lunedì 17 marzo 2014

Il difficile ritiro degli USA dall’Afghanistan

Il difficile ritiro degli USA dall’Afghanistan

Gli americani possono rimanere in Afghanistan dopo il 2014 su basi del tutto legittime persino se non sarà firmato con Kabul il Patto bilaterale di sicurezza.

Lo ha comunicato alle agenzie occidentali Manuel Supervielle, ex consulente giuridico capo delle forze USA di stanza in Afghanistan.

Secondo le parole del giurista, in questo momento in Afghanistan si trovano 33.600 militari americani. La loro presenza è prevista dall’accordo sullo status del contingente militare (status-of-forces agreement, SOFA) stipulato con Kabul dopo gli atti terroristici avvenuti negli USA l’11 settembre del 2001. Questo accordo è senza limiti di tempo, e cioè rimarrà in vigore fino a quando non sarà annullato da una delle parti.

Per quanto riguarda il Patto, questo documento deve determinare lo status, la consistenza numerica e le zone di dislocazione delle forze americane che potrebbero rimanere in Afghanistan dopo il 2014 per almeno 10 anni. Il leader afgano Hamid Karzai ne ha procrastinato la firma per sei mesi, dopo di che l’ha affidata al suo successore, ossia al nuovo capo dello stato che sarà eletto il 5 aprile.

Se gli americani dispongono già del SOFA, a che gli serve ancora un accordo parallelo? Secondo l’opinione di Nikita Mendkovič, esperto del Centro di studi sull’Afghanistan moderno,
- Le forze internazionali operano in Afghanistan nell’ambito del mandato dell’ONU. Si assumono determinati impegni che non hanno diretta attinenza con gli interessi degli USA nella regione. D’altra parte, gli americani possono essere interessati alla creazione in Afghanistan dei radar per la propria difesa antimissile. Se avranno un accordo bilaterale con Kabul, ciò sarà possibile. Ma è estremamente difficile realizzarlo nell’ambito degli atri accordi che regolano la presenza delle forze internazionali. Gli USA possono lasciare le loro forze in Afghanistan. Ma non possono, in quanto non hanno il relativo diritto, creavi impianti a scopi puramente militari, diretti, ad esempio, contro l’Iran.
È del tutto comprensibile anche la logica di Hamid Karzai, dice l’esperto:
- Tenendo conto degli attivi umori antiamericani nel paese, Karzai, alla vigilia delle elezioni, non ritiene possibile firmare tali accordi, in quanto ciò provocherebbe ostilità verso i candidati che appoggia.
Gli altri paesi che partecipano all’attuale operazione militare collegano i propri ulteriori piani in Afghanistan con la sorte di questo Patto, fa ricordare Dmitrij Verkhoturov, esperto del portale Afghanistan.ru.
- Il comando NATO ha già dichiarato la propria posizione, ossia esige la sua firma. Ne deriva un circolo chiuso, quando tutto verte intorno al Patto afgano-americano.
Senza questo documento gli aiuti americani cesseranno a partire dal 2015. Questa formula estremamente netta viene continuamente inculcata a Kabul dalla Casa Bianca. Ma è praticamente impossibile prevedere l’ulteriore politica di Kabul. Moltissime cose dipendono dalla figura del vincitore, ma nell’attuale corsa elettorale non c’è un favorito evidente, inclusi i protetti di Karzai. È possibile quindi il secondo turno. In questo caso l’Afghanistan rimarrà fino all’autunno senza il nuovo capo dello stato. Se anche questo nuovo leader punterà i piedi, gli americani avranno pochissimo tempo per decidere come comportarsi ulteriormente. Avrà senso restare entro gli stretti limiti dei pacificatiori con il realtivo mandato che, più probabilnmente, sarà di nuovo rilasciato o è meglio andarsene? Nel Pentagono si dice che il termine critico per l’adozione della decisione sul completo ritiro è il settembre.
 

Boris Pavliščev


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