Di fronte ad una logica
così illogica, viene da pensare se la formulazione dell’ipotesi fondamentale
dell’oncologia possegga i requisiti di una proposizione razionale. Se cioè
almeno corrisponda descrittivamente alla verità.
Ma qui si scopre la
sorpresa:
“Un tumore è costituito da popolazioni diverse dal punto di vista cinetico. Le cellule proliferanti sono spesso una minoranza…Nei tumori solidi, invece, il ritmo esponenziale di crescita si verifica solo nella fase iniziale della vita del tumore” (Bonadonna Robustelli, .pagina72).
Il principio o ipotesi
fondamentale su cui poggia tutta l’oncologia, quindi, è palesemente falso
perché:
- È privo di una verità di ragione, perchè non poggia su un principio di non contraddizione: l’iperplasia (l’aumento anormale delle cellule) è e non è ammessa allo stesso tempo.
·
È privo di una ragione sufficiente poichè, essendo tutti i fatti o
fenomeni esplicativi ignoti, non esiste nessuna ragione di fatto.
Dice Aristotele: “D’altronde, è proprio sapendo che un oggetto è, che
noi cerchiamo perché esso è; risulta invece difficile cogliere un oggetto, …
quando non si sa che esso è.” 22
Commenta Schopenauer: “A che giovano spiegazioni, che da ultimo
conducono ad un termine altrettanto sconosciuto quanto il primo problema?”
23
In conclusione, un fatto
inesistente viene spiegato con fenomeni ignoti, tanto più che l’ipotesi
portante di una causalità genetica in senso iperproduttivo neoplastico si riduce
ad una forzatura. Al fatto cioè che i meccanismi preposti alla normale attività
riproduttiva cellulare del corpo - per intendersi quella di tutti i giorni - per
cause imprecisate assumerebbero in un determinato momento un atteggiamento
svincolato rispetto alla globale economia tessutale.
Quando li si considera in un ottica deviata, gli stessi geni allora che
normalmente svolgono un ruolo positivo nella riproduzione cellulare, vengono
chiamati proto-oncogeni, Quelli che invece inibiscono la riproduzione sono
chiamati geni soppressori o oncogeni recessivi.
Ad esempio il gene da cui dipende normalmente l’ormone tiroideo, secreto
tutti i giorni, ad un certo momento, senza un perché - ed è qui che sta il
mistero che regge tutta la ricerca - diventa anomalo, con ripercussione sui
cicli di crescita.
È un po’ come ipotizzare che la bocca, un organo preposto all’assunzione e
alla masticazione del cibo, in un determinato momento della vita fosse
utilizzata per mordere e masticare le proprie mani.
Ma se i processi della malattia sono ignoti, l’ipotesi di base
dell’oncologia non ha riscontro fattuale nella realtà, perchè il presupposto
dell’ipotesi è una forzatura cioè un’invenzione. In pratica se tutti i livelli
del sistema sono falsificati, non si capisce perché si debba continuare a
sostenere un’idea totalmente fallimentare.
I misteriosi e complicati fattori genetici, la mostruosa capacità
riproduttiva di un’entità patologica capace di scompaginare qualsiasi tessuto,
l’implicita ancestrale tendenza dell’organismo umano a deviare in senso
autodistruttivo - e altre simili argomentazioni condite con una notevole
quantità di "se" e di "forse" di valore esponenziale - non possono ormai
accontentare più nessuno. Sono solo delle farneticazioni.
Perché gli scienziati continuano a propugnare un’idea così infondata? Che
cos’è che spinge uno studioso a continuare a professare una teoria così
strampalata?
L’unico motivo veramente logico può essere solo la forza dell’abitudine,
Scrive Kant:
“Laddove…dovrebbe a dirittura ammutire, e confessare la propria ignoranza…ritiene come noto ciò che gli è, per un uso frequente, familiare…si immagina di vedere e sapere ciò che le sue apprensioni e le sue speranze lo spingono ad ammettere e a credere.” 24
Questo comportamento è simile alla storiella dell’ubriaco che cerca
qualcosa sotto un lampione.
Un passante gli chiede: “Ha qualche problema?”
L’ubriaco: “Ho perso la chiave.”.
“Dove l’ha persa?”
“Dall’altro lato della strada”
“Ma che cosa ci fa qui allora?” Chiede stupito il passante
“Beh almeno qui c’è luce”.
“È così che funziona la scienza: si guarda dove c’è luce perché è
l’unica cosa che possiamo fare.” 25
In questo modo “…L’errore
può dominare per secoli, imporre a popoli interi il suo giogo di ferro…”(A.
Schopenauer
cit. pag. 59).
Dal libro del Dr. Tullio
Simoncini “Il cancro è un fungo”
Nessun commento:
Posta un commento