giovedì 27 agosto 2015

Immigrazione: emergenza di tutti senza soluzioni comuni

 
Sono oltre 2300 gli immigrati morti in mare dall’inizio dell’anno per raggiungere l’Italia dalle coste libiche. Oltre alla rotta più letale, il tratto via mare Libia-Italia, al centro dell’attenzione questi giorni è la “via balcanica”.

A Vienna alla conferenza dei Paesi Balcanici si discute questi giorni dell'emergenza immigrazione, nel frattempo i flussi di immigrati non si fermeranno di certo. Per i giorni a venire è previsto l'arrivo di tre mila migranti al giorno tra la Grecia e la Macedonia.

Le reazioni all'emergenza sono le più diverse, l'Ungheria per esempio erge muri e da settembre invierà un corpo speciale di due mila poliziotti a presidiare la frontiera. In Bulgaria sono stati inviati addirittura dei blindati ai propri confini. Una cosa è chiara: gli immigrati non li vuole nessuno, rimane da capire quando si troveranno soluzioni comuni però, visto che il problema riguarda tutti.

Potranno mai dei muri o il filo spinato bloccare quest'emergenza? Sputnik Italia ha raggiunto per una riflessione in merito Sergio Romano, editorialista del "Corriere della Sera", scrittore e diplomatico, che dal 1985 al 1989 ha ricoperto il ruolo di Ambasciatore d'Italia a Mosca.

— Per questi giorni è previsto il summit dei Paesi Balcani a Vienna, dove verrà sollevato questo problema. Secondo lei questo summit servirà a qualcosa come anche altri summit in futuro?
— Il risultato potrebbe essere interessante dal punto di vista istituzionale. In altre parole: se riusciamo a far diventare il problema dell'immigrazione, un problema dell'Europa con soluzioni comuni, questo sarebbe certamente un gran progresso.
La sostanza del problema è molto difficile da affrontare, non riusciamo a fare una distinzione fra immigrati sociali e richiedenti asilo. Potremmo farlo solo se fossimo in grado di restituire ai Paesi da dove arrivano gli immigrati sociali clandestini. Come facciamo a restituirli a Paesi dove sono in corso guerre civili e grandi disordini? Il problema non è interamente solubile.
— I Paesi reagiscono in modo diverso all'emergenza: per esempio in Ungheria è stato creato un corpo speciale di due mila uomini per bloccare i profughi, c'è chi erge muri e chi vuole usare perfino l'esercito. Lei che soluzioni possibili vede, in particolare per il caso italiano?
— L'unica vera soluzione del problema è la restituzione ai Paesi da dove provengono degli immigrati sociali, persone che arrivano per cercare lavoro. Questo allo stato attuale delle cose non è possibile. Forse se riuscissimo ad affrontare la questione libica con maggiore coerenza e riuscissimo ad organizzare insieme ai libici un'accoglienza in Libia per poter poi restituire gli immigrati ai Paesi di provenienza, avremmo fatto un grosso progresso. Tutto dipende dalla situazione libica.
— Il Cremlino si è detto pronto ad aiutare l'Unione Europea in questa emergenza facendo passare una risoluzione a livelli dell'Onu in sede di Consiglio di sicurezza. Come commenterebbe il gesto di Mosca?
— È un gesto cortese e cordiale. Direi che è segno del desiderio della Russia di rientrare in un circolo europeo. L'apporto che la Russia può dare alla soluzione di questo problema è molto piccolo, perché è un Paese relativamente lontano dal Mediterraneo. Può certamente aggiungere qualche nave a quelle che già operano nel Mediterraneo, ma ne abbiamo già abbastanza tutto sommato. Il problema non è quello delle navi, ma la destinazione finale degli immigrati.
Detto questo, ripeto che il gesto russo è un gesto cordiale.
— Matteo Renzi al meeting di Rimini ha ribadito che è sbagliato "costruire un'Europa contro la Russia". Prima ancora Renzi dal Giappone disse che è un errore isolare la Russia. Come possiamo interpretare questi segnali?
— Mi pare che Renzi abbia detto quello che il governo italiano pensa da parecchio tempo. Abbiamo un rapporto ovviamente con gli alleati che non può essere dimenticato, ma non c'è dubbio che nella classe politica italiana, il desiderio di riprendere una relazione utile con la Russia è evidente. Questo avviene per ragioni politiche, perché molti politici italiani pensano che la Russia sia necessaria per la soluzione di problemi dell'Europa, ma anche ovviamente per ragioni economiche. Le sanzioni hanno finito per penalizzare una parte dell'industria europea.

Tatiana Santi 
 

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