Secondo Rupert Spira non esistono oggetti “finiti”, di sola materia o dei “sè stessi” confinati in corpi di carne che vivono in maniera dualistica e separata ogni esperienza
L'artista e poeta William Blake disse: "Se le porte della percezione fossero purificate ogni cosa apparirebbe all'uomo così com'è, infinita. Per l'uomo queste porte saranno sempre chiuse, finchè egli continuerà a vedere tutte le cose attraverso le strette fessure della caverna in cui vive”.
Che cosa voleva dire con questo? Come può un oggetto finito, come un albero, un tavolo, una stessa persona, essere infinito? Esploriamo il punto di vista di Rupert Spira, da decenni un indagatore della natura della realtà.
L’io e il mondo
Il termine “percezione” include tutti i cinque sensi: vista, udito, tatto, gusto e olfatto. Il pensiero convenzionale ci dice che l'esperienza della percezione è suddivisa in due componenti essenziali: un soggetto che percepisce e un oggetto che viene percepito. Questa comprensione è sancita dalla struttura del linguaggio con frasi del tipo: "Vedo l'albero", "Ho sentito il vento", "Tocco la persona", "Assaggio la mela" e "Sento l'odore del fiore."
In ogni caso, il soggetto - io o il sé - fa diventa cosciente di un oggetto o parte di esso - l'albero, il vento, la persona, mela o fiore - attraverso l’atto del percepire cioè, con il vedere, l’udire, il toccare, l’assaggiare o il sentire l’odore.
Secondo Rupert Spira, per comprendere la natura della percezione, è necessario esplorare entrambi gli elementi che la compongono: l’io, il soggetto, e il mondo, l’oggetto. Tradizionalmente, i mistici hanno da sempre esplorato la natura dell’io, il sé, mentre gli artisti e gli scienziati si sono occupati di chiarire la natura dell'oggetto o del mondo. A prima vista può sembrare che mistici e scienziati (assieme agli artisti) vadono in direzioni opposte. In realtà le loro conclusioni tendon a essere differenti solo perchè ciascuna delle due parti non giunge mai ad una esplorazione profonda e minuziosa del loro campo di ineteresse. La vera rivoluzione, per l’umanità, sarà la convergenza dei due punti di vista e le implicazioni che questo avrà su tutti gli aspetti della nostra vita.
La natura del Sé
Il pensiero convenzionale dice che il nostro “io”, inteso come unità corpo/mente, è consapevole di tutto quanto lo circonda. Rupert Spira sottolinea che, in realtà, il nostro “io” è consapevole solo di ciò che conosce e che, di conseguenza, appare e scompare sulla base di quanto noi conosciamo del mondo.
Il pensiero convenzionale dice che il nostro “io”, inteso come unità corpo/mente, è consapevole di tutto quanto lo circonda. Rupert Spira sottolinea che, in realtà, il nostro “io” è consapevole solo di ciò che conosce e che, di conseguenza, appare e scompare sulla base di quanto noi conosciamo del mondo.
In altre parole, l’unità
corpo/mente di ogni essere umano non è il soggetto dell’esperienza di
conoscere ma è “oggetto”, tanto quanto tutto quello che attornia l’uomo.
Il soggetto che è a conoscenza di tutti gli oggetti percepiti, cioè il
corpo, la stessa mente e il mondo è dunque quell’ ”io” indicato anche
come “consapevolezza” che significa semplicemente la presenza di ciò che
si è a conoscenza.
Questa consapevolezza è parte della nostra
natura umana, è una conscia apertura sul vuoto in cui ogni esperienza ha
luogo ma non è in sé un'esperienza. La consapevolezza non si trova
dunque nel tempo, e quindi è eterna o sempre presente, non la si può
trovare nemmeno nello spazio, ed è pertanto infinita. Essa, cioè, non
possiede qualità finite o osservabili.
La natura dell'oggetto, o Altro Mondo: dalla Materia alla Mente
Secondo il pensiero convenzionale un oggetto è fatto di sostanza inerte chiamata “materia”. Cosa dice invece l'esperienza?
La natura dell'oggetto, o Altro Mondo: dalla Materia alla Mente
Secondo il pensiero convenzionale un oggetto è fatto di sostanza inerte chiamata “materia”. Cosa dice invece l'esperienza?
La
nostra unica esperienza delle materia e del mondo che essa forma è la
percezione che si ha di questo mondo. Eppure, Rupert Spira precisa come
non si può dire che conosciamo o percepiamo un mondo che esiste di per
sé, indipendentemente dalla nostra capacità di percezione. Tutto ciò che
possiamo legittimamente affermare, sulla base dell'esperienza reale, è
che siamo a conoscenza della nostra percezione del mondo.
Così, dopo
aver scoperto che non sappiamo, in realtà, entrare in contatto con un
oggetto o con il mondo in quanto tale, è possibile però approfondire
quella che è l’esperiena della percezione. Ossia, capire che
non vediamo gli oggetti ma proviamo l’esperienza del vedere; che non
udiamo i suoni ma viviamo l’esperienza del sentire; che non abbiamo mai
gustato un cibo ma sperimentato l’esperienza della degustazione.
Dobbiamo
cioè, per Rupert Spira, renderci conto che l'esperienza non consiste
nel venire a contatto con materiali inerti che costituiscono un insieme
di oggetti o parole, esplorate da un soggetto indipendente e separato
ma, piuttosto, è più come un flusso di vita in cui il soggetto apparente
e l’oggetto sono uno contenuto nell’altro. Ora, qual è la natura di
percepire?
La natura del Percepire e il sapere puro
Rupert Spira ci pone una domanda profonda: “Qual è il rapporto tra l'esperienza di percepire e la conoscenza di esso? Questi due elementi sono nettamente distinti oppure si compenetrano l’un l’altro? Per Rupert Spira, la percezione (e, di fatto, l’esperienza del percepire) e la sua conoscenza sono la stessa cosa. In altre parole, la percezione sarebbe costituita da sapere puro.
La natura del Percepire e il sapere puro
Rupert Spira ci pone una domanda profonda: “Qual è il rapporto tra l'esperienza di percepire e la conoscenza di esso? Questi due elementi sono nettamente distinti oppure si compenetrano l’un l’altro? Per Rupert Spira, la percezione (e, di fatto, l’esperienza del percepire) e la sua conoscenza sono la stessa cosa. In altre parole, la percezione sarebbe costituita da sapere puro.
Tutto ciò che vediamo, tocchiamo,
odoriamo, ascoltiamo e gustiamo, in una parola, sperimentiamo è di fatto
sia percezione che conoscenza. Questo atto di conoscere
attrvaerso noi stessi ci trasporta in una continuità assoluta, dove l’io
fisico entra in unione con le esperienze sensoriali e uno può assumere
il ruolo dell’altro e viceversa. E questo è chiamato da Rupert Spira
“sapere puro”, ossia un sapere che non è contaminato dalla minima
traccia di soggettività e oggettività, una conoscenza che non vive l'assenza di separazione o la dualità. È bellezza e amore al tempo stesso.
Non
riconoscere un oggetto apparente come “oggetto” in sè, di sola materia
inerte, è un esempio di esperienza della bellezza mentre non attribuire
ad un uomo la sua natura di “sè” confinata in un’unità corpo/mente è
l'esperienza dell'amore.
Dunque, secondo Rupert Spira, dal punto di
vista del sapere puro la bellezza e l’amore sono il fuoco, l’energia che
alimenta tutte le nostre esperienze.
Dal punto di vista del
sapere puro, non esistono oggetti “finiti”, di sola materia o dei “sè
stessi” confinati in corpi di carne che vivono in maniera dualistica e
separata ogni esperienza.
Quando ogni esperienza non sarà
più interpretata dall’uomo come la presa di coscienza da parte del “sè”
di un oggetto posto ad una distanza fisica da noi stessi e fatto di
materiale inerte, allora essa sarà conosciuta per come veramente è, cioè
infinita ed eterna. Solo così, ammette Robert Spira, ogni uomo potrà
vedere la luce della conoscenza pura che brilla in tutte le cose.
Perchè, come dicono i sufi, “Ovunque l'occhio cade, c'è il volto di Dio".
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