martedì 18 febbraio 2014

Il Quirinale vuole l’ultima parola su tre ministeri pesanti: per rassicurare il Padrone Tedesco

L’Europa e la Bce di Draghi continuano a tenere sotto osservazione l’Italia e soprattutto gli italiani, di cui ovviamente non si fidano - Ecco perché non torneremo mai al voto: i burocrati di Bruxelles non possono permettersi che i cittadini votino in massa per il Banana decaduto o per Beppe Grillo.
Commissariati. Forse è arrivato il momento di cominciare a guardare in faccia la realtà. Questa è la parola. L'Italia è la provincia di un impero tecnocratico, quello che ha per capitale Bruxelles e quartier generale Berlino.

E così sia. Non è una suggestione e neppure un sospetto: lo sussurra il Colle. La notizia arriva chiara e senza fronzoli da Marzio Breda, autorevole quirinalista del Corriere della Sera, uno che sa interpretare e prevedere le mosse di Napolitano. Il governo Renzi non sarà come quelli di Monti e Letta. Non avrà il bollino blu del capo dello Stato. Non è certificato.
Napolitano non può non permettersi di chiedere alcune garanzie. Ne va della sua parola. Ci sono impegni presi nel recente passato con l'Unione europea. Che fare? Serve un'assicurazione, una golden share e in soccorso arriva l'articolo 42 della Costituzione. Il capo dello Stato «nomina il presidente del Consiglio e, su proposta di questo, i ministri». Traduzione politica. Renzi può proporre, ma l'ultima parola spetta a Giorgio II.
Il Quirinale - sottolinea Breda - «esercita quantomeno un potere di sorveglianza, che a volte è diventato di interdizione (vedi il caso Previti nella stagione di Oscar Luigi Scalfaro). Questa volta però il Quirinale non si accontenta di valutare caso per caso. Vuole un pacchetto di ministeri. Non ministeri qualsiasi, ma quelli pesanti, quelli che contano, quelli che hanno le chiavi del destino di un Paese. Eccoli. Giustizia, Esteri e soprattutto Economia. Non è un caso che per quest'ultimo spunta la candidatura di Enrico Letta.
L'ex premier, il defenestrato, l'uomo che ha ricevuto i complimenti di Obama, ma che rassicura la signora Merkel. Quello che serve è lui o uno come lui. Meglio naturalmente che sia lui. Ancora Breda. Ancora il Corsera. «Chi ricoprirà tale incarico dovrà essere riconosciuto competente, autorevole e credibile a Bruxelles e presso la Bce guidata da Mario Draghi. Un doppio fronte che continua a tenerci sotto osservazione».
Ora capite perché le elezioni sono un tabù? Non per un'improvvisa stravaganza senile di Napolitano. Neppure tanto per la crisi. Non si vota perché non si fidano di voi. Non vi possono lasciare giocare con questioni così delicate. Ci sono promesse. Ci sono patti. Ci sono rassicurazioni. I burocrati, si sa, sono sempre un po' sospettosi di fronte all'imprevedibilità del popolo italiano. E se votano ancora Berlusconi? E se votano Grillo? E se votano un Renzi non depotenziato? L'ultima volta, per esempio, erano lassù al centro dell'impero tutti convinti che gli italiani avrebbero votato in massa il professor Monti.
Lo hanno perfino convinto, quasi costretto, a candidarsi con un partito con un nome inventato su misura da un burocrate creativo. Scelta civica, un brand che scalda i cuori. Sentite come si canta bene: scelta civica la trionfeeeerà. Poi è andata come è andata. Errare è umano, perseverare è diabolico. Niente elezioni, quindi. Già Renzi è un problema così. Quello che può fare Napolitano è garantire i sussurratori (se vi viene in mente la saga di Guerre Stellari non state sbagliando) e diventare un punto di riferimento per l'opposizione. No, non quella che sta in Parlamento. Chi se ne frega. Quella vera, quella nascosta nella parte oscura della maggioranza.
La quinta colonna nella roccaforte renziana che già si sta preparando al sabotaggio.
I malpancisti del Pd e il partito eterno delle poltrone.
E se il presidente della Repubblica si blinda con tre ministeri chiave Renzi è circondato. 
Arrendetevi. È tutto fumo?

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Renzi al governo, la sfida del “beniamino dei poteri forti”

Renzi al governo, la sfida del “beniamino dei poteri forti”

Solo una settimana fa, scrivevamo su queste pagine che Renzi era troppo furbo per accettare le proposte avanzategli di suggerire nomi per il rimpasto del governo Letta o di assumere direttamente la responsabilità di Presidente del Consiglio.
 
Contrariamente alle nostre considerazioni, Renzi ha invece deciso di cavalcare proprio quest’ultima opzione. Abbiamo sbagliato la lettura delle circostanze? O Renzi è meno furbo di quanto pensassimo?

Niente di tutto ciò!

La variabile che è intervenuta, modificando perfino i progetti renziani, è stata il colloquio con Napolitano. L’anziano “re Giorgio”, che pur aveva cercato di difendere Letta fino all’ultimo, ha dovuto convincersi, dopo gli attacchi concentrici di Confindustria e della stampa d’opinione (per ultimo il caso Monti-Friedman), che Letta non era più sostenibile e che le sole alternative possibili erano o le elezioni anticipate o un incarico dato al nuovo beniamino dei “poteri forti”: Renzi, appunto! 

Costui era oramai il simbolo di una volontà di rinnovamento domandata a gran voce dalla maggior parte del Paese e l’inerzia dimostrata dal Governo Letta non era più sufficiente a garantire la fiducia di un popolo stremato da tasse e disoccupazione. Renzi, come più volte notato da tutti gli osservatori, avrebbe preferito elezioni anticipate, ma il Presidente gli ha escluso, inequivocabilmente, questa ipotesi. 

E’ facile immaginare le parole pronunciate nel corso del loro colloquio,: “ Non posso, né voglio, consentire elezioni anticipate adesso perché ho giocato la mia immagine sul fatto che non ci sarà mai un voto prima della riforma elettorale e, possibilmente, costituzionale. Nemmeno scioglierò le Camere in autunno, perché saremo nel pieno del semestre italiano in Europa e ne andrebbero di mezzo l’immagine del Paese e la sua attendibilità in Europa e sui mercati internazionali. Se qualcuno pensasse di obbligarmi ad una decisione che non voglio prendere, piuttosto mi dimetterei”.

E’ evidente che, davanti a un ricatto politico così determinato, il riluttante Renzi non ha avuto alcuna possibilità di scelta. Gestire fino alla prossima primavera 2015 il suo ruolo nel PD a sostegno di un oramai ansimante governo Letta avrebbe significato arrivare alle nuove elezioni con un’immagine personale confusa, in modo negativo per lui, con l’impopolarità’ del governo. Rifiutare l’offerta/imposizione di Napolitano non era più possibile.

Ciò non toglie che l’ex (ormai) sindaco sia, tuttavia, ben conscio del rischio che corre: poiché è politicamente improponibile poter contare su di una maggioranza diversa da quella che sostenne Enrico Letta, si troverà di fronte quelle stesse forze parlamentari, eterogenee e contraddittorie, che hanno impedito al Premier uscente di fare le riforme auspicate e più volte, invano, annunciate.L’unica carta diversa nelle mani del più giovane toscano è il suo attuale consenso popolare trasversale che potrebbe, a sua volta, ricattare Deputati e Senatori restii a seguirlo con la minaccia delle sue dimissioni da Presidente del Consiglio. 

E’ chiaro a tutti che un suo fallimento obbligherebbe sì Napolitano a sciogliere le Camere ma la caduta di quest’ultimo tentativo trascinerebbe con sé tutto il PD e le speranze di rielezione di gran parte dei Parlamentari ora in carica. Senza contare che chi si assumesse tale responsabilità si porrebbe automaticamente fuori dal Partito e perfino da ogni possibile candidatura.

E’ una scommessa quindi quella che Renzi si trova ad affrontare: riuscire a fare le indispensabili riforme elettorali, costituzionale, del lavoro, e magari altro, con gli stessi uomini che fino ad oggi le hanno rese impossibili. Se ci riuscirà, saranno per lui l’apoteosi e l’inizio di una lunga grande carriera. Se, invece, pure lui finirà assorbito dalle sabbie mobili romane, il suo futuro politico si potrà dire decapitato.

La cosa interessante da notare, a ulteriore dimostrazione di come le variabili politiche siano imprevedibili e mutevoli, è che, fino a una settimana fa l’accordo Renzi-Berlusconi metteva fuori gioco, condannandolo a morte certa, il Nuovo Centro Destra di Alfano. Dopo meno di sette giorni, il nuovo Governo Renzi, bisognoso dei voti dei trenta senatori ex PDL, salva Alfano e compagnia, abbandonando Berlusconi in un nuovo isolamento. A dimostrazione, i toni insolitamente duri che, per la prima volta, il “beneficiato” da Silvio usa pubblicamente contro il suo “creatore”.

Certo, capeggiando la delegazione di Forza Italia ricevuta da Napolitano per le consultazioni, il decaduto Senatore ha riacquistato un’agibilità politica a lui indispensabile per sottrarsi, almeno in parte, alle tenaglie dei magistrati. Ma riuscirà questa sua rinascita a mantenersi per un anno, o magari due, senza essere intaccata dall’anagrafica incalzante e dall’ininfluenza parlamentare?


Mario Sommossa


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Fabrizio Barca al finto Vendola: "De Benedetti voleva che entrassi nel governo"

Fabrizio Barca, in odor di Economia, riceve la chiamata dell'imitatore di Nichi: inconsapevole, vuota il sacco. Ecco tutte le sue rivelazioni


"Ho ricevuto pressioni da De Benedetti, ma io il ministro non lo faccio". Parola di Fabrizio Barca. L'ex ministro di Monti è entrato nel toto-nomi per un dicastero nel governo Renzi, in particolare per il ministero dell'Economia in cui non verrà riconfermato Fabrizio Saccomanni. Intercettato dal finto Vendola de La Zanzara, al telefono, Barca si lascia andare a rivelazioni che imbarazzeranno tanto Renzi quanto l'Ingegnere ed editore di Repubblica. Di fatto sulla lista dei ministri del nuovo governo del rottamatore ci sarebbe la mano di Carlo De Benedetti. Quella lista, stando a quel che dice Barca, la vorrebbe compilare lui in persona.


De Benedetti e la lista dei ministri - Cadendo nel tranello de La Zanzara, Barca rivela al finto Vendola: "Il padrone della Repubblica, con un forcing diretto di sms, attraverso un suo giornalista, con una cosa che hanno lanciato sul sito ‘chi vorresti come ministro dell'Economia' dove ho metà dei consensi, ha cercato di convincermi ad accettare il ministero. Questi sono i metodi. Legittimi, per carità. Questo è il modo di forzare, di scegliere, di discutere. Non una volta chiedendomi: ma se lo fai cosa fai?. Se io dico che voglio fare una patrimoniale da 400 miliardi di euro, cosa che secondo me va fatta, tu cosa rispondi? Mi dici che va bene?". Insomma l'Ing, penna in mano, si mette a fare la lista dei ministri per il "suo" Matteo. Non a caso De Benedetti vorrebbe Barca, uomo dell'ala più a sinistra del Pd, un "rosso", insomma, come "rossa" è Repubblica.

"Renzi non ha un piano" -
 Barca, ex ministro della Coesione Territoriale nel governo Monti, nella telefonata col finto Vendola è un fiume in piena. Ne ha pure per Renzi: "Nichi - dice ancora Barca - è una cosa che è priva...non c'è un'idea, c'è un livello di avventurismo. Non essendoci un'idea, siamo agli slogan...Questo mi rattrista, sto male, sono preoccupatissimo perché vedo uno sfarinamento veramente impressionante, Nichi". Dunque hai rifiutato, insiste il finto Vendola, interpretato da Andro Merkù: "Ho rifiutato secco - risponde -, ma secco in un modo...Ieri ho dovuto scrivere un messaggio..attraverso la Annunziata mi è arrivato un messaggio: ma se ti chiama il presidente? Ho dovuto mandare un sms scritto così:...vi prego di non farmi arrivare nessuna telefonata". 

"Avventurismo senza idee" - Barca è inarrestabile. Dopo aver sbugiardato De Benedetti, smonta pure Renzi, che ha le idee ben poco chiare: "Sono colpito - continua - dall'insistenza, il segno della loro confusione e disperazione... e poi in tutto questo ovviamente io dovrei essere quello tuo...e ovviamente c'è pure la copertura a sinistra...sono fuori, sono fuori, sono fuori di testa!". Ma Matteo ti ha detto qualcosa in particolare?, chiede il finto Vendola. La risposta: "No, lui no. Tutto questo non capendo, Nichi, neanche le persone. Se mi chiami, vengo, ci vediamo mezz'ora, ti spiego in cinque minuti e ti do anche qualche consiglio perché io sono fatto così. No, invece tutto questo attraverso terzi, quarti, quinti, un imprenditore...".

Picche all'Ing -  Infine l'ex ministro ritorna ancora sulle insistenze di De Benedetti, e spiega ancora le ragioni del suo secco rifiuto: "Lui non si rende conto che io più vedo un imprenditore dietro un'operazione politica più ho conferma di tutte le mie preoccupazioni. Un imprenditore che si fa sentire...". Una brutta grana, per Renzi, questa telefonata: rischia di apparire come un burattino mosso dalle esperte mani dell'Ingegnere, che non a caso, con Repubblica e col resto del suo impero mediatico, da tempo tira la volata a Matteo.

La smentita - Interpellato dall'Ansa, però, De Benedetti smentisce quanto affermato da Barca: "Da molti anni conosco e stimo Fabrizio Barca. Sempre che siano vere le dichiarazioni attribuitegli, rimango sbalordito. Non lo vedo, non lo sento e non scambiamo messaggi da diverso tempo. Non capisco pertanto da chi abbia ricevuto queste presunte pressioni a fare il ministro dell'Economia, certamente non da me. Non mi occupo di nomine politiche perché non è il mio mestiere. Ho sempre rispettato l'autonomia della politica", ha concluso l'Ingegnere.

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