martedì 26 aprile 2016

Inquinamento nucleare in Italia


Chernobyl e Fukushima nel belpaese: ben prima di questi due disastri mondiali, accaduti rispettivamente nel 1986 e nel 2011. 
 
Basta esaminare i rapporti dell'Euratom e del Cnen negli anni ’60 e ’70, poi dell’Enea addirittura nei primi anni ’80, per rendersi conto che l’ex giardino d’Europa ha gravissimi, ma elusi, problemi di contaminazione radioattiva, provocata dalle attività civili e militari (targate Nato).
 

I report dell’International Atomic Energy Agency, ossia di un’istituzione dell’Onu, parlano chiaro e sono ben noti alle autorità italiane saldamente eterodirette dall'estero. 

L’Italia e i suoi mari sono inquinati dalla radioattività, provocata non solo dalle 5 centrali nucleari (4 civili ed una militare segreta) e sparsa su tutto il territorio nazionale, incluse le acque marine, ma anche dall’affondamento nei mari Jonio, Tirreno e Adriatico, di centinaia di navi a perdere e migliaia di container.  

Nel 2009, l'esecutivo del piduista Berlusconi, grazie anche al ministro ambientale Prestigiacomo, ha insabbiato tutta la faccenda a Cetraro in Calabria (alla voce Cunski).

Come si spiega la presenza accertata e documentata da anni, ad esempio, nei mari d’Italia, di concentrazioni abnormi di plutonio 239, notoriamente un radionuclide artificiale, che vanta un’emività di 24.400 anni?

Come mai il governicchio dell’ineletto Renzi, mantiene ancora segreta, in palese violazione costituzionale e di legge ordinaria, nonché della convenzione europea di Aarhus (ratificata dalla legge italiana 108 del 2001), la carta delle aree potenzialmente idonee ad accogliere il cosiddetto “deposito unico delle scorie nucleari?
 
Il popolo tricolore da decenni sta pagando in termini di perdita della salute e di tante vite, le scelleratezze politiche italidiote, mentre sparuti mentecatti istituzionali e non, minimizzano la portata di questo disastro che pesa sulla pelle di tutti noi ed ipoteca il futuro del Mediterraneo.
 

Gianni Lannes
 
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