Dietro alla crisi dell’Ucraina, cioè il grande crocevia dei gasdotti, si nasconde una colossale operazione geopolitica: gli Usa puntano a uscire dalla crisi economica a spese dell’Europa,
trasformata in importatrice di gas americano?
A quanto pare, ci
aspettano 6-7 anni d’inferno: tanto occorre, infatti, per attrezzare il
vecchio continente in modo che possa rinunciare al gas russo e passare a
quello norvegese e americano. Analoga scelta anche per la Russia: le
servono 6-7 anni per sviluppare i nuovi gasdotti verso il più grande
mercato industriale del mondo, la Cina. Per l’Europa, pessime notizie: riguardo all’energia e quindi all’economia, l’Unione Europea dipenderebbe al 100% dagli Usa
e dai suoi prezzi. Secondo Giulietto Chiesa, dobbiamo aspettarci «una
guerra fredda intensificata», perché «saremo sul fronte del
combattimento» tra Washington e Mosca e «saremo costretti a pagarne il
prezzo». Una sfida pericolosa, perché «l’intera sicurezza europea sarà
completamente rivoluzionata, coi missili americani piazzati in Ucraina a
400 chilometri da Mosca».
Putin, osserva Giulietto Chiesa in un video-editoriale su “Pandora Tv”, non può più arretrare: o si arrende, facendo la fine di Yanukovich, o – al contrario –
ribatterà colpo su colpo, come sta facendo in Crimea. Facile
previsione: «La popolarità di Putin aumenterà vertiginosamente». Il capo
del Cremlino diventa il “salvatore” della Russia: «Lo hanno capito i
russi d’Ucraina, lo stanno capendo i russi di Crimea, lo capiranno i 150
milioni di russi». E questo, aggiunge Chiesa, è un segnale molto
preoccupante per l’Occidente, che gioca il tutto per tutto: «In una
decina d’anni si decide il destino non solo dell’Europa
e della Russia, ma del mondo intero». Sul peso della posta in gioco non
ci sono dubbi: basta osservare la precisione con cui alcuni strateghi
americani come Strobe Talbott, già consigliere di Clinton, si affrettano
ad “avvertire” Putin sulle conseguenze finanziarie del braccio di ferro
con Obama. Invasa la Crimea, la Borsa di Mosca è franata del 12%,
provocando il crollo del rublo. Emergenza che «ha costretto Putin a
intervenire per salvare la sua moneta con 60 miliardi di dollari. gli è
costata più quest’operazione che non le Olimpiadi di Sochi».
Da Gazprom a Rosneft, i colossi mondiali dell’energia russa sono
quotati nelle maggiori Borse del pianeta e compartecipati da capitale
internazionale, anche americano. Per non parlare degli “oligarchi” di
Mosca, i cui asset sono depositati nelle banche
occidentali. «E se improvvisamente gli Stati Uniti, tra le sanzioni,
mettessero il congelamento dei loro conti? Che succederebbe alla gran
parte dell’oligarchia russa? Ecco il grande problema. Putin – spiega
Giulietto Chiesa – ha potuto prosperare e far aumentare la sua
popolarità in Russia grazie a gigantesche entrate statali, prodotte
dalla vendita di gas e petrolio. Ma se improvvisamente questa vendita
diventasse difficoltosa, come potrebbe continuare ad aumentare le
pensioni, come ha fatto, o gli stipendi dei militari, della polizia e
degli alti funzionari, facendo prosperare un certo ceto medio? Come
potrebbe, Putin, in una situazione del genere?». La minaccia è chiara.
Perché «l’operazione “conquista dell’Ucraina” significa “conquista dei
gasdotti”, attraverso i quali passa il 90% del gas russo verso gli
utilizzatori europei». La Crimea? Trascurabile. Come dice Talbott: se la
prendano pure, gliela porteremo via dopo. L’importante, adesso, è
l’Ucraina: cioè il rubinetto del gas destinato all’Europa, oggi venduto a prezzi accessibili. Ma domani? Che fine farà la manifattura tedesca, italiana e francese, senza più la garanzia del gas russo?
Gli analisti statunitensi ci promettono un altro gas, ovvero «il gas
norvegese – che c’è già ma ha un difetto: non ha i gasdotti – oppure il
gas americano e canadese, quello nuovo, che sta arrivando adesso,
dicono, in grandi quantità e a prezzi economicissimi». Entrambi però
«devono essere prima liquefatti, trasportati attraverso l’oceano e poi
nuovamente rigassificati sulle coste di tutti i paesi europei». Quanto
costerà l’operazione? «Le cifre sono vertiginose e fanno pensare a un
vero disegno strategico: l’America si rilancerà, rilancerà la sua economia
attraverso la costruzione di un gigantesco ponte gasifero attraverso
l’Oceano Atlantico». Tempi già calcolati, dai russi ma anche dall’Eni:
non meno di 6-7 anni per allestire le nuove infrastrutture. Cosa accadrà
nel frattempo? «Nessuno lo sa. L’unica cosa certa è che con questo
piano tutta l’industria europea dipenderà dalle decisioni degli Stati
Uniti e dal prezzo del gas che stabiliranno loro. Quindi avremo rincari
evidenti». Secondo Chiesa, «il colpo alla Russia sicuramente sarà
inferto», perché – con questa “guerra del gas” – l’Europa
finirà «sotto il controllo diretto degli Stati Uniti, anche economico
oltre che finanziario». Ecco spiegato il fervore “democratico” con cui
gli Usa sostengono Kiev contro Mosca. Un gioco molto pericoloso, tenendo conto che l’obiettivo finale, strategico, resta Pechino.
fonte: http://www.libreidee.org/2014/03/guerra-al-gas-russo-ma-a-pagare-il-conto-saremo-noi/
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