martedì 22 aprile 2014

Cosa ne farà l’FBI dei beni rubati all’Ucraina?


ucraina
Recentemente l’Ufficio del portavoce del dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha annunciato che gli USA avevano inviato un team di esperti di FBI, dipartimenti della Giustizia e del Tesoro ad aiutare Kiev a recuperare beni rubati all’estero. Il 29 aprile Stati Uniti e Gran Bretagna ospiteranno una riunione multilaterale sul tema con la partecipazione di funzionari ucraini. Si prevede che l’International Center of Asset Recovery (ICAR) di Basilea parteciperà alla riunione. L’Ucraina è sull’orlo del collasso, di massicce fiammate sociali e perfino della carestia. L’Ucraina ha bisogno di soldi per salvare l’economia nazionale dal collasso. Certo, Washington non si preoccupa di ciò che accade all’economia ucraina; è preoccupata dalla capacità dell’Ucraina di pagare i debiti ai creditori occidentali. 

Attualmente il debito estero dell’Ucraina è stimato a 145 miliardi dollari. Ora, nessuno in occidente vuole fare nuovi prestiti all’Ucraina. Gli importi menzionati dai media, di miliardi di dollari e di euro, non sono altro che “intervento verbale” di politici ucraini e funzionari occidentali.  Vi sono segni evidenti che il settore bancario ucraino presto crollerà. La Banca Nazionale dell’Ucraina (NBU) discute la possibilità di salvare le banche commerciali come s’è fatto a Cipro, cioè confiscando i conti dei depositanti e girandoli forzatamente agli “investitori” (“azionisti”). Il piano del regime a Kiev è mobilitare diversi miliardi di dollari in questo modo; tale palese rapina potrebbe salvare diverse banche, ma non può salvare il Paese dal collasso. Ciò richiederebbe decine di miliardi di dollari. Quando si arriva al dunque, pagare i debiti ai creditori stranieri, l’Ucraina ha solo due risorse. La prima è privatizzare i beni dello Stato, anche le risorse naturali del Paese. La seconda sono i beni esteri dell’Ucraina. Quindi FBI e dipartimento della Giustizia e del Tesoro degli Stati Uniti hanno deciso di aiutare Kiev ad utilizzare la seconda risorsa.

Le attività estere ucraine sono costituite da diversi componenti. La principale sono le riserve internazionali della NBU, che si dileguano continuamente da metà 2011 (al culmine dei 38 miliardi di dollari). Oggi sono a meno di 15 miliardi; tale riserva è insufficiente per pagare i debiti dovuti ai prestiti e ai servizi precedenti, perfino per la fine dell’anno. Ci anche sono beni esteri privati. E’ noto che gli investimenti diretti privati ucraini all’estero non arrivano a 10 miliardi cumulati; tuttavia, questi sono solo gli investimenti diretti. Ci sono anche i portafogli dei nuovi investimenti, prestiti, crediti, fondi bancari e contanti in valuta estera. In tutto, alla fine dello scorso anno, le attività estere arrivavano a oltre 140 miliardi di dollari. Importo pari solo al debito estero complessivo dell’Ucraina. E circa il 70% delle attività è sotto forma di valuta e liquidità in conti bancari esteri, una forma molto liquida di attività. Tuttavia, il patrimonio privato ufficiale in valuta estera dell’Ucraina è solo la punta dell’iceberg. La parte principale delle attività ucraine all’estero è formata da capitali esportati illegalmente da funzionari di alto rango e oligarchi. Non sono contabilizzati nelle statistiche del bilancio dei pagamenti della NBU. Lo scorso anno i media ucraini hanno pubblicato una valutazione dei 100 cittadini ucraini più ricchi (Top-100).

 Le attività di questi “top 100″ nel 2012 erano pari a 130 miliardi dollari (80% del PIL di Ucraina). E le attività estere degli oligarchi, per la maggior parte, sono superiori a quelli nazionali. Tuttavia, questi dati non tengono conto dei fondi nei conti bancari degli oligarchi. Ciò rimane completamente nell’ombra. Negli ultimi anni le attività irregolari di oligarchi ucraini e funzionari in vari settori all’estero, vennero  alla luce. Jatsenjuk, nella sua passione nel denunciare il “regime criminale di Janukovich”, ha dichiarato che negli anni della sua presidenza 70 miliardi di dollari uscirono dal Paese per aree off-shore. Tuttavia, ha taciuto su quanti ne uscirono sotto Jushenko e Timoshenko. Secondo le stime della Rete della Giustizia Tributaria, un centro di analisi statunitense, dall’indipendenza dell’Ucraina 167 miliardi di dollari finirono off-shore. Importo quasi pari al prodotto interno lordo del 2012 e in modo significativo superiore al debito estero complessivo del Paese. È tali attività estere che il regime a Kiev, insieme ai padroni di Washington, vede come potenziale risorsa per la soluzione dei problemi economici e finanziari dell’Ucraina.
 
L’esperienza internazionale del rientro di attività estere in patria c’è. In pratica ci sono stati tentativi di recuperare il denaro di Saddam Hussein, Muammar Gaddhafi, Hosni Mubaraq, Francois Duvalier, Robert Mugabe e altri. Tali operazioni utilizzarono quasi sempre lo slogan della “restituzione di ciò che hanno rubato i ricchi”. C’è un protocollo chiaro per tali operazioni:
  • 1. approvare le leggi necessarie nel Paese vittima per le operazioni di recupero dei beni, nonché la firma di accordi con altri paesi.
  • 2. cercare e trovare i beni all’estero.
  • 3. congelamento dei beni.
  • 4. dimostrare l’origine illecita dei beni.
  • 5. presentazione di un programma per l’utilizzo dei beni recuperati dal paese vittima.
  • 6. trasferimento dei beni al Paese vittima e attuazione del programma.

Questa è la procedura descritta nelle istruzioni ideate da International Centre for Asset Recovery (ICAR), Banca mondiale e altri organismi. In realtà, di solito non si arriva mai all’ultima fase. Questo per le difficoltà a districarsi nei complicati schemi utilizzati per l’esportazione dei beni provenienti dai Paesi vittima. Perché l’occidente, dove i beni sono ubicati, ha interesse a congelare i beni il più a lungo possibile, soprattutto nel caso dei conti bancari. Tale aspetto della questione non viene quasi mai menzionato. Dopotutto, i fondi congelati che spesso ammontano a miliardi di dollari, sono un vero regalo alla banca che li ospita. Qualsiasi banca sogna clienti che non utilizzano i conti che hanno aperto. Anche se gli specialisti presentano le dovute prove della provenienza illecita dei beni esteri, il governo del Paese in cui tali beni sono nascosti non si affrettano a sbloccarli immediatamente e a restituirli al “popolo” del Paese derubato. Il ragionamento del Paese che “ospita” i beni illegali è più o meno così: se riprendiamo tali beni (denaro), saranno sottratte di nuovo. Possiamo solo trasferirle al Paese vittima se avremo le giustificazioni di spesa e meccanismi per monitorarne l’uso nello scopo previsto. Gli Stati Uniti usano termini come questi per tenersi i beni rubati.

Nel valutare la probabilità che l’Ucraina possa recuperare una piccola parte delle decine di miliardi di dollari presi ed esportati, è utile ricordare la storia dell’ex-primo ministro ucraino Pavel Lazarenko che sconta una condanna negli Stati Uniti per riciclaggio di denaro. La corte federale degli Stati Uniti considera illeciti tutti i soldi trovati nei conti bancari a suo nome, in diversi Paesi. L’importo sarebbe stimato a 1000 miliardi di dollari, ma non è ancora stato dimostrato che tutti i conti e il denaro siano legati al primo ministro o a abbiano origine criminale. Attualmente ciò è stato incontestabilmente dimostrato per fondi pari a soli 250 milioni di dollari. Passati 15 anni dall’arresto di Lazarenko negli Stati Uniti, l’Ucraina non ha ancora ricevuto un solo dollaro dei fondi congelati dell’ex-primo ministro. E non li avrà mai… L’esperienza del Kazakistan nella cooperazione con Washington sembra un po’ più ottimista. Astana ha potuto prendersi 84 milioni dollari dagli Stati Uniti, sebbene gli esperti stimano che i beni illegali di origine kazaka negli Stati Uniti siano pari a diversi miliardi di dollari. Come si suol dire, la montagna ha portato un topolino. 

Anche l’esperienza della Libia è interessante. Dopo il rovesciamento di Gaddhafi, fu lanciata una vasta campagna per cercarne i beni personali e dei suoi stretti collaboratori, nelle banche e nei vari Paesi. I media hanno riferito che i vari beni in totale non ammontano a miliardi, ma a decine di miliardi di dollari. Tuttavia neanche l’un per cento è tornato in Libia. Il precedente libico è interessante: fin dall’inizio dell’aggressione alla Libia, Washington a gran voce dichiarò che “i beni del dittatore saranno restituiti al popolo”. Quando furono trovati, fu detto che il popolo libico doveva a Washington larghe somme di denaro speso per instaurare la democrazia nel Paese, riferendosi alle spese per le operazioni militari statunitensi che uccisero migliaia di civili. Alcuni esperti sono convinti che i soldi di Gaddhafi e di altri cittadini libici saranno semplicemente trasferiti nel bilancio federale degli Stati Uniti. E’ del tutto probabile che la stessa sorte attenda il patrimonio ucraino, quando gli statunitensi lo troveranno.

Un’ultima cosa. Il recente arresto dell’oligarca ucraino Dmitrij Firtash è una minaccia per l’aristocrazia off-shore dell’Ucraina. I conti esteri di Firtash sono stati sequestrati perché il denaro è di origine criminale, e in futuro sarà utilizzato per rimborsare i debiti di Firtash con le banche occidentali. Ciò che resterà, sarà utilizzato per ripagare i debiti dell’Ucraina con il FMI e altri creditori “prioritari”. Il popolo non avrà nulla.

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Valentin Katasonov Strategic Culture Foundation  
 

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
http://aurorasito.wordpress.com/2014/04/22/cosa-ne-fara-lfbi-dei-beni-rubati-allucraina/ 

La ripubblicazione è gradita in riferimento al giornale on-line della Strategic Culture Foundation.

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