venerdì 14 marzo 2014

Una brutale bruttezza

L’ignoranza avanza e non abbiamo più speranza.

Non sono un estimatore di Vittorio Sgarbi che, alla fine, palesa una visione ingenua e parziale degli amministratori di cui egli condanna "solo" l’insipienza e la corruzione. Purtroppo i governanti, quelli veri, non i pu-pazzi putrefatti che infestano i media, sono tutto fuorché incapaci, ma questo è un altro discorso...

Sgarbi ha ragione, però, quando si avventa contro le brutture del “paese dove il sì suona”, quando si scaglia contro i bruti che stuprano l’arte e la natura. In una scadente skyline si stagliano abominevoli edifici pubblici progettati da architetti ignoranti, costruiti per volontà di "politici" ancora più beoti, opere pubbliche che devastano il territorio con colate di cemento, obbrobriose nonché pericolose rotatorie, squallidi centri commerciali e parcheggi che sorgono là dove si estendevano parchi o campi coltivati... E’ in ogni dove l’inno alla più brutale bruttezza, il peana all’orrore.

Contemporamente capolavori architettonici, scultorei e pittorici, nel migliore dei casi, giacciono nell’incuria, quando non sono più o meno deliberatamente danneggiati o distrutti. E’ il caso in special modo di quei monumenti che, con la scusa dei restauri, sono poi in parte demoliti o stravolti nella loro originaria fisionomia.

Invano tuoneremo contro questi scempi che si consumano nell’indifferenza e nell’ignavia di una popolazione incapace di vedere, figuriamoci di guardare. Dappertutto mefitiche discariche, mortali inceneritori, fabbricati industriali, quartieri congestionati da tetri casermoni...

Le montagne sono sventrate, gli alvei dei fiumi cementificati, le pianure dilaniate da superstrade. Nelle colline sono conficcati tralicci ed antenne, il cielo è un viluppo di scie velenose e nebbie mortali.

La vita sul pianeta sta agonizzando, ma la bellezza è già morta da tempo. E’ morta, perché oggigiorno quasi nessuno più è sensibile ai veri valori estetici.

Non sorprende che in questa età attratta in modo irresistibile verso il laidume e la deformità si celebri il trionfo di una pellicola italiota che incarna, con la sua sconvolgente mostruosità, un’epoca di ammorbante putrefazione.

Non sorprende che la televisione ed il cinema siano impastati di sangue, di scene truculente e sordide. Soprattutto le nuove generazioni amano sguazzare in questa pozza ripugnante.

Prima ci hanno defraudato dell’incanto che si sprigiona da un firmamento trapunto di stelle, da una volta su cui fluttuano nubi vaporose, ora ci privano del benessere, della salute. Se l’anima è morta, è fatale che il corpo, ormai patetico, inutile involucro, langua e perisca.


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