venerdì 28 febbraio 2014

Guerrieri e crocifissi

In data 06 Febbraio 2014 ho pubblicato un post dal titolo Fighters - I Guerrieri del Cuore, dove spiegavo l’importanza di tornare a essere Guerrieri e Guerriere in un’epoca che ci vuole sottomessi con la scusa che “non è bene mostrarsi aggressivi”, approfittando della confusione che esiste fra l’autentico Spirito Guerriero (che promana dal Cuore) e l’aggressività repressa che invece si trasforma in violenza quotidiana. 
 
Una settimana dopo ho pubblicato un post dal titolo Eo romam, iterum crucifigi, dove spiegavo della necessità di accettare il martirio - come fece Pietro dopo aver incontrato Gesù sulla via Appia - e di vivere la propria crocifissione senza paura, nell’accoglienza più totale.
Qualche decina di utenti si è cancellata dalla mia mailing-list dopo il primo post - che ha interpretato come un inno agli sport violenti -, mentre qualche altra decina si è cancellata dopo il secondo post - che ha interpretato come un inno al sacrificio personale di matrice cattolica.

Ma a qualcuno si sarà pur aperto uno spiraglio nel nebuloso cielo della propria coscienza, almeno sufficiente a realizzare che i due post provengono dallo stesso autore e sono stati appositamente scritti in successione?
 
Nessuno - e mi rivolgo a chi non si è cancellato - ha notato questo particolare?
 
Un incitamento a combattere e un incitamento a farsi crocifiggere, in rapida successione!
 
Avrà pur un significato.

Cosa devo inventarmi per risvegliare la vostra coscienza? Cos’altro devo fare per scuotervi? Cominciare a pedalare in giro per la città, completamente nudo, su una bicicletta senza sellino?

Non c’è nulla di violento negli sport violenti e non si compie alcun sacrificio nel sacrificare la propria personalità. Inoltre, io posso essere un Guerriero o una Guerriera che lottano fino alla morte per la propria libertà - indomiti e allergici alla sottomissione subliminale (leggi: pacifismo/buonismo) - e per la libertà del proprio Paese, ma allo stesso tempo disposti a porgere l’altra guancia, a essere martirizzati e farsi crocifiggere per liberare finalmente la loro anima dal guscio che la contiene, che la protegge e la imprigiona al contempo, come il bruco fa con la farfalla.

Lo scopo dei due post pubblicati in successione è mettere i risalto che sul piano mentale si può verificare una contraddizione che invece sul piano animico non esiste più.

Sulla Via non ti viene mai chiesto di sacrificare qualcosa di veramente tuo, ma solo di crocifiggere qualcosa che oramai è superfluo, è superato e dunque puoi trascendere. Nessun (autentico) maestro ti chiederà mai di trascendere il sesso se tu non l’hai già sostituito con qualcosa di superiore, altrimenti non potrai che ammalarti sia fisicamente che psicologicamente e far inevitabilmente degenerare il tuo rapporto di coppia. Lo stesso accade se rinunci all’aggressività ma non l’hai prima convogliata in altre vie: sesso, sport, arte, guarigione, ...
 
La trascendenza deve avvenire prima, non dopo la rinuncia a qualcosa, deve essere CAUSA, non EFFETTO della rinuncia, altrimenti mettete il carro davanti a buoi.

Solo quando si comprenderà che il martirio è terapeutico lo si potrà intravedere da un’ottica differente. E in ogni caso qui nessuno vi chiede di andare a cercarvi un martirio prima dell’ora di cena. Ci penserà la Vita con le sue pene, oppure semplicemente non vi deve accadere e non vi accadrà. 

Istruendosi in un’arte da combattimento si compie un lavoro che principia sul piano fisico e poi si espande - per analogia - sui piani psicologico e spirituale. Sentire di più i propri muscoli - simbolo della forza - significa divenire più sicuri di sé; l’allenamento muscolare delle arti marziali porta infatti quasi subito sia uomini che donne a una modificazione della postura e del modo di camminare. La moda di oggi, che impone a molti giovani maschi di andare in giro trasandati, strisciando i piedi, con le spalle curve e i pantaloni calati che lasciano intravedere il sedere, ha importanti e deleteri effetti sulla loro psiche: sono metafore ambulanti della sconfitta, dell’incapacità di agire. Ve lo figurate un artista marziale che si veste in un modo che lo farebbe inciampare sui suoi stessi pantaloni al minimo tentativo di azione fisica?

Lavorare in palestra sull’equilibrio fisico consente di lavorare, di riflesso, sull’equilibrio emotivo e mentale. La pazienza, la disciplina, la volontà, l’attitudine a gestire con disinvoltura certi movimenti del proprio corpo o la capacità di focalizzare tutte le proprie energie nello sferrare un colpo... producono un effetto certo sull’anima, perché all’anima non interessa su quale piano noi apprendiamo l’equilibrio o la volontà, in quanto nel momento in cui essa acquisisce una certa qualità, per esempio sul piano fisico, poi è in grado di manifestarla anche sui piani emotivo e mentale.

Ecco spiegato il senso dello yoga, delle danze sacre indù, dei movimenti di Gurdjieff e delle arti del combattimento sviluppate da sempre in tutte le culture. Niente a che vedere con la violenza, dunque.

Se una donna diviene più sicura di sé grazie a qualche mese di allenamento in una disciplina da combattimento, questo non farà sì che adesso sappia sicuramente difendersi in caso di aggressione, bensì molto di più: farà sì che non emetta più attraverso i suoi ferormoni l’odore della paura e che quindi non venga più percepita come una preda e attaccata.
 
Se cambi tu, la tua realtà è costretta a cambiare.

Salvatore Brizzi
NON DUCOR DUCO
(non vengo condotto, conduco)
 
 

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