Per
quale motivo l’ultima lezione di questo breve “manuale di evasione dal carcere”
riguarda il tema dell’auto-osservazione, che di norma ci si aspetterebbe invece
come prima lezione? Perché la pratica dell’auto-osservazione viene ampiamente
sottovalutata e relegata ai “preliminari” del lavoro su di sé, quando invece è
l’attività più difficile da apprendere. L’auto-osservazione è al contempo
l’inizio e la fine del lavoro su di sé.
Questo
significa che si comincia con l’osservare quotidianamente i comportamenti della
macchina biologica sui piani fisico, emotivo e mentale (annotandoli su un
diario) e si finisce con l’identificarsi con Dio che osserva tutte le cose
create dentro di sé. Stiamo parlando dello stesso processo che diventa sempre
più profondo: si genera un osservatore, poi un centro di gravità permanente,
poi un’anima... fino a identificare se stessi con il Sé, ossia l’Uno stesso,
l’unico grande osservatore.
Le
persone in generale non si osservano, nemmeno quelle che dicono di fare un
lavoro su di sé. Conosco esperti di meditazione, terapeuti esseni, master
reiki, dotti esoteristi... e tutti si vantano di essere su un percorso
spirituale, ma in realtà ciò che manca a tutti è la volontà di osservarsi, di
chiedersi: «Perché sto agendo in questo modo? Perché sto dicendo questa frase?
Che rapporto ho con il denaro? Che rapporto ho con il sesso?».
Sto parlando
della volontà di guardare se stessi dal di fuori, con umiltà, con il fine di scorgere
i propri meccanismi. Ho visto “maestri” con centinaia di allievi incapaci di
rilevare in se stessi un problema riguardo il denaro o la sessualità. Problemi
che, peraltro, con un’osservazione costante e prolungata si scioglierebbero nel
giro di pochi anni o addirittura pochi mesi.
Una
volta nati nell’ambiente della psico-prigione, diveniamo schiavi della nostra
macchina biologica ed entriamo in uno stato ipnotico che ci costringe
all’interno della “ruota del topo”, quella del produci-consuma-crepa,
inframmezzata unicamente dai momenti in cui ci dedichiamo all’attività
riproduttiva. Tale attività – uno sbuffare e sudare in posizioni scomode e ridicole
– è stata concepita affinché nuove anime potessero nascere e restare anch’esse
intrappolate nell'illusione, fornendo così una inesauribile fonte di energia alla struttura
stessa della psico-prigione e a chi l’ha costruita.
Solo
un cambiamento di paradigma ci permette di vedere la Terra come un
pianeta-scuola. Una realtà virtuale immersiva dove ogni evento non
accade “a caso”, ma serve a imparare qualcosa. Solo questo mutamento di
visione ci consente di evadere dallo psico-penitenziario. L’evasione,
ovviamente, non è
prevista, per cui a chi intraprende questo cammino occorrono una buona
dose di
forza di volontà e una fede inscuotibile nella realtà che si nasconde
dietro le
apparenze.
Nello
stato ipnotico, vivere pochi mesi o 90 anni non fa molta differenza, in
quanto
lo stato ipnotico può dirsi vita, ma non ancora “vita cosciente”. Una
mente che
ripete una serie di opinioni personali raccolte qua e là, un mucchio di
emozioni sempre pronte a scattare e una buona dose di energia sessuale,
nel
loro complesso non costituiscono ancora un “essere cosciente”. La
presenza – la
coscienza di sé – in fondo non è necessaria a condurre una tranquilla
vita
ordinaria all’interno della prigione. Utilizzando la mente, le emozioni e
l’energia
sessuale potete fare tutto ciò che fa un qualsiasi altro terrestre e
nessuno
sospetterà mai che siete addormentati, ossia che non siete davvero vivi.
Come zombie fra altri zombie, finché restate come loro non date troppo
nell’occhio.
La
pratica di osservarsi non è attraente, perché non ha niente di esotico e
orientale, non ha nulla da spartire né con il meditare, né con il far
affluire “energie
cosmiche” dentro di sé, né con il “canalizzare” qualcosa o qualcuno.
Osservarsi
significa restare presenti a noi stessi mentre agiamo e parliamo, nella
quotidianità. I primi anni ci si aiuta compilando un diario la sera
prima di
addormentarsi, poi l’osservazione diventa sempre più diretta, in tempo
reale; diventiamo
cioè capaci di “risvegliarci a noi stessi” proprio mentre siamo preda di
qualche meccanismo. Per esempio, ci sorprendiamo a dire una frase solo
per
difendere la nostra reputazione o far vedere che siamo intelligenti
oppure solo
per fare colpo su una persona con l’unico scopo di portarcela a letto.
Se non
ci osserviamo non possiamo renderci conto che dietro una frase o un
atteggiamento si nascondono condizionamenti che fanno capo a nostra
madre o a nostro
padre o alla maestra di scuola.
Nell’auto-osservazione
non è richiesto un nostro intervento con lo scopo di modificare ciò che stiamo
dicendo o facendo. Può accadere che ci sia una modificazione, ma può anche non
accadere. In ogni caso la volontà va diretta verso l’interno – il restare
presenti come testimoni coscienti – e non verso l’esterno, ossia nel tentativo
di modificare qualcosa. Le modificazioni possono accadere, ma solo come effetto
collaterale della nostra osservazione. Per esempio, mentre osserviamo la rabbia
non dobbiamo cercare di fermare la rabbia (il che sarebbe un esercizio
specifico), dobbiamo solo sforzarci di restare presenti, senza farci seppellire
totalmente dallo stato ipnotico indotto dall’emozione stessa. Tuttavia accade
spesso che come “effetto collaterale non ricercato” della nostra osservazione,
la rabbia si modifichi, aumentando oppure diminuendo di intensità.
L’auto-osservazione
è il punto di partenza senza il quale nessun reale cambiamento può avvenire.
Non importa quale sentiero spirituale abbiamo intrapreso, perché se non
cominciamo dallo sforzarci di restare presenti con lo scopo di osservarci,
giorno dopo giorno, stiamo solo meditando o facendo reiki o qualunque altra
cosa... sempre all’interno dello stato ipnotico.
Nell’osservare
la nostra macchina biologica dobbiamo imparare a considerare tutto in maniera neutra.
La macchina non fa cose giuste o cose sbagliate; la macchina è la macchina ed è
fatta come è fatta. Il nostro compito è osservare, non giudicare. Con il tempo
dovremo imparare ad osservarci come ci osserverebbe Dio, con compassione
anziché giudizio. Con il tempo impareremo ad amare la macchina così com’è
adesso, con tutti i suoi meccanismi, senza aspettare che cambi per essere degna
del nostro amore.
[L’argomento
è approfondito nei mei testi: RISVEGLIO
e LAPORTA DEL MAGO ]
Salvatore Brizzi
(professione: cane di Dio)
(D.O.G. = Dogs Of God)
(D.O.G. = Dogs Of God)
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